Avere un obiettivo è fondamentale per arrivare ad allenarsi con
costanza e dedizione
Matteo Simone
Lo sport fa impegnare negli allenamenti e nelle gare, diventa un investimento di tempo, di denaro, di pensieri.
A volte bisogna prendere decisioni importanti, sono tante le domande nella testa dell’atleta,
insomma tanta roba nella testa dell’atleta.
Una volta deciso cosa si vuol fare bisogna
impegnarsi e dedicarsi a un periodo di tempo specifico che ci può portare al
raggiungimento di un obiettivo importante, difficile, sfidante ma
raggiungibile.
Bisogna impegnarsi e cercare di individuare tutto ciò che può
servire, dall’attrezzatura all’allenatore, ai luoghi di allenamento, eventualmente
anche un motivatore, mental coach, psicologo dello sport, a volte un
nutrizionista, insomma se vogliamo sfondare dobbiamo fare di tutto per
attingere dalle risorse personali e di rete per costruire obiettivi importanti
e sfidanti.
A volte si pensa anche di mettersi in aspettativa dal lavoro, o prendersi dei periodi di tempo da dedicare allo sport trascurando altro, per esempio in altura come a Iten, in Kenya, a 2.400 metri di altitudine dove alcuni atleti trascorrono anche periodi di 2-3 mesi.
Insomma scelte importanti che a volte si fanno a un età giovane quando devi decidere tra lo sport professionismo, il lavoro, lo studio e tutto ciò diventa difficile da gestire da parte dell’atleta che comunque si può affidare ad amici, allenatori, famiglia e altri più esperti.
Di
seguito, Matteo Grassi del Trail Running Magazine
“Spirito Trail” http://www.spiritotrail.it racconta la sua
esperienza rispondendo ad alcune mie domande di un po’ di tempo fa.
Praticare lo sport cosa significa per te? “Ho iniziato da ragazzo: sci, alpinismo, bicicletta… e corsa. La corsa
da allora fa parte della mia vita, in cui ha semplicemente trovato un suo posto
come il lavoro e la famiglia.”
Gli
ultrarunner, soprattutto gli ultratrailer, sviluppano alta autoefficacia e resilienza
nell’attraversare percorsi innevati di bosco, di montagne, al buio, con
temperature estreme di caldo e freddo, con pioggia e neve.
Attraversano tutto
ciò a volte facendosi del male, cascando e rialzandosi con l’intenzione di andare
sempre avanti, ma a volte è resiliente chi si ferma, chi si conosce più che
bene, chi sa distinguere se il limite che ci bussa è mentale o è davvero fisico
e allora diventa più che opportuno fermarsi, direi necessario per far meglio la
prossima volta.
Come decidi obiettivi? Con l’esperienza è
cambiato il tuo modo di allenarti? “Corro da
trent'anni e ogni anno è diverso dal precedente. Ci sono periodi in cui mi
piace fare gare, altri in cui preferisco correre per conto mio. Periodi in cui
mi pongo degli obiettivi e mi alleno con un minimo di criterio, altri in cui
faccio tutto come viene. Naturalmente avere un obiettivo è fondamentale per
arrivare ad allenarsi con costanza e dedizione, perché è anche vero il
contrario che senza allenamento costante e basato su alcuni criteri
difficilmente si raggiungono gli obiettivi.
Negli ultimi 5 anni ho aumentato il
tempo che dedico alla corsa e al trail. Mi alleno mediamente 6 giorni su 7,
arrivando però anche a periodi di 12-14 giorni consecutivi. Questo perché ho
allungato le distanze spostandomi su gare di 80/100/170km e oltre. Do comunque
importanza anche al riposo che il corpo ogni tanto mi richiede, e io lo ascolto.”
Niente
è di estrema importanza più della nostra salute e di quello che sperimentano i
nostri cari nel pensarci in situazioni disastrose, pertanto a volte i ritiri
ben vengano si apprende tanto anche da quelli.
Curi la
preparazione mentale? “No non la curo. Credo di
essere abbastanza avvantaggiato per quanto riguarda la determinazione, la
concentrazione e la resilienza. E lo dico senza paura di sembrare presuntuoso.
L'esperienza nelle tante gare che ho fatto e nelle difficili prove che ho
affrontato me ne ha dato consapevolezza. Anche se all'attivo ho uno strano
ritiro, a pochi chilometri dal traguardo del Tor des Géants 2016, ma il
problema lì è stato che non ero più in me e la cosa mi ha spaventato e
tremendamente stressato tanto da portarmi irrazionalmente a gettare la spugna,
piuttosto che a fermarmi e recuperare e ripartire. Ma il Tor è una bestia
strana, non va misurata come una gara o una prova di resistenza qualsiasi. E
comunque questo ritiro mi è rimasto dentro più di un podio. Mi ha profondamente
motivato per tutta la scorsa stagione.”
Quale tua esperienza ti dà la convinzione di potercela fare?
“Ogni prova che affronto mi dà conferma per quella
successiva. E se il feedback non è all'altezza dell'aspettativa mi metto a
lavorare sulle carenze. Molto banalmente se non sono soddisfatto al 100% vuol
dire che ho sbagliato qualcosa o che qualcosa è ancora indietro nella preparazione.
Non cerco mai scuse o attenuanti. Mi basta poco per capire la chiave. Finora ha
sempre funzionato.”
Le sensazioni sperimentate in precedenti esperienze di
successo?
“Considero un successo quando so di aver dato e
fatto il massimo che potevo dare, e magari anche un pizzico in più. Non capita
spesso, ma una/due volte all'anno sì. Poi chiaro, il successo è proporzionato
all'entità dell'obiettivo. Aver fatto il massimo in una gara di Ultra Trail
World Tour può gratificare più di una vittoria alla gara di paese.”
Hai un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno? “No. Ma ovviamente ci sono
personaggi che mi piacciono o atleti che conosco da cui traggo insegnamenti, o
spunti. Ultimamente sono un po' innamorato di quel pazzo di Zach Miller, è
stato un colpo di fulmine lo scorso anno seguendo la sua gara per il LiveUtmb
che abbiamo curato per il nostro magazine (Spirito Trail). Tra gli atleti di
casa invece come riferimenti/confronti c'è in primis l'amica Lisa Borzani,
anche se devo sempre rapportare quello che fa lei a quello che posso/voglio
fare io che sono su due scale un po' distanti.”
Non
conosco Zach Miller ma conosco Lisa Borzani di persona e so cosa è stata capace
di fare, come vincere il Tor des Geants un paio di volte.
C’è una
parola o una frase detta da qualcuno che ti aiuta a crederci e impegnarti?
“Per 'crederci' no, ci credo e basta, senza
bisogno di motivazioni esterne. Per quanto riguarda l'allenamento e l'impegno
invece sì, tengo spesso a mente l'esempio di Lisa e le frasi che è solita dire
quando corriamo assieme e parliamo, ovviamente del Tor des Géants: 'ricordati che tutto fa', 'bisogna macinare chilometri e
dislivello', 'bisogna adeguare la struttura'.”
Un'intervista a Matteo Grassi è riportata nel libro “Il piacere di correre oltre”.
Sport & benessere 15 | ed. novembre 2022.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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