Le gare richiedono preparazione,
condizioni fisiche idonee ed attenzione
Matteo Simone
L’ultramaratona sta prendendo piede in Italia e nel mondo, tra uomini e soprattutto donne che sembrano essere più competitive e resilienti in questa disciplina avvicinandosi alle prestazioni degli uomini e a volte superandoli vincendo gare considerate estreme come la Nove Colli Running di 202,4 km.
Di seguito Gregorio Zucchinali, dell’ASD Bergamo
Stars Atletica, riferimento per le gare di ultramaratona per la Nazione Italia,
per i giovani, per i tecnici, per gli organizzatori di gare, per le squadre di
ultramaratone, racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Lui che è un corridore da 40 anni fa, iniziando con le competitive e poi passando ad organizzare gare, fondare società, diventando presidente della IUTA (Italian Ultramarathon and Trail Association) e presente come responsabile nelle gare internazionali di ultramaratona dove si mettono in gioco gli atleti più forti della nazionale italiana.Ti sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita? “Campione forse mai, soddisfatto spesso invece questo sì, con la sensazione di essere un punto di riferimento per amici o conoscenti!”
E’ bello vincere ma soddisfa anche essere
persona di riferimento che ha profonda esperienza e conoscenza del mondo della
corsa di endurance e sa come trattare atleti, tecnici, federazioni,
organizzazioni.
Qual è stato il tuo
percorso per diventare atleta? “Ho
iniziato il mio percorso partecipando alle prime non competitive di paese, che
stavano nascendo numerose negli anni ’70. Ne sono stato entusiasta tanto che ne
ho organizzate anch’io da ventenne e con un discreto successo per alcuni anni
aiutato dagli amici dell’Oratorio del mio paese. Sempre con amici, in seguito
ho fondato la prima Società di Atletica locale di cui ho avuto l’onore di
essere Presidente e provato quindi a cimentarmi nelle gare competitive,
trovandomi a mio agio soprattutto nella partecipazione alle maratone. Con
l’adesione dapprima al Club Supermarathon (al raggiungimento delle mie prime
cento maratone competitive) e alla IUTA ho trovato amici che condividevano la
mia passione e mi hanno anche permesso di perfezionarmi come organizzatore di
gare sportive tra cui le ultramaratone, quali la 24 ore nata in origine come
staffetta ma ‘aperta’ pionieristicamente ai singoli atleti.”
Grande carriera di Gregorio nel mondo
delle ultra distanze prima e tutt’ora come atleta che si sperimenta e si mette
in gioco in gare e poi ai vertici di organizzazioni importanti di riferimento
per promuovere e tutelare questo sport di fatica e di coraggio.
Quali fattori o persone contribuiscono
nello sport al tuo benessere o alla tua performance? “Sono oltre 40 anni che corro con performance sportive varie con qualità
altalenanti nel tempo e trovo ancora adesso nella partecipazione alle gare, sia
competitive che non competitive, motivo di gratificazione, in un ambiente
sportivo che spesso trovo amicale. I miei più cari amici sono soprattutto
collocati nell’ambiente sportivo e con loro ancora oggi condivido i valori
dello sforzo di lunga durata, mettendo alla prova la nostra resilienza e
volontà, ispirandoci alla correttezza sportiva e all’ottemperanza degli impegni
intrapresi.”
Nell’ultramaratona si entra a far parte
di un mondo particolare per lo più amicale dove le persone prima di tutto sono
disposti a raccontare delle loro imprese ma anche dei loro fallimenti che si
mettono in conto perché si tratta di gare dove non è scontato arrivare al
termine, dove bisogna attraversare crisi e difficoltà.
Qual è stata la gara della tua vita dove hai sperimentato le emozioni
più belle? “Ritengo non tanto una
gara che abbia corso, ma invece quella che ho forse meglio organizzato e cioè
la competizione del Campionato del mondo ed Europeo delle 24 ore su strada che
con un gruppo di 200 amici ho organizzato nel 2009 a Bergamo. Gara nata da un
progetto, durato 7 anni, originato dalla richiesta dei genitori del cantante
Alex Baroni ed in particolare del papà Gianni, con il quale condividevo la
passione per le ‘lunghe’, di ricordare il figlio prematuramente scomparso in un
incidente stradale. Penso che alla base del mio ancora attuale impegno nelle
ultra ci sia stata la 24 ore del Delfino come avevamo chiamato in questi 7 anni
la gara, prendendo spunto dal portafortuna di Alex, già Nazionale di nuoto
oltre che cantante con un successo impensabile inizialmente.”
Tante esperienze fatte da Gregorio da
atleta e organizzatore che accrescono sempre più le sue competenze e conoscenze
in questo mondo di atleti disposti al sacrificio e alla sofferenza pur di
portar a termine una gara.
La tua gara
più difficile? “Come performance
personale sicuramente il Passatore, gara di 100 km che pure ho concluso 5
volte, ma che non sono mai riuscito a interpretare bene tanto che per 2 volte
mi sono dovuto fermare.”
Una tua
esperienza che ti può dare la convinzione di potercela fare? “La cento km Rimini Extreme di alcuni anni
fa: era una gara con partenza in notturna ed estiva che ora non viene più
organizzata. A un certo punto a ¾ circa della gara mi sentivo spossato e
meditavo il ritiro quando mi è arrivata la telefonata (l’uso del cellulare era
obbligatorio e da allora l’ho sempre portato con me in gara) da parte di mia
moglie che mi avvisava che con i miei 2 figli mi stava aspettando al traguardo.
Ricordo ancora di essere rinvigorito di colpo e di essermi rimesso a correre
nuovamente nonostante caldo e stanchezza. Vedere i miei cari al traguardo è
stata una gioia immensa.”
La 100km resta sempre un’esperienza
estrema, ci sono tante incognite che entrano in gioco ma si tratta sempre di
tenere allenata la mente alla resilienza, oltre al fisico, è facile fermarsi e
ritirarsi per demotivazione, per sfiducia, ma quando c’è qualcosa che
interessa, qualcuno che aspetta al traguardo allora non esistono freni né
blocchi mentali, si tira avanti fino alla fine.
Quali sensazioni sperimenti facendo sport: pre-gara, in gara, post-gara? “Normalmente cerco con serenità
e senza particolari tensioni, il contatto e il dialogo con amici o conoscenti
prima della gara, discorrendo di vari aspetti, anche non prettamente legati a
questa; in gara cerco di valutare il percorso in relazione al mio stato di
forma e al contesto ambientale; nel post gara se non vengo coinvolto nelle premiazioni
come ‘autorità’, mi attardo nel commentare con amici non più avversari le
rispettive performance e gli eventuali comuni prossimi impegni.”
Ci sono categorie di persone, coloro un
po’ ansiosi, negativi, tesi che affrontano le gare con il freno tirato, con
mille scuse pronte se va male e ci sono coloro che affrontano le gare come
occasioni di raduno, di festa nonostante la fatica senza cercare difetti e
negatività negli altri o negli organizzatori.
Quali sono le difficoltà e i rischi? A cosa devi fare attenzione nel
tuo sport? “Le difficoltà ed annessi
rischi sono legate alla possibile sottovalutazione delle gare che richiedono
sempre in ogni caso preparazione, condizioni fisiche idonee ed attenzione
continua sia al percorso che alle condizioni climatiche o all’esasperazione
dell’agonismo. Il nostro è uno sport che non ammette errori e non tollera
denigrazione.”
Quali condizioni
fisiche o ambientali ti hanno indotto a fare una prestazione non ottimale?
“In generale la mancanza di preparazione
adeguata, la sottovalutazione delle condizioni ambientali, addirittura in
alcuni casi il sovrallenamento o carenze organizzative: in oltre 40 anni di
attività sportiva le mie performance non sono sempre state ottimali, ma si è
fatto tesoro anche di questo.”
In linea di massima l’ultramaratoneta
sottovaluta un po’ le difficoltà, è sempre pronto per partecipare a una gara
estrema, ritiene di aver bisogno di poco recupero tra una gara estrema e
un’altra, ma si tratta sempre di gare dove dietro l’angolo ci sono mille
agguati, mille ostacoli, ma si fa tutto con le risorse a disposizione che per
lo più diventano sufficienti perché nella mente dell’ultramaratoneta ci sono
sempre passate esperienze dove si è riusciti a uscirne fuori nel miglior modo
possibile.
Come hai superato eventuali
crisi, sconfitte, infortuni? “Crisi,
sconfitte ed infortuni ti segnano e le cicatrici necessitano di tempo per
rimarginare. Da buon bergamasco seguo l’esempio di un nostro grande conterraneo
e cioè Felice Gimondi recentemente scomparso, eroe di noi tutti e cerco
comunque di non mollare; anche se il dover ricominciare soprattutto dopo uno
stop per infortunio o altro con il passare degli anni diventa sempre più
difficile. Ci si pone nuovi obiettivi in relazione soprattutto allo stato di
forma.”
L’elogio della fatica, della crisi,
della difficoltà che rende le persone migliori anche se non vincono, anche se
arrivano secondi, anche se falliscono ma l’importante è non mollare, provare e
riprovare in modo diverso mostrando passione, motivazione ed entusiasmo per
quello che si fa.
Quale può essere un
messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi allo sport? “Il mio attuale Presidente di Società che
chiamiamo amichevolmente PresiDante (Dante Acerbis) ha coniato un bellissimo
slogan 'Fai Atletica e non farai mai panchina'. Lui ama lo sport per i giovani,
io quello che a mio avviso necessita di una certa maturità fisica, ma entrambi
siamo convinti che lo sport dia opportunità e cancelli diversità di genere,
razza e condizione sociale e ci batteremo sempre perché a tutti sia consentito
di esprimere il meglio almeno in questo aspetto della vita.”
In effetti i corridori hanno il
privilegio di partecipare a manifestazioni dove sono alla pari con i campioni
del mondo e olimpionici, ognuno fa la sua gara percorrendo la stessa strada e
lo stesso percorso diventando tutti protagonisti e potendo dire c’ero anch’io e
ho fatto del mio meglio.
C’è stato il
rischio di incorrere nel doping? Un messaggio per sconsigliarne l’uso? “Il rischio purtroppo c’è ed è a mio avviso
principalmente nella sua sottovalutazione anche perché la procedura TUE è poco
conosciuta. Capisco che spesso iscriversi ad una gara comporti un esborso di
cifre rilevanti anticipatamente e sacrifici per la preparazione in termini di
tempo e fatica e che pertanto il rinunciare alla gara per un malanno dopo mesi
di preparazione sia difficile da accettare. Nell‘ambiente delle ‘lunghe’ penso
che aldilà di pochi casi noti, l’uso di sostanze dopanti avvenga più per
superficialità che altro. Il messaggio a questo punto è che è indispensabile
per tutti noi informarsi quali siano i farmaci, i principi attivi, ritenuti
dopanti o che possano mascherare doping e se il medico li ritenga
indispensabili necessita rinunciare alla gara.
Sicuramente è centrale la
cultura del 'Doping Tolleranza Zero'; la si deve sviluppare con chiarezza
attraverso contesti di discussione, informazione, riflessione, confronto e
formazione. Credo quindi sia necessario un coinvolgimento di figure mediche,
psicologi e professionisti con competenze in ambito sportivo, capaci di
dialogare con atleti di età differenti e con i dirigenti sportivi, al fine di
far comprendere e condividere quale sia il vero spirito sportivo. Questo a mio
avviso è necessario, anzi indispensabile per salvaguardare la salute e la
propria identità di atleta corretto.”
Meglio fare del proprio meglio, cercare
di fare il possibile per mostrare a se stessi e agli altri il proprio valore e
le proprie capacità che ricorrere a mezzi e sostanze scorrette. Bisogna
continuare a fare educazione per non incorrere nel doping anche a volte per
errore o per ignoranza, perché è un peccato essere fatti fuori da una sostanza
e non da un avversario.
Familiari e
amici cosa dicono circa il tuo sport? “I
miei familiari ormai sono coinvolti nel mio sport e per gli amici sono una ‘categoria’
cioè è difficile non considerarmi ‘quello che corre’ anche quando per impegni
vari magari non faccio sport.”
Cosa
hai scoperto di te nel praticare sport? “Capacità di resilienza.”
Ritieni utile lo psicologo dello sport? Per
quali aspetti ed in quali fasi? “Ho
verificato l’utilità di questa figura soprattutto nella mia esperienza su
designazione Fidal come Team Leader o semplice helper con la Nazionale Italiana
di ultramaratona. Ritengo sia necessario soprattutto dopo un infortunio, una
cattiva prestazione o avversità della vita, quando cioè vengono meno le
condizioni per una corretta continuità sportiva.”
C’è sempre più bisogno di sviluppare
resilienza individuale e collettiva, le persone sono assaliti da mille dubbi,
ansie, tensioni, difficoltà relazionali e c’è bisogno di figure professionali
che mediano, che riportino all’essenza delle cose, alla comunicazione, allo
sviluppo di consapevolezza e fiducia in sé per affrontare la vita e momenti
difficili con attenzione e focalizzazione.
Prossimi
obiettivi? Sogni realizzati e da realizzare? “Il raggiungimento delle 300 tra maratone ed ultra certificate (ormai
prossimo almeno spero!)”
Un
messaggio per gli atleti più giovani che si affacciano al mondo ultra? “Il mondo ultra ha bisogno di loro e c’è la
possibilità anzi la necessità di dare loro ulteriore spazio. C’è un cambio
generazionale in atto e esiste la possibilità di essere seguiti ed essere
aiutati ad emergere. Ad inizio degli anni 80 si puntava alla maratona, oggi c’è
‘l’ultra’.”
Il mondo ultra è fatto di persone che
vanno comprese e coccolate, tanto è il loro impegno in termini di tempo, di
rinunce, di sacrifici ed è importante essere ben indirizzati e avere a disposizione
persone leali che curino i loro interessi e li indirizzino in un percorso di
raggiungimento di benessere e anche risultati soddisfacenti.
Come vedi il movimento ultra italiano,
europeo, mondiale? “In Italia si sta
assistendo ad una esplosione del numero degli ultramaratoneti e delle gare di
Ultramaratona. Purtroppo sono venute a mancare gare specifiche quali la ‘cento km
di Seregno’ con possibilità quasi nulle di avere eccellenti prestazioni perché
le rimanenti cento km pur con ottima organizzazione non hanno purtroppo i
requisiti ‘burocratici’ idonei richiesti internazionalmente. I rapporti con la
Fidal sono di un confronto a volte dialettico ma che dà spazio e collaborazione
alle gare ultra. In Europa e nel mondo la situazione è senz’altro migliore per
diverse ragioni non ultimo il ricambio generazionale atteso in Italia.”
In Italia qualcosa sta cambiando, sembra
esserci un rinnovo generazionale, oltre agli over quarantenni fortissimi e
recordman ci sono nuovi giovani uomini e donne che si sperimentano in queste
discipline di fatica e sofferenza ottenendone benefici e riconoscenza, vanno
tuttavia seguiti e presi in carico in modo che possano durare nel tempo in
salute e con le migliori performance.
Come
definisci la tua squadra e come recluti nuovi atleti? “Io, vorrei chiarire, non sono il Presidente della mia Società sportiva
di cui sono però dirigente. L’Associazione Bergamo Stars Atletica è conosciuta
in Italia sia per i giovani che praticano atletica “classica” su pista, sia per
il settore strada, trail e master che invece seguo io. Siamo in circa 300
atleti e siamo in sinergia tra noi come gruppo dirigente; spesso ci si troviamo
ospiti a cena del vulcanico nostro Presidente Dante Acerbis che è anche
Presidente Fidal Bergamo.
Avere una politica come Società che valorizza senza
obblighi Societari e consideri persone prima che atleti anche gli
ultramaratoneti e gli ultratrailer ha fatto sì che in questi pochi anni che
esistiamo, molti atleti di valore o semplici appassionati abbiano fatto ‘massa
critica’ e cerchino una Società dove l’ultra sia un valore e dove trovare altri
atleti con la medesima passione. Massimo rispetto e considerazione per le altre
Società, e sono diverse in Italia, con i medesimi valori e per le altre con
altri obiettivi o altre priorità.”
Molto corretto Gregorio, lui è
onnipresente ma giustamente desidera che il merito venga distribuito tra i suoi
collaboratori altrettanto validi e ognuno con le proprie specificità.
Maggiori soddisfazioni da atleta,
presidente, responsabile IUTA, organizzatore gare? “Sono Presidente IUTA da oltre un decennio, aiuto a organizzare gare su
tutto il territorio italiano e corro da oltre 40 anni: per tutti questi aspetti, positivi e non, ho critiche gratuite o meno, e plausi spero sinceri. Da solo non
ho mai realizzato nulla e, pertanto, i successi (molti a mio avviso) e insuccessi in tutti i campi li ho condivisi con la famiglia, gli amici e
collaboratori che giudico eccezionali.
Sono convinto che grazie al lavoro di
tutti assisteremo a breve al completamento della valorizzazione di giovani
atleti e avremo ulteriore qualità unitamente all’aumento in atto del numero di
praticanti ultra. Necessita solo continuare nella strada intrapresa tenendo
conto che la IUTA è una Associazione fatta da volontari e da appassionati con
al centro la cultura del ‘beyond the marathon’: ciò che per molti è un
traguardo per noi è un punto di passaggio!”.
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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