Matteo Simone
L'Asia Ultra Race si è svolta dal 20 al 23 marzo 2016 nel Nord Ovest del Vietnam, nella regione di Mai Chau, vicino al confine con il Laos.
Katia Figini è stata la vincitrice assoluta, precedendo il francese Patrick Cande 19h20’36”
Il percorso passa attraverso molte piantagioni di riso in paesaggi di montagna, con alcuni percorsi tecnici.
E' una corsa a piedi di 160 km in
quattro tappe, in autosufficienza con 5000 metri di dislivello positivo, ogni
concorrente porta uno zaino contenente l’attrezzatura obbligatoria, cibo e
attrezzatura personali. Ci sono alcuni punti di controllo situati a intervalli
regolari.
Ogni notte un bivacco è organizzato dall'organizzazione, un supporto tecnico
e un team medico sono presenti durante l'evento. Il limite di tempo è di 10 ore
per ogni fase.
Un po' di tempo inviai un questionario a Katia e interessanti sono le sue
risposte per approfondire la sua conoscenza.
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta? “Non credo
si decida di percorrere lunghe distanze da un giorno all’altro, iniziare a
farlo è il frutto di un percorso che ognuno fa. Si inizia con il voler correre
un’ora di seguito e poi ci si trova in un deserto a fare 250 km… I ‘casi’ della
vita.”
Tanti, per caso iniziano a correre e poi la distanza chiama, si
appassionano sempre di più ed aumentano sempre più il chilometraggio
partecipando a gare sempre più lunghe, dislivelli elevati, deserto, ghiacciai.
Katia cerca le gare a seconda dei luoghi che vuole visitare e viaggiare.
Katia Figini è una campionessa del deserto, e non solo, vincendo ultramaratone a tappe in diversi stati del mondo: 12-19 ottobre 2008 - Desert Oman Raid 170km/5stages - 15h04’; 3-9 ottobre 2010 - Sahara Race Egypt 250km/6stages - 32h03’29”; 6-14 novembre 2010 - Desert Oman Raid 170km/5stages - 20h15’; 26-27 ottobre 2012 - 100 km del Sahara No Stop (TUN) - 10h50’11”; 13-19 maggio 2012 - Racing the Planet - Jordan 2012 250km/6stages - 29h37’03”; 22-28 settembre 2013 - Grand to Grand Ultra (USA) 160mi/6stages - 37h26’33”; 4-8 giugno 2014 - 100km del Caribe Repùblica Dominicana - 100km/5stages - 11h08’04”.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Mi fa sentire viva e libera. E’
uno sport che ha un fascino unico.”
Sono tante le sensazioni, le esperienze che si fanno, le emozioni che si
provano che cambiano nel corso della gara, fatica, crisi, successo, paura,
gioia, sensazioni di vivere a pieno, di riuscire, di superare.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho pensato di
smettere di fare gare a livello agonistico. Ma non ho ancora pensato di cambiare
sport, ci sono ancora tanti viaggi da compiere.”
L’ultramaratona è considerato da tanti un viaggio, ed infatti non è una
semplice attività fisica che dura poco e si conclude, è un viaggio che comporta
una preparazione accurata, bisogna considerare quello che serve per questo
lungo viaggio, viveri, abbigliamento tecnico indispensabile, informarsi sul
clima atmosferico, il percorso.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere
ultramaratoneta? “Praticamente ogni giorno. L’infortunio deve diventare
un’occasione e non un ostacolo. E’ difficile crederlo, lo so, ma è così.
L’infortunio fa parte del gioco, in qualche modo va ‘accettato’, anche perché
incavolarsi non porta a nulla se non a peggiorare la situazione. Senza
infortuni non credo sarei diventata un personal trainer, un allenatore e tanto
meno avrei fatto un corso per imparare ad usare i kinesyotape.”
Per fare questo sport bisogna saper affrontare la vita, eventuali infortuni
crisi che non ti devono fermare, bloccare ma ti danno un’opportunità per
comprendere quello che c’è ora, come sei ora e partire da questo momento per
andare avanti, eventualmente anche per cambiare la tua vita, gli infortuni e le
crisi ti fanno scoprire che puoi essere resiliente e ne puoi uscire più forte,
più determinato come è successo a Katia.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “La passione, il
ricordo dei bei posti che ho attraversato e la voglia di attraversarne di
nuovi.”
Si fanno viaggi attraverso l’ultramaratona, si passano lunghi bei momenti
ed i ricordi aiutano a comprendere come sei riuscito a superare, ad
attraversare quei momenti, e metti questo tuo sapere, questa tua esperienza a
disposizione degli altri, diventi un personal trainer, partendo dalla tua
esperienza personale dal tuo background di studi e conoscenze acquisite per
permettere agli altri di far bene, di far meglio nel loro sport che praticano
con passione e convinzione.
Hai sperimentato il limite nelle tue gare? “Il limite è un
argomento molto trattato in questo momento. Io dico sempre che il limite è il
confine tra l’osare e la stupidità… I limiti sono spesso frutto di un pensiero
e di un ragionamento mentale… Non esistono in realtà. E quando ci sono è giusto
che ci siano. Se ad esempio non mi sento bene e sono a 5000 mt è stupido
continuare perché rischierei inutilmente la mia vita… Il continuare non è non
superare un proprio limite, è stupidità. Al contrario non mi pongo dei limiti
se ho voglia di fare qualcosa, so che darò il massimo e cercherò di farlo fino
alla fine. Se è davvero il massimo più di così non si poteva fare, non me ne
pentirò.“
E’ importante considerare i consigli di Katia, si può andare incontro al
limite per sperimentare l’esperienza ma è anche importante fare attenzione,
succede che si fanno imprese, una volta ti va bene e ti senti un eroe ma
un’altra volta ti va male ed i danni possono essere irreparabili per te o un
tuo amico di cordata.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare
estreme? “Ho lavorato e collaboro tenendo dei corsi, con un mental coach. Ci
sono un sacco di ‘trucchi’ per utilizzare la propria mente come alleata e non
come nemica. Molte cose mi vengono naturali, aver anche imparato un metodo mi
ha aiutato ancora di più.”
Katia è esperta utilizza metodi di mental coach (https://www.katiafigini.it/) per riuscire in questo tipo
di gare estreme, per lei tutto è facile, ma ci è arrivata gradualmente con il
tempo e con l’aiuto di un mental coach, non si improvvisa niente.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Credo che correre
al freddo sia una delle cose più difficili. Ho provato a correre a -48 gradi e
lì non si possono commettere errori, il rischio è molto alto.”
Quale gara estrema ritieni non poter mai riuscire a portare a
termine? “Non mi pongo il ‘limite’. Non ne ho davvero idea, quando decido di
fare una gara lavoro al meglio per portarla a termine. Se dovessi già pensare
negativo non sarebbe certo un buon inizio.”
E’ importante avere un approccio positivo teso alla riuscita dell’obiettivo
che si desidera raggiungere, una volta deciso l’obiettivo bisogna solamente
organizzarsi e mobilitare l’energia per arrivare a quell’obiettivo, studiare
bene cosa bisogna fare per essere nelle condizioni di arrivare fino a li e
impegnarsi.
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Credo che non potrei fare gare
dove si scalano montagne molto impegnative (6/7000 mt…) non è proprio nel mio…
Nel senso che non lo sento dalla pancia, e se una cosa non si sente dentro
difficilmente può riuscire al meglio (mio umile parere).”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “E’ tutto
un percorso, non è portare avanti un asticella, è decidere di fare nuove
esperienze… Un po’ paragonabile a un gioco elettronico: ogni volta c’è una
nuova prova e a volte più difficile.”
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare
estreme? “I miei genitori sono molto orgogliosi, alcuni amici mi vedono come un
extraterrestre, altri sono invece abituati al mio ‘essere un terremoto’.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Come ho detto prima (è stato pubblicato
anche un mio racconto) mi sono trovata a correre a -48 gradi e c’è stato un
momento in cui ho pensato di sdraiarmi per riposare (ero parecchio stanca e con
un ginocchio dolorante), non so come ma credo che in quel momento qualcuno da
lassù mi ha urlato dicendomi che non potevo farlo… Stare ferma anche pochi
minuti avrebbe comportato un bel rischio. Avevo un atleta dietro di me a 40’ e
la sicurezza era appena passata.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Sono
una testa dura… Ma già lo sapevo abbastanza.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Questa passione mi ha
fatto cambiare città, amicizie ed è diventata il mio lavoro (alleno chi vuole
iniziare a correre, chi vuole migliorarsi, chi vuole correre una maratona o un
deserto… insomma chi vuole…) Più di così.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Uso molti integratori, mi
segue Elisabetta Orsi, una dietologa naturopata super brava. Ho quasi 40 anni,
senza dei sani (e naturali) integratori e alimentazione credo perderei almeno
il 20%.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva?
“Lo fanno spesso in molti, ma non sono dei dottori, non li ascolto e mi affido
a chi ne sa davvero.”
Hai un sogno nel cassetto? “Ogni
giorno ho mille sogni, tutte le mattine mi sveglio e me li vado a prendere, o
almeno parto per andare a prenderli. Ogni giorno è caccia, ogni giorno sono
felice di andare a prenderli.”
Katia è felice, la corsa la rende felice, il riuscire nei suoi intenti la
rende felice, e questo lo trasmette anche agli altri.
Dopo questa intervista, Katia ha continuato a cacciare vittorie nei deserti e gare a tappe di tanti stati del mondo: 20-23 marzo 2016 - 1st Ultra Asia Race Vietnam – 19h07'34” (vincitrice assoluta, precedendo il francese Patrick Cande 19h20’36”); 10-18 giugno 2017 - Alvi Trail Liguria 370 km, 8 tappe 370km – 2 giorni 6h57’; 9-17 giugno 2018 - Alvi Trail Liguria 400 km, 8 tappe 400km – 2 giorni 11h38’; 9-10 marzo 2019 - 100 Km del Caribe Non Stop (DOM) 11h04’23”; 11-15 novembre 2018 - Ultra Africa 220 km Stage Race (MOZ) 216km/5stages - 25h05’08”; 9-17 giugno 2018 - Alvi Trail Liguria 400 km, 8 tappe 400km – 2 giorni 11h38’.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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