Nel 2019 sono stato a Baku in Azerbaijan
e partecipando a una competizione locale mi sono imbattuto in Artyom Aliyev, un
ragazzo estremamente simpatico e ultrarunner
con il quale abbiamo parlato delle nostre “pazzie” sportive ma lui è molto più
estremo, di seguito le sue parole che racchiudono l’essenza della complicità nelle
esperienze estreme: “Thank you for your
lifestyle! For your crazy friendship, thank you! Thank you, for your hard work for
your books!”
Ho approfondito il mondo delle
ultramaratone sia per esperienza diretta sia perché mi sono avvicinato a queste
persone. Ho scoperto che queste gare
estreme diventano in realtà un investimento in termini di arricchimento
personale: sono l’occasione per incrementare la consapevolezza, l’autoefficacia
e la resilienza.
Osservando queste persone si possono scrivere dei veri trattati e si possono organizzare corsi di studi. Ciò che più mi ha colpito è: l’esperienza dell’estremo è un qualcosa che ha a che fare con la gioia di vivere, vivere intensamente, vivere situazioni forti, superare crisi e problemi, anche i più disperati e difficili. Tutto ciò diventa una palestra di vita, se lo si trasferisce sulla quotidianità familiare e lavorativa: la vita può essere affrontata con più sicurezza, con meno ansie e paure. Si diventa più pazienti, insomma è un mondo da sperimentare quello delle gare estreme, da provare gradualmente, con attenzione.
Osservando queste persone si possono scrivere dei veri trattati e si possono organizzare corsi di studi. Ciò che più mi ha colpito è: l’esperienza dell’estremo è un qualcosa che ha a che fare con la gioia di vivere, vivere intensamente, vivere situazioni forti, superare crisi e problemi, anche i più disperati e difficili. Tutto ciò diventa una palestra di vita, se lo si trasferisce sulla quotidianità familiare e lavorativa: la vita può essere affrontata con più sicurezza, con meno ansie e paure. Si diventa più pazienti, insomma è un mondo da sperimentare quello delle gare estreme, da provare gradualmente, con attenzione.
Ammetto che si corrono dei rischi: si
può osare, ci si può avvicinare al limite, ma bisogna fare attenzione a non
strafare. Bisogna raggiungere una buona preparazione fisica e mentale, una
preparazione nutrizionale ma anche aver cura di se stessi, del proprio corpo
per tutelare la propria salute. C’è tantissimo da dire. Su questi aspetti ho
scritto già due libri e ne ho diversi altri di prossima pubblicazione. Uno l’ho
redatto a quattro mani insieme a Daniele Baranzini e il titolo è: «Ultramaratoneta.
Un’analisi interminabile». È spettacolare, proprio stamattina ho letto un brano
durante una docenza al master di psicologia dello sport presso la LUMSA di
Roma. L’altro libro che ho scritto è: «Ultramaratoneti e gare estreme».
Sono arrivato alla conclusione che sono
4 gli aspetti da allenare. Dal momento che è nella natura dell’uomo voler
scoprire e sfidare se stesso la mente è la prima ad entrare in gioco. Segue il
cuore, non solo per gli aspetti legati allo sforzo ma soprattutto per quel che
concerne la forte passione e motivazione che sono alla base di queste sfide. Ne
consegue che la preparazione mentale è importante, bisogna costruire
l’obiettivo da raggiungere con una forte immaginazione e con degli obiettivi
intermedi da superare. Si cresce e si matura con l’esperienza di allenamento e
di gare in situazioni difficili dal punto di vista climatico, di dislivelli o
anche di routine come possono essere i circuiti o il treadmill. Le tipologie di
gare estreme solo le più disparate. Alla fine si arriva a pensare che, se si
vuole, si può fare tutto: basta decidere l’obiettivo e poi si prende la
direzione per raggiungerlo. In questo modo si sviluppa una grande forza
mentale.
Il terzo aspetto importante è quello
nutrizionale, bisogna conoscersi bene, sapere quello di cui si può aver bisogno
come durante le lunghe distanze e le tante ore di sport. Farsi guidare
dall’organismo è un’ottima strategia: capita che può richiedere le sostanze più
insospettabili come vino e birra, pizza, bruschetta, di tutto di più.
Il quarto requisito l’ho definito
autoprotezione e coccole. Ritengo che le gare estreme non sono per masochisti o
altro, ma l’atleta deve sviluppare metodi e tecniche per occuparsi di se stesso
e del proprio corpo, attraverso massaggi, recuperi, ristori, fisioterapia e
analisi mediche.
Questo articolo è un estratto di un’intervista
rilasciata a Flavia Salomone e riportata al seguente link
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sempre più determinate, competitive e resilienti; Sport, Benessere e
Performance. Aspetti psicologici che influiscono sul benessere e performance
dell’atleta; Ultramaratoneti e gare estreme.
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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