Attraverso
lo sport si sperimenta tantissimo e si fanno esperienze straordinari sia in
allenamento che in gara ed anche quando arrivano gli infortuni, ci si può
rialzare e gradualmente i risultati arrivano, di seguito la testimonianza di un
praticante arti marziali.
Ti
sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita? “Si, a 19
anni quando, successivamente ad un infortunio grave, recuperai e ottenendo i
podi giusti nelle gare successive, mi convocarono per il mondiale nello stesso
anno.”
Mai
abbattersi, se c’è un infortunio, il vero campione è fiducioso e serenamente
trova la strada per ricostruire le fondamenta ottimale per raggiungere la
performance.
Qual
è stato il tuo percorso per diventare un Atleta? “Ho iniziato da piccolo e
non ho mai lascitao la disciplina che facevo, alternavo altri sport solo per
preparazione fisica generale come ad esempio il nuoto. Quando si sono
presentate le prime gare, ho capito che potevo avere la possibilità di essere
competitivo se avessi continuato. Grazie ai miei genitori ho potuto fare delle
esperienze di allenamento all’estero in Giappone ed in Korea, che per le arti
marziali sono il posto migliore.”
Esplorare il mondo dello sport e confrontarsi con altri, soprattutto di
altre culture è fondamentale, lo sport avvicina persone, mondi e culture.
Hai dovuto abbandonare uno sport a causa di una carriera scolastica o
lavorativa? “Si, recentemente ho abbandonato il kendo per la carriera lavorativo.”
Quali
sono i fattori che hanno contribuito al tuo benessere o alla tua performance? “La
tranquillità e la calma contribuiscono a stare bene, non avere timore di un
infortunio è determinante per stare tranquilli. Per la performance è
fondamentale la costanza, nell’allenamento e nell’alimentazione. Anche nelle ‘giornate
no’ mantenere la concentrazione sulla meta finale. Le arti marziali sono uno
stile di vita.”
Praticare
le arti marziali diventa una filosofia di vita, uno stile di vita, si tende non
solo alla performance ma anche al benessere, se c’è un infortunio o una
giornata no, li si mette in conto e si va avanti ugualmente senza distrarsi
dalla propria meta.
Nello
sport chi ha contribuito al tuo benessere o alla tua performance? “I miei
genitori sono stati determinanti, mi hanno aiutato quando non potevo
permettermi da solo materiali, viaggi ecc. Il mio allenatore mi ha insegnato
non solo la tecnica ma anche il giusto approccio mentale e anche come inserire
lo sport nella vita di tutti i giorni.”
Qual è stata la gara della tua vita, dove hai dato il meglio di te o
dove hai sperimentato le emozioni più belle? “La gara della vita direi che è
stato il campionato italiano prima del mondiale. Nel mondiale la concentrazione
era molto alta e non l’ho vissuto proprio in tranquillità, anche perchè era la
prima volta e avevo 19 anni. Ma qualche mese prima, durante i campionati
italiani, avevo poche speranze di essere convocato in quanto metà anno lo
passai alle prese con una serie di noie muscolari. Quella gara invece, fatta
con molta voglia di riscatto e un pò di rabbia, è stata la più bella. Mi
sentivo bene, ero veloce, le gambe tenevano e non sentivo il dolore dei colpi,
feci una bella serie di vittorie eliminando anche dei sicuri titolari della
nazionale. Venni poi eliminato in semifinale, arrivando terzo mi conquistai una
convocazione per il mondiale. C’è un evento in cui provai le emozioni più forti
e fu in una gara per club a livello europeo. Rientravo da un operazione alla
gamba sinistra e avevo una vite sulla spina iliaca ancora impiantata. Ricordo
che dopo la fisioterapia potevo allenarmi tranquillamente e in futuro, una
volta ripreso a pieno, avrei potuto togliere la vite. In quel periodo però,
avevo intenzione di smettere con le gare per timore e stavo entrando in una
specie di blocco emotivo. Ricordo di essermi allenato moltissimo ma senza mai
uscuire dalla palestra. Con l’ok dell’ortopedico il mio allenatore mi portò a
questa gara. Dopo i primi due incontri, molto tesi in cui pensavo solo a
proteggermi la gamba, cominciali a rilassarmi e alla fine mi ritrovai in
finale. Dopo aver vinto quella gara provai una gioia infinita. Il mese
successivo mi feci operare per togliere la vite, dopo tre mesi ricominciai a
pieno allenamti e gare senza paura.”
Qual è una tua esperienza che ti possa dare la convinzione che ce la
puoi fare? “Diciamo che iniziai con delle gare non ufficiali e andavo piuttosto
bene, quando arrivai all’età minima per le gare assolute (16 anni) pensai: ‘non
so se ce la faccio, questi sono davvero forti’. Poi quando ho vinto il mio
primo incontro c’è stata una bella iniezione di fiducia, ho capito che era
possibile.”
I primi successi ti spianano la strada per il futuro, se ci sono
imprevisti durante la carriera sportiva un lavoro importante è di ritornare con
la mente alle prime esperienze di successo e risperimentare le sensazioni avute
in quell’occasione, come iniettarsi elevate dosi di fiducia.
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua attività sportiva? “I
miei familiari sono sempre stati favorevoli allo sport in generale e anche alle
arti marziali. Tra i miei amici non sono molti quelli che praticano discipline
simili, quindi diciamo che certe cose non possono capirle, ma facevano il tifo
lo stesso.”
Ti va di descrivere un episodio curioso o divertente della tua attività
sportiva? “Ce ne sono stati diversi, uno che mi viene in mente è stao quando
durante un ritiro, uno degli allenatori si presentò con un manichino costruito
da lui. Questo manichiono era in posizione di guardia e ci si poteva colpire
sopra per allenamento e in più se lo colpivi bene si accendevano delle lucine
nel punto in vui arrivava il colpo. Giustamente tutto conteno subito volevo
provarlo, caspita magari avercelo a casa un arnese così. Ricordo che il primo
colpo che gli ho dato gli si staccarono le braccia e al secondo si divise il
tronco dalle gambe ed era da buttare.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel praticare sport? “Che sono
testardo.”
Quali sono le tue capacità, risorse, caratteristiche, qualità che hai
dimostrato di possedere? “La costanza nell’allenamento o comunque nel
raggiungere un obiettivo.”
Che significa per te partecipare ad una gara sportiva? “Mettersi alla
prova.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Si, se non ci
si arriva non si sta dando il massimo.”
Quali sono o
sono state le sensazioni che sperimenti
facendo sport: pregara, in gara, post gara? “Prima di un incontro sto
qualche minuto da solo, non serve pensare alle tecniche che posso fare perchè
non si può prevedere, cercavo solo calma e concentrazione. Durante un incontro
la concentrazione copre le emozioni, alla fine escono fuori tutte insieme.
Gioia soddisfazione, dipende se vinci o perdi.”
Quale è stata la gara più estrema o più difficile? “Il mondiale in
assoluto è stata la gara più difficile, sia a livello di testa che per il
livello degli avversari. Molta pressione, molta tensione, quando ho vinto i
primi incontri non ho sentito lo scarico della tensione, ho pensato subito a
dopo e quindi non me la sono ‘goduta molto’ diciamo. Il livello era
estremamente alto, ho tirato fuori tutto quello che avevo ma non è bastato.”
Molto importante è l’esperienza vissuta, le sensazioni sperimentate, la
gestione della eventuale tensione, lo sperimentare pressioni, attese, voglia di
far bene.
Quali sono le difficoltà, i rischi, a cosa devi fare attenzione nel tuo sport? “La
difficoltà è senza dubbio la costanza nell’allenameneto, e si deve fare molta
attenzione a gestire la preparazione delle gare e a non farsi male in
allenamento prima di una gara.”
Quali
sono le condizioni fisiche o ambientali che più spesso ti hanno indotto a fare
una prestazione non ottimale? “Non aver avuto modo di fare tutto il
riscaldamento per questioni di tempo mi ha sempre condizionato in negativo. Non
avere nessun ‘acciacco’, nessun cerotto, nessuna fasciatura rimediata in
allenamento prima della gara, portava sfortuna, era troppo bello per essere
vero.”
Cosa
ti ha fatto mollare o cosa ti fa continuare a fare sport? “La carriera
agonisica l’ho interrotta per il mio lavoro, ma lo sport continuo a farlo nel
tempo libero per stare in forma e sentirmi bene, lo sport da felicità.”
Anch’io
dico sempre che lo sport rende felici.
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Con la
testardaggine, e l’aiuto di mi stava vicino.”
E’
successo che ti abbiano consigliato di ridurre l’attività sportiva? “Si ma non
ha funzionato.”
Quale può essere un messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi allo
sport? “Finchè non lo si fa non se ne comprendono i benefici. Provare per
credere.”
C’è stato il rischio di incorrere nel doping nella tua carriera
sportiva? “No mai.”
Quale può essere un messaggio per sconsigliare l’uso del doping? “Non
ha senso vivere sapendo che quelli non sono i nostri veri risultati.”
Ritieni utile la figura dello psicologo dello sport? Per quali aspetti
ed in quali fasi dell’attività sportiva? “La ritengo utile in due momenti, nei
momenti difficili per riprendersi e non bloccarsi, e nei momenti migliori per
imparare a gestire i propri risultati e a non montarsi la testa. Penso che poi
la motivazione ognuno debba trovarla dentro di se.”
Interessante questa risposta, a volte è importante lo psicologo per
gestire la vittoria, per continuare a stare con i piedi per terra, per
comprendere che non si può essere sempre al top, per gestire le pressioni da
parte di altri, quali fa, mass media, sponsor.
Se potessi tornare indietro cosa faresti? O non faresti? “Non perderei
l’ultimo incontro del trofeo Alessandria nel 2011, quella ancora non l’ho
digerita. Per il resto non cambierei nulla.”
Quali sono i sogni che hai realizzato e quali quelli da realizzare? “Ho
un sogno impossibile che sarebbe ricominciare e vincere il mondiale. Spesso mi
metto a inseguire sogni impossibili, tutto quello che viene strada facendo sono
soddisfazioni.”
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