Dott. Matteo Simone
Nella vita si fanno scelte di studio, sportive, lavorative, relazionali; si fanno progetti per cercare di trasformare sogni in realtà, preparandosi e credendoci.
Di seguito approfondiamo la conoscenza di Max attraverso risposte ad alcune mie domande.
Quando e come hai iniziato a correre le ultramaratone? Ho iniziato in tarda età. Ho sempre corso e sempre fatto sport, a livello agonistico. Vengo dalla boxe, mio nonno era un pugile professionista e io ho seguito la sua strada, insegnando poi la nobile arte nella mia palestra. Un luogo che è principalmente un rifugio per i ragazzi che cercano la propria strada e non l’hanno ancora trovata. La boxe è solo un pretesto, le regole invece sono il vero motivo. Insegnare loro ad accettarle e a rispettarle.
Mi innamorai subito delle avventure estreme e decisi che un giorno avrei corso la Marathon Des Sables, cosa che poi ho fatto nel 2021, nella tragica edizione dove morì un concorrente e decretò il mio ritiro nella terza tappa, come per me ovvio motivo di rispetto nei confronti della vittima, Pierre, un francese mio coetaneo.
Morì a pochi passi da me e di conseguenza soffrii di PTSD per parecchi mesi. Scrissi un libro in suo onore e memoria: ‘Solo, la mia avventura nel deserto del Sahara’, Ed. Formento. Da quel momento si aprì la mia propensione per le gare desertiche, la ricerca del silenzio e della solitudine che offre la possibilità del dialogo interiore e le risposte a molte domande su se stessi.
La pratica di uno sport è molto utile per diversi motivi, dalla conoscenza personale e altrui, seguire disciplina e regole, stile di vita molto salutare, organizzarsi per allenamenti e gare da portare a termine, faticare con la consapevolezza che poi tutto torna.
Si cambia, si fanno scelte, si fa tanta esperienza, si decide si mettersi in gioco in attività sportive stimolanti e sfidanti e si apprende da ogni esperienza anche la più negativa.
Durante la Marathon des Sables del 2021, un francese di 50 anni, morì a causa di un arresto cardiaco durante la seconda tappa della gara nel deserto del Sahara vicino alle dune di Merzouga. Viene chiamata “The Legendary”, “la leggendaria”, si corre in totale autosufficienza nel deserto del Sahara marocchino.
Ogni concorrente deve portarsi il cibo sulla schiena per una settimana. I corridori devono percorrere una distanza di circa 240 chilometri suddivisa in sei tappe. Ogni corridore dispone di 10 di litri d’acqua al giorno forniti dall’organizzazione per bere, prepararsi il cibo (da portare in autonomia), lavarsi.
Sembra essere molto interessante il libro “Solo. La mia avventura nel deserto del Sahara” – 20 novembre 2024 di Max Chen (Autore).
(Nel cuore del deserto del Sahara, la Marathon Des Sables rappresenta non solo una sfida fisica, ma anche un viaggio interiore profondo. Dopo anni di preparazione e allenamenti, e un’improvvisa pausa forzata a causa della pandemia di Covid-19, l’autore si trova finalmente di fronte alla tanto attesa partenza. I dubbi sulla propria forma fisica si mescolano all’emozione di affrontare un’avventura unica, mentre il sole cocente e le dune infinite promettono di mettere a dura prova ogni partecipante.
Ma la gara, che si preannuncia come un’opportunità di riscatto e conquista personale, si trasforma rapidamente in un dramma inaspettato. La morte di Pierre, un compagno di corsa colpito dalle estreme condizioni climatiche, segna un punto di svolta. In un momento di crisi, l’autore si trova di fronte a una scelta cruciale: continuare la corsa ignorando l’accaduto o fermarsi per rendere omaggio alla vittima e rispettare la sua famiglia.
Con un forte richiamo all’etica e alla solidarietà, il libro esplora le sfide emotive e fisiche di una gara che mette in discussione i valori umani. Attraverso la narrazione intensa delle proprie esperienze, l’autore invita i lettori a riflettere sulla vera essenza della competizione e sull’importanza di rispettare la vita, anche in mezzo alla lotta per la vittoria).
Cosa dicono i tuoi familiari e i tuoi amici della tua attività sportiva? I miei familiari ormai sono complici e abituati al mio bisogno costante di questi viaggi ‘purificanti’. Non sono un corridore comune: non mi interessano le maratone in quanto ‘gare’, ma cerco un motivo, un significato nel viaggio che sto per compiere.
Le maratone le corro come allenamenti, alle volte tre, quattro volte a settimana. Ho una figlia di dieci anni, Zoey, che è fiera di ciò che faccio e tutto ciò lo faccio anche per lei, per essere un esempio e per essere sempre un papà attivo e presente anche fisicamente. Mia moglie, insegnante di yoga mi ha insegnato a meditare ogni qualvolta mi trovo in uno scenario naturale ostile dove è importante ‘farsi accettare’ dalla natura che ospita.
Davvero molto interessante la testimonianza di Max Augusto Chen. Le ultramaratone aiutano a essere in contatto con se stessi, ad apprezzare gli ambienti naturali che utilizziamo, calpestiamo, attraversiamo. Trattasi di viaggi prima dentro noi stessi e poi attraverso località a volte molto belle, da rispettare, da preservare. Ottimo le strategie di gestione di eventi critici e stress, a volte bisogna concentrarsi, focalizzarsi, ascoltare il proprio respiro, meditare, accettare ciò che sta accadendo e accogliere ogni cosa per incrementare autoconsapevolezza, fiducia e resilienza.
Quali competenze, risorse e caratteristiche possiedi come atleta? Conosco i segnali che il mio corpo mi lancia, ho impiegato anni ad ascoltarmi e a cercare di comprendere. Posso muovermi senza apparecchi, senza cardiofrequenzimetri, senza acqua, ormai capisco e intuisco in anticipo quali potrebbero essere gli ostacoli e valutare di conseguenza. Ed è ciò che insegno ai miei ragazzi: imparare a sentirsi e a comprendere i segnali. E soprattutto usare la testa per governare il corpo, soprattutto quando si è di fronte a un muro che sembra insormontabile.
Si impara a conoscersi sempre di più, a gestire sempre meglio ogni situazione grazie all’esperienza, alla pazienza, a una mentalità positiva acquisita in altri allenamenti o gare considerate anche estreme ma fattibili se ci si prepara bene e se la motivazione che porta a partecipare è alta, solida, valida.
Pensi che uno psicologo sia utile nel tuo sport? In quali aspetti e fasi? Da ex pugile sono fermamente convinto che l’istinto e il fisico non bastano a un atleta completo. La testa e la razionalità sono la vera forza che ci consente di agire e regolare il nostro dispendio energetico e la nostra innata impulsività. Ma non è da tutti e va allenata e stimolata, probabilmente con opportuni esercizi.
Sono altresì convinto (e per me è una vera dottrina) che il vero lavoro lo si debba costruire in forma autonoma e senza troppo appoggiarsi ad agenti esterni che possono diventare una sorta di dipendenza. Quando vengono a mancare sono guai. E per noi che corriamo ultra-distanze in solitaria è fondamentale costruire una solida base autonoma e indipendente, sia dal punto di vista fisico che soprattutto mentale. Non sono ammesse debolezze. In Namibia un mio compagno di tenda, veterano marine è crollato psicologicamente nell’ultima tappa da 92km, piangendo in preda al panico. Non riusciva ad accettare di esser crollato psicologicamente. E per lui costituiva una sconfitta.
Il sostegno psicologico può esser utile a mio avviso solo in alcuni aspetti, ma credo che nelle ultramaratone si debba essere già abbastanza forti a livello psicologico, perché quando c’è sofferenza ogni piccolo dubbio si trasforma in un ostacolo enorme e non hai tempo di risolverlo.
L'evento sportivo in cui hai vissuto le emozioni più gratificanti? Evento sportivo più gratificante: Desert Ultra in Namibia, un viaggio nato per confermare a me stesso che avrei chiuso senza problemi la Marathon Des Sables, in cui mi sono ritirato per dovere e rispetto nei confronti di Pierre.
Andai anche al suo funerale e fui l’unico a parteciparvi. 250km in 5 giorni. Nell’ultima tappa da 92km, corsi in testa al primo posto per 70km, dopo aver avuto uno scontro diretto con un babbuino che mi rubò uno stick da trail. Arrivai secondo dopo che al 71km mi raggiunse un runner inglese, Steve.
Tra il 14 e il 18 novembre 2023 Max ha corso la “1st Desert Ultra Namibia 250km/5tappe” in 43h58’, classificandosi all’8° posto. Il vincitore è stato il britannico Steve Williams precedendo il neozelandese Shane Thrower e la sudafricana Ellie Milnes. A completare il podio maschile il britannico Creaig Hamilton (4° assoluto). A completare il podio femminile la svedese Sheila Sanei (7^ assoluta) e la belga Muriel Filiers (11^ assoluta).
Qual è stata la tua situazione sportiva più difficile? Situazione sportiva più difficile: dover interrompere al 25mo km dell’ultima tappa della mia ‘The Track Australia’ quest’anno a causa di una frattura da stress al piatto tibiale che mi impedì di continuare. Ho chiuso al 411mo km.
Ma orgoglioso di aver sempre condotto la gara in posizione dignitosa. Anche se ripeto la vittoria più grande è stato il piacere di poter vivere un’esperienza in uno degli scenari sacri più belli al mondo.
“The Track Australia” è una gara podistica di 520 km suddivisa in 9 tappe e 10 giorni di gara in condizioni di autosufficienza alimentare. L'avventura si svolge nell'Outback australiano, tra la città di Alice Springs e Uluru. Tra il 14 e il 23 maggio 2025 ha avuto luogo la “7th The Track Outback 520 km Stage Race (AUS)”, 520km/9tappe corsa a tappe.
Il vincitore è stato il giapponese Yusei Kurosawa in 2 giorni 10h03’01”, precedendo il francese Anthony Ginter 2 giorni 14h05’02” e la prima donna, la giapponese Tomomi Bitoh 2 giorni 15h47’39”. Ha completato il podio maschile il norvegese Frode Lein 2 giorni 19h59’05”.
Hanno completato il podio femminile la belga Muriel Filliers (sesta assoluta) 2 giorni 21h56’23” e l’austriaca Jay Baker (nona assoluta) 3 giorni 04h49’40”.
Come hai superato crisi, sconfitte e infortuni? C’è stato un periodo della mia vita in cui mi ero completamente lasciato andare, fisicamente. Lavoravo in ufficio ed ero schiacciato dalla routine quotidiana e dai ritmi frenetici delle responsabilità. Burnout. Mi sono licenziato cambiando vita e rinunciando a una posizione lavorativa privilegiata. Lo sport mi ha ridato la fiducia ed è stato un modo per sentirmi nuovamente vivo. Sono cambiato fisicamente e mentalmente capendo che i limiti alle volte sono imposti unicamente dagli standard della società. Ho iniziato a insegnare per offrire ai giovani una speranza e un’alternativa alla superficialità. Credo manchino esempi. Una volta gli esempi erano i nostri genitori o sportivi veri, non manichini costruiti con formule magiche come oggi.
Cosa hai scoperto di te praticando sport? Ho scoperto di essere forte. Ho scoperto che spesso mi sono sottovalutato e probabilmente ancora lo faccio. Ma ci sto lavorando.
A volte la pratica di uno sport può essere la chiave di svolta della propria vita accorgendosi di essere vivi e di voler fare qualcosa per se stessi di gratificante ma anche condividere e trasmettere esperienze e buone prassi agli altri, grazie all'esperienza maturata.
Qualche consiglio per chi vuole cimentarsi nelle ultramaratone? Il mio consiglio per chi vuole iniziare a correre le ultra-distanze è di arrivarci gradualmente, di essere costanti e soprattutto non aver paura di sbagliare. Gli errori fanno crescere. E di non necessariamente sentire la necessità di affidarsi a qualcuno: se si vuole qualcosa la si può fare tranquillamente da soli. E soprattutto non farsi rovinare la passione dall’agonismo. Spesso la società impone di arrivare primi, di essere sempre prestanti: il risultato è che molti giovani, piuttosto di deludere le aspettative di qualcuno, abbandonano la propria passione.
Chi ti ispira? Le personalità contro corrente. Gli outsider. I diversi. Le rockstar, i frontman con tanta personalità che lasciano un’impronta su questa terra in cui viviamo, che hanno lasciato vivo il loro ricordo. Vuol dire che hanno avuto un carisma talmente forte da esser arrivati a molti.
Cosa c’è oltre lo sport? Oltre lo sport ci sono i viaggi, c’è la famiglia, la fede, l’arte e la musica. Sono un ex musicista professionista e la musica ha sempre scandito i momenti più belli e più brutti della mia vita.
Tanta roba, la vita è bella perché è varia, affascina, fa seguire passioni da coltivare, da specializzarsi, fa cambiare, fa star bene da soli e insieme.
Cosa e chi ti aiuta a migliorare il tuo benessere e le tue prestazioni? Cosa mi aiuta a migliorare le prestazioni? La bellezza del luogo in cui mi alleno o in cui gareggio. Assorbo tanta energia dalla bellezza dei contesti naturali, dalle altre forme di vita, dal sole e dal vento. Anche il mare è una grandissima fonte ispirativa. Ho bisogno di stimoli per funzionare bene, mi limita tantissimo il contesto cittadino dove gli stimoli svaniscono, questo è forse uno dei motivi di ciò che preferisco fare a livello di scelta delle mie gare. Il viaggio è una grandissima fonte di arricchimento personale.
La pratica dell’ultramaratona permette di fare tantissimi viaggi prima di tutto dentro se stessi, approfondendo la propria autoconoscenza e autoconsapevolezza e inoltre fa viaggiare per sentieri, continenti in cerca di gare definite anche estreme o bizzarre ma che appassionano, stimolano, entusiasmano.
Dott. Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR













Nessun commento:
Posta un commento