Matteo SIMONE
3804337230- 21163@tiscali.it
Musone Salvatore un forte atleta con la corsa stampata nel DNA, da piccolo aveva questa passione tanto da partecipare da minorenne a gare e vincerle con facilità, sempre pronto a sfidare se stesso e gli altri.
Con gli anni i chilometri da percorrere e la fatica lo
impressionavano sempre di meno e così si è spinto in gare sempre più dure fino
ad arrivare a percorrere la 100km con un risultato di rilievo, si seguito ci
racconta la sua esperienza di ultramaratoneta.
Hai sperimentato l’esperienza
del limite nelle tue gare? “Si, a Roma in maratona sono riuscito a finirla in
2h43’12”, 69° assoluto, 3° di categoria. Era il top per me, poi, grazie ad
alcuni amici con la stessa preparazione sono riuscito a fare il famoso salto di
qualità spingendomi oltre, maratona conclusa in 2h 39’15” mio record e quando
mi sono spinto a finire la 100 km in 8h 27’ grandissima soddisfazione.”
Sempre più performante Salvatore, soprattutto in maratona non temeva la fatica e nemmeno i chilometri, con dedizioni e programmi di allenamento riesce ad ottenere brillanti risultanti soprattutto grazi anche ad amici di allenamento ed ora è lui che diventato tecnico FIDAL allena podisti, maratoneti ed ultramaratoneti.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Penso che con il trascorrere degli anni a furia di macinare tantissimi chilometri l’organismo paga le conseguenza, sarebbe troppo bello non smettere.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Sono diventato più socievole ed ilare, l’esperienza più bella e gratificante è che mi hanno spesso chiamato a fare il pace maker alle gare, e quando vedo che non ce la fanno, distraggo molto i podisti tanto che dopo il 21° km e con cadenza ogni 2 km racconto barzellette cosi da non fargli pesare i km.”
Bisogna farsene una ragione, prima o poi arriva il
momento di mollare, ma sui può vivere di riflesso attraverso lo sport degli
altri, amici, famigliari o atleti che si allenano.
Cosa ti spinge a continuare
ad essere ultramaratoneta? “Essere ultramaratoneta significa andare avanti
senza limiti, non mi stanco di cercare competizioni sempre più dure. Solo per
un serio infortunio di salute si smette a malincuore, purtroppo come nel mio caso.”
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare
estreme? “Li ringrazio per la loro presenza, che mi hanno sempre aiutato e
spronato anche se… alcuni amici qualche volta mi dicono di lasciar perdere.”
Se c’è da fermarsi per qualsiasi motivo bisogna
accettare e arrendersi, la vita va avanti uguale con altri hobbies e passioni è
importante avere sempre un piano B.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare
estreme? “La convinzione di potercela fare, perché la mia corsa l’ho sempre considerata
come un viaggio alla scoperta di cose nuove, infatti mi piace molto il panorama
che mi circonda, cerco di assaporare gli odori dell’ambiente che mi fanno
distrarre e nel contempo mi fanno “macinare” km senza pensare alla fatica.”
La corsa non è solo sforzo fisico ma anche tutto ciò
che contorna il gesto atletico, dai panorama dei luoghi di allenamento o gara,
alle persone che incontri, alle sensazioni che si sperimentano.
La tua gara più estrema o più difficile? “Il passatore e la
8 ore di Capraia, maratona delle forche caudine.”
C’è una gara estrema che non
faresti mai? “Tutte quelle gare dove devi arrivare ai cancelli in un
determinato orario altrimenti sei squalificato.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Non
credo di spingere oltre il mio fisico, perché con il passare degli anni ti
rendi conto che oltre non puoi andare.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Sono sempre stato contrario
ai farmaci ed integratori, fanno solo ed esclusivamente male all’organismo.”
Per fare un sport a certi livelli è importante
essere sereno e soprattutto circondarsi di persone che ti sostengono: E’ bello
fare qualcosa anche per gli altri, sostenere gli altri nel loro impegno, nel
voler portare a termine gare importanti come la maratona.
Come è cambiata la
tua vita familiare e lavorativa? “C’è stata una grande comprensione da parte di
mia moglie, ha fatto degli enormi sacrifici standomi sempre al fianco.”
Se
potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Prima di tutto cercherei
di cambiare il mio carattere per poter emergere come hanno fatto tanti miei
colleghi che sono stati premiati nonostante avessero tempi più scarsi.”
Ai fini
del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? Quali? “Il
più delle volte mi affido ad un amico compaesano che mi trattiene per quasi 3
ore per vari test e nell’occasione una volta l’anno eco-cardiogramma,
scintigrafia ed ogni 6 mesi analisi complete del sangue e urine.”
La vita è un ciclo continuo, si diventa atleti e poi
è importante e bello trasmettere le proprie competenze alle nuove leve.
Che
significa per te partecipare a una gara estrema? “Partecipare ad una sfida di
andare oltre il limite e lo faccio grazie all’appoggio di mia moglie e le mie
due figlie che mi hanno sempre sostenuto ed incoraggiato: questo è stata la mia
forza per andare avanti.”
Hai un sogno nel cassetto? “Penso che tutti hanno un
sogno nel cassetto, dato che non posso fare più attività agonistica ma solo
amatoriale, il mio sogno è quello di trasmettere la mia esperienza e
soprattutto passione agli altri e chissà che ne venga fuori un campione.”
A pag. 207-208 del mio libro Ultramaratoneti e gare
estreme, menziono l’amico grandissimo atleta e allenatore Salvatore Musone: “Avevo 15 anni, ero andato all’ospedale a far visita a mio padre, lui mi
ha visto turbato e mi ha chiesto il perché, gli ho detto che c’era una gara podistica
al paese, mio padre sapeva che la corsa ce l’avevo nel sangue mi ha autorizzato
a partecipare. Vado di corsa alla partenza, purtroppo non faccio in tempo ad
iscrivermi ma corro lo stesso, arrivo primo classificato.
Ovviamente non mi
vogliono dare il premio, lì c’erano tante persone anziane. Una di loro mi ha
detto: te la sentiresti di correre di nuovo, io gli ho risposto di sì. Poi ha
parlato con il secondo arrivato che non era d’accordo a ripetere la gara. Mi
hanno premiato. A distanza di qualche anno, mi sono fidanzato, e il papà della
mia ragazza era quel signore che poi è diventato mio suocero. Dopo tanti anni
gli ho regalato la coppa vinta a quella gara.”
Matteo SIMONE
Psicologo,
Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
21163@tiscali.it +393804337230
Nessun commento:
Posta un commento