Lo sport è la “palestra” in cui mi
alleno per affrontare la vita
Matteo SIMONE
In genere ci si sente campione quando dimostri ad altri che hai fatto una cosa straordinaria, per Mauro essere campioni significa fare qualcosa di straordinario per se stessi, significa uscire fuori dalla zona di confort per apprendere, conoscere e superare.
Quindi campione è approfondimento di
conoscenza personale. Condividiamo la passione per l’ultracorsa ma anche il
progetto For Good che porta avanti l’associazione onlus Sport Senza Frontiere a
favore dei ragazzi in condizioni svantaggiate promuovendo buone prassi
attraverso lo sport quale riabilitazione ed inclusione sociale.
Di seguito approfondiamo la conoscenza di Mauro attraverso risposte ad alcune mie domande.
Ti sei sentito
campione nello sport almeno un giorno della tua vita o sempre un comune
sportivo? “Un campione nello sport è qualcuno che raggiunge obiettivi
proibitivi per la maggior parte degli altri atleti. In questo senso no, non
sono, né mi sono mai sentito, un campione, avendo raggiunto – in termini assoluti
– dei risultati nella media di uno sportivo comune.
Come ha
contribuito lo sport al tuo benessere e performance? “Fare attività sportiva
(per me) non vuol dire potenziare muscoli o allenare movimenti. Fare attività
sportiva è il modo in cui imparo a ‘conoscere’ e ‘gestire’. Conoscere le mie
potenzialità, gli aspetti positivi e negativi del mio carattere. Gestire la
paura, l’incertezza, l’ignoto, il pericolo. Lo sport è la “palestra” in cui mi
alleno per affrontare la vita.”
Come hai scelto il tuo sport? “Ho fatto moltissimi sport diversi nella
mia vita, cambiando da uno all’altro per curiosità, per non rimanere nel
‘conosciuto’, per uscire dalla mia zona di confort, per volontà di sperimentare
e scoprire. Il mio sport, cioè quello che mi rappresenta al 100% è l’alpinismo,
praticato da sempre, nelle varie declinazioni invernali ed estive, cioè
arrampicata sportiva, alpinismo classico, ghiaccio, scialpinismo. Il mio
secondo sport, che per motivi logistici e di praticità è quello che alleno di
più, è la corsa. In particolare la corsa in montagna (trail), nelle percorrenze
più lunghe (endurance) e poi la corsa su strada, anche qui preferibilmente
nelle ultramaratone.“
Nella tua
disciplina quali sono le difficoltà, i rischi, a cosa devi fare attenzione? Cosa conta,
quali qualità bisogna allenare? “In
alpinismo e nel trail running i rischi maggiori sono quelli oggettivi,
derivanti dall’ambiente. Ma prima di questi viene il pericolo di correre o fare
attività ‘per gli altri’, non per sé stessi, ed è il momento in cui ci si fa
male. Ad esempio quando progetto una solitaria, specialmente se impegnativa e
potenzialmente pericolosa, non diffondo la notizia, né prima né dopo, non
faccio foto e non pubblico scritti. È una cosa nata per un’esigenza interiore e
come tale deve rimanere. Solo così posso essere libero di seguire le mie
esigenze, senza condizionamenti. Da un punto di vista prettamente sportivo le
qualità che alleno dipendono dalla gara che sto preparando e dalle gare
intermedie. In linea generale prendo gli aspetti dove ‘soffro’ di più e punto
ad allenare maggiormente quelli.”
Per Mauro le difficoltà sono doni, ben
vengano, è lì che si conosce, è nella
difficoltà che apprende.
Quale
alimentazione segui prima, durante e dopo una gara? “La mia alimentazione è
molto semplice, minimalista, così come molti altri aspetti del mio carattere.
Cerco di non mangiare troppo ma neanche troppo poco, studio e sperimento su di
me vari tipi di alimentazione. La cottura è per la maggior parte a vapore e in
ogni caso il più semplice possibile. In questo momento la mia dieta è basata su
verdura e frutta in quantità generose, carboidrati e proteine animali quanto
basta. Purtroppo sono anche molto goloso di dolci quindi ogni tanto uno sgarro
più o meno grave può capitare. Nella settimana pre-gara mangio normalmente, con
l’unica accortezza di essere sicuro di aver mangiato abbastanza. Prima della
gara 100 gr di pasta. Durante la gara niente solidi, tranne nelle gare più
lunghe di 24 ore, e integrazione classica. Dopo la gara, la cosiddetta
integrazione di recupero, cioè integratori a base proteica.”
Quali condizioni fisiche o ambientali ti hanno indotto a non
concludere la gara o a fare una prestazione non ottimale? “Non mi sono mai
ritirato durante una gara, anche se qualche volta l’ho pensato. Sembrerà strano
ma è un evento che spero che succeda prima o poi. È un’esperienza che voglio
fare. Comunque ho sempre cercato di minimizzare le probabilità di questo
evento, preparando bene le gare e con gradualità. Invece qualche volta mi è
successo di fare una prestazione non ottimale. Quasi sempre la motivazione è
stata di tipo psicologico, non avevo sufficiente motivazione.”
Cosa ti ha fatto
mollare o cosa ti fa continuare a fare sport? “Mollare non l’ho mai fatto, al
massimo qualche periodo di ‘calma’. Quello che mi fa continuare è la vita,
finché lo sport sarà in grado di farmi diventare una persona migliore
continuerò a farlo.”
Cosa e quali
persone hanno contribuito al tuo benessere nello sport o alla tua performance?
“Di persone che mi hanno aiutato in questi anni ce ne sono tante, allenatori,
amici, compagni di corsa e di cordata. Li ringrazio perché senza di loro la mia
esperienza sarebbe stata parziale. Non amo molto crearmi o seguire miti, penso
che ogni persona sia speciale nella sua esperienza ed abbia qualcosa di
positivo da dare agli altri, come insegnamento. C’è un atleta però che amo
particolarmente, lo stimo immensamente per il suo modo di vedere la vita, lo
sport, le gare: è Alex Zanardi. Mi piacerebbe conoscerlo un giorno. Nel
frattempo cerco di trarre ispirazione dalla sua dedizione negli allenamenti e
dalla sua determinazione nelle gare.”
Qual è stata la
gara della tua vita, dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Ogni gara è
unica, le emozioni che si provano rimangono scolpite indelebili nell’anima. Non
so se posso dire che sia stata l’emozione più bella, ma sicuramente quello che
ho vissuto all’arrivo della mia prima maratona a Roma non potrò scordarlo per
il resto della vita.”
C’è un’esperienza che ti può dare
la convinzione di potercela fare nello sport o nella vita? “Lo
sport mi ha regalato due insegnamenti importanti: il primo è che con la
dedizione, la perseveranza, l’impegno e la volontà si possono raggiungere gli
obiettivi che ci poniamo, anche molto ambiziosi. Il secondo insegnamento è che
quello che importa veramente, per la considerazione e stima che dobbiamo avere
di noi stessi, non è avere successo o fallire: l’importante è affrontare le esperienze
con il massimo impegno, dare sempre il 110% di quello che abbiamo. In caso di
fallimento potremo comunque affrontarlo ed accettarlo a testa alta, consapevoli
di aver fatto il massimo.”
Quali meccanismi psicologici
ritieni ti abbiano aiutano nello sport? “I miei amici mi riconoscono di essere
‘molto forte di testa’. Credo che questo voglia dire che sono molto
determinato, ed in effetti lo sono. Pianifico molto bene i miei obiettivi,
cercando di valutare anche le motivazioni profonde che mi spingono a cercare
una determinata esperienza. Se riconosco che questa esperienza mi fa crescere,
mi aiuta, decido di intraprenderla, con tutte le conseguenze del caso. Se
decido di realizzare un progetto ci riesco, sempre. In ogni caso ci provo al
meglio delle mie possibilità.”
Cosa pensano familiari e amici della tua attività sportiva? “Per quanto possa descrivere,
spiegare a parole quello che si prova in una gara, le motivazioni, le
aspirazioni, le esigenze di certe scelte, ci sarà sempre un punto al di là del
quale la maggior parte dei miei interlocutori cesserà di capire. È normale,
sarebbe strano il contrario. Solo chi sperimenta su di sé le stesse
inquietudini, le stesse aspirazioni, solo chi è spinto dalla stessa molla potrà
intuire fino in fondo la motivazione o l’esigenza di una determinata
esperienza. Trovarsi con centinaia di metri di vuoto sotto i piedi, da soli,
slegati, senza possibilità di uscita se non ancora verso l’alto, per la maggior
parte delle persone è una follia, ed in effetti, per loro, lo è. Anche se
questo gesto è motivato da un’esigenza profonda, interiore, comunque non
riusciranno a capirlo, ad accettarlo, perché non sono in grado di collocare
questa esperienza in un loro schema mentale. Solo chi ha provato lo stesso
stimolo, lo stesso impulso, può capire ed accettare la mia esperienza estrema,
perché riesce a collocarla nell’ambito di un’esperienza analoga che anche lui
ha ‘dovuto’ vivere prima di me."
Ti va di descrivere un
episodio curioso o divertente della tua attività sportiva? “È un episodio
avvenuto durante la maratona di Roma 2013. Avevo preparato insieme ad altri
questa gara, e l’abbiamo corsa tutti insieme. Un’amica, Nancy, si infortuna a
metà percorso, ma decide ugualmente di continuare la gara, sia per una sua
motivazione personale sia per stare con noi. Durante la gara non mi sono reso
conto della gravità dell’evento. Solo dopo il traguardo, quando Nancy è
crollata a terra, incapace persino di tenersi in piedi, ho capito la grandezza
del gesto che ha fatto. Credo sia stato l’insegnamento più grande che un atleta
mi abbia trasmesso: il possibile lo facciamo con l’allenamento, l’impossibile
con la motivazione e la volontà.”
Cosa hai scoperto del
tuo carattere nel praticare attività fisica? “Beh ho scoperto molto del mio
carattere. Sono dell’opinione che nessuno di noi si conosca veramente finché
non si sottoponga ad una ‘analisi approfondita’. Questa ‘analisi’ può essere
fatta con vari strumenti, io ho scelto lo sport. Inoltre, credo che tale
analisi non si possa completare se non si fanno attività che prevedano (almeno
una volta ogni tanto) una consistente dose di rischio.
Per esempio non sapremo
mai come reagiremmo ad un sentimento di paura finché non lo sperimentiamo in
maniera reale. Non credo che certe esperienze possano essere vissute nella vita
ordinaria di tutti i giorni. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto verso le
avventure, esperienze e sport estremi.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Certamente! Durante il corso dell’anno partecipo a numerose gare, più o meno difficili. In
genere ne scelgo una o due particolarmente estreme, ed è in queste in cui è
molto probabile che la ‘lancetta delle possibilità’ si avvicini molto a quella
del limite. È una sensazione che mi è capitata parecchie volte.”
Quali sensazioni sperimenti facendo sport:
pre-gara, in gara, post-gara? “In gara sono molto concentrato. Forse è uno dei
miei punti di forza, quello di mantenere a lungo la concentrazione, anche per
molte ore di seguito. Le sensazioni sono la fatica, il dolore, ma anche lo
stupore per la bellezza di un tramonto o di un’alba durante la gara, un
passaggio spettacolare, o una difficoltà elevata.
Provo la sensazione unica di
essere parte della Natura, ma anche di essere molto piccolo e fragile di fronte
ad essa: provo la sensazione dell’umiltà. Prima della gara sono tranquillo, non
sono una persona che si agita, ma sono ‘attivo’. Cioè non provo quella tensione
di stress e ansia che molte persone provano, ma una ‘tensione positiva’, come
la corda di un arco che progressivamente si tende per predisporsi al tiro.”
Mauro riesce a trovare l’attivazione ottimale prima della gara che gli
premette una partenza serena e performante.
Quali sono i tuoi pensieri in gara? “Il
tempo della gara è un tempo mio, in cui non devo fare altre cose se non
gareggiare. In genere mi immergo nei miei pensieri, immagino, sogno, spero. Il
traguardo spesso mi riporta alla realtà, e qualche volta mi capita di piangere,
di gioia, di tensione, di felicità per avercela fatta. Preparare una gara,
specialmente se lunga e difficile, può essere molto oneroso in termini di
investimento di tempo e aspettative. Raggiungere il traguardo vuol dire
‘certificare’ questo sforzo ed è un momento importante nella crescita di un
atleta, anche se non è il più importante.”
Concordo con Mauro l’ho sperimentato preparando l’Iron Elbaman, nove
mesi di preparazione ma durante la gara un crescendo di emozioni dopo la prima
frazione di nuoto la gioia, alla fine della frazione di ciclismo quasi piangevo
per la gioia ed al termine della gara, salti di gioia, coronamento di un sogno.
Quale è stata la tua
gara più difficile? “La gara più difficile a cui ho partecipato è stata la
Dolomiti Sky Run, una gara di trail che si sviluppa sull’Alta Via numero 1, da
Braies in Val Pusteria (BZ) fino a Belluno, su una lunghezza di 130 km, 10.000
metri di dislivello positivo e 11.000 di dislivello negativo, completata in 35
ore e 23 minuti. Una gara bellissima e impegnativa, sia dal punto fisico che
psicologico, anche per il carico di aspettative e di significato che avevo dato
alla gara.”
Hai dovuto scegliere di
prendere o lasciare uno sport a causa di una carriera scolastica o lavorativa?
“Non ho mai smesso di fare attività sportiva. Al massimo ho dovuto lasciare
delle attività per motivi di tempo o economici ma le ho subito sostituite con
altre attività o altri sport.”
C’è stato il rischio di
incorrere nel doping? C’è un messaggio per sconsigliarne l’uso? “Per come vedo io le gare e lo sport il doping
non ha senso. Sono competitivo e metto sempre un agonismo spinto al massimo
nelle mie gare o attività ma non gareggio mai ‘contro’ un avversario. Io corro
per me stesso e contro me stesso, quindi aumentare artificialmente le mie
performance non cambierebbe questo tipo di competizione. Inoltre usare il
doping vorrebbe dire ‘non sono in grado di farcela con le mie forze’ e questo
sarebbe il maggior fallimento della mia vita. Quello che dico è sempre la
stessa cosa: fate sport per voi stessi, non per gli altri. E usate lo sport per
diventare delle persone migliori, superiori, positive. In questa visione non
hanno senso né il doping né qualsiasi comportamento anti-sportivo, per le
stesse motivazioni.”
Riesci ad immaginare una vita senza lo sport? “No, non riesco
ad immaginare la mia vita senza sport. Però non penso che fare sport sia
l’unico modo per ottenere gli obiettivi che mi sono posto. Se fossi costretto
per qualche motivo a non fare più sport sono sicuro che riuscirei a trovare
altri strumenti per ottenere i miei scopi.”
Come hai gestito
eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Gestisco questi eventi negativi come
faccio con qualunque altro problema della vita, mi fermo e penso: ‘qual è il
problema?’ e dopo averlo individuato: ‘quali strumenti ho costruito negli anni
e riposto nello zaino delle mie esperienze che posso tirare fuori ed usare?’ e
inoltre: ‘hai terminato gare più lunghe di un intero giorno, hai percorso
deserti dove il centro abitato più vicino per chiedere aiuto era a 7 ore di
macchina, hai scalato pareti in solitaria, hai fatto immersioni profonde, e
mille altre volte ne sei uscito fuori. Questa difficoltà è più semplice di
quelle che hai già affrontato. Risolvila e basta’. “
E’
vero, chi pratica sport di endurance incontra, gestisce e supera diversi tipi
di crisi e difficoltà e la vita ordinaria con le sue
difficoltà diventano cose da niente rispetto all’esperienza vissuta nella
palestra dello sport. Si scopre che si può fare tutto con passione, dedizione,
impegno, concentrazione, testa, cuore, gambe.
Hai mai pensato per
infortuni o altro di smettere di essere atleta?
“No, non mi sono mai infortunato seriamente e non ho mai pensato di smettere di
fare sport. Se dovesse succedere sarebbe un colpo durissimo, ma credo riuscirei
a superarlo.”
Ritieni
utile lo psicologo dello sport? “In realtà conosco molto poco come lavora uno psicologo dello sport, per
cui non saprei dare un giudizio.”
Quale può
essere un tuo messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi a questo sport? “Ai
ragazzi suggerirei di fare uno sport all’aria aperta, che preveda un contatto
con la Natura. Lo sport ci aiuta a crescere, ci mette in sintonia e ci fa
confrontare col mondo e con gli altri, ci fornisce strumenti per risolvere i
problemi. Ai ragazzi direi di mettere al primo posto il divertimento nella
pratica dello sport e poi un sano agonismo!”
Prossimi obiettivi lungo, medio, breve termine? Quali sono i sogni realizzati e da realizzare? “I prossimi obiettivi sono la Maratona di Roma, la 50km di Romagna, e il Passatore. Per questa estate una gara lunga di Endurance Trail. Mi piacerebbe partecipare ad altre gare, come l’UTMB, il Tor de Geants e la PTL, ma finora non sono stato sorteggiato.
Prossimi obiettivi lungo, medio, breve termine? Quali sono i sogni realizzati e da realizzare? “I prossimi obiettivi sono la Maratona di Roma, la 50km di Romagna, e il Passatore. Per questa estate una gara lunga di Endurance Trail. Mi piacerebbe partecipare ad altre gare, come l’UTMB, il Tor de Geants e la PTL, ma finora non sono stato sorteggiato.
Ho diversi sogni/progetti, che vorrei realizzare
nei prossimi anni. Sono progetti complicati perché la maggior parte sono fuori
dall’Italia e prevedono un impiego di tempo e risorse economiche elevati. Non
vorrei dire altro, se non che coprono un range di temperature che va dai -50°C
ai + 50°C.”
Un’intervista a Mauro è riportata nel libro “Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
Mauro
è menzionato nel libro “Sport, benessere e performance. Aspetti psicologici
che influiscono sul benessere e performance dell’atleta” di Matteo Simone. Editore:
Prospettiva Editrice.
Matteo SIMONE
380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo,
Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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