Matteo Simone
“Nella vita ciò che conta è la capacità di ricominciare dopo essere caduti” José Mujica (Presidente della Repubblica dell’Uruguay)
L’atleta vincente
riesce a trovare la determinazione, la calma, lo spirito di sacrificio per
ricominciare dopo ogni stop prolungato, dopo ogni sconfitta. Importanti sono la
meditazione, la visualizzazione, il lavorare sull’autoefficacia, esercizi di
rilassamento.
Attraverso la
meditazione la persona riesce ad aspettare i tempi occorrenti per il recupero,
riesce a comprendere che tutto passa, tutto sorge e tutto muore, riesce a non
reagire agli eventi spiacevoli, riesce a partire dal qui e ora e a programmare
una formulazione del goal setting, un piano degli obiettivi graduali con una
giusta scansione temporale.
L’atleta può
sentirsi soggetto attivo nel processo di riabilitazione, definire un piano di
ripresa, di ripartenza, sviluppare un piano per un’azione futura efficace può
individuare le risorse occorrenti da potenziare, sia personali che esterne,
allenatore, fisioterapista, psicologo, medico.
L’atleta può
fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando i tempi e le modalità
occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare a qualcuno. Fissare
obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei
modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
Quando si è tesi, si è ansiosi
prima di fare qualcosa di importante nella vita, nello sport, nel lavoro, è importante
pensare qualcosa di positivo, di bellissimo, in psicologia dell’emergenza si
parla di posto sicuro, si invita a ricordare, pensare, immaginare, visualizzare
un posto dove si è sperimentato pace, serenità, tranquillità, questo aiuta a
rilassarsi.Anche in psicologia dello sport si usa fare un lavoro sull’autoefficacia attraverso il ricordo di un’esperienza positiva dove si è sperimentato successo o comunque di riuscire, di saper fare. Interessante ho trovato un brano in un testo di Alice Munro dal titolo “Troppa felicità” a pag. 60-61, dove una maestra invita un alunna che doveva esibirsi in un saggio, a ricordare qualcosa di bellissimo, per esempio un uccello che vola nel cielo, ecco le sue parole:
“La bambina si sente prescelta. Le
viene affidato un brano da solista…Durante il tragitto, la maestra le chiede se
è nervosa per il saggio.
Un po’.
Allora dice la maestra, deve
allenarsi a pensare a qualcosa di bellissimo. Come un uccello che attraversa il
cielo in volo. Qual è il suo uccello preferito?
Di nuovo il preferito. La bambina
non riesce a pensare, non è in grado di farsi venire in mente il nome di un
solo uccello. Alla fine dice: - La cornacchia?
La maestra ride. – D’accordo. Va
bene. Pensa a una cornacchia. Prima di metterti a suonare, pensa a una
cornacchia.
Poi, forse per rimediare alla
risata, sensibile all’umiliazione della bambina, la maestra propone di andare
al Willingdon Park a controllare se il chiosco dei gelati ha già aperto per la
bella stagione…
…Il chiosco è aperto, ma la scelta
è liimitata. I gusti più speciali non ci sono ancora. La bambina opta per la
fragola, badando a non farsi prendere alla sprovvista questa volta, confusa
com’è dall’ansia e dalla gioia sublime. La maestra…Scherza con il gelataio,
però, dicendogli di affrettarsi a preparare il malaga, o non gli vorrà più
bene.
Forse è lì che avviene un altro
cambiamento. Sentenfo la maestra parlare così, con quella voce impertinente, quasi
da ragazza, la bambina si rilassa. Da quel momento, sebbene felicissima, non
sarà più paralizzata dall’adorazione.”
Un po’ di tempo fa Mary rispose ad
alcune domande sulla pratica dell’ultramaratona.
Cosa hai scoperto del tuo carattere
nel diventare ultramaratoneta? “Ho scoperto di avere tanta pazienza e
determinazione. Correre è un po' come fare terapia, scopri te stesso e riconosci debolezze, pregi e difetti,
hai una visione di vita diversa da quella che hai vissuto prima.”
Hai un sogno nel cassetto? “Restare
il più a lungo possibile un’ultramaratoneta!”
Ho visto Maria correre serena, con il sorriso, in buona compagnia e queste sono sensazioni che anche lei vorrebbe sperimentare il più a lungo possibile.
Cosa ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta? “Quel senso di libertà, di protagonismo, anche se è
solo a livello personale, non esternato. Mi fa molto piacere soprattutto
dimostrare a tante donne che restano dietro la finestra per paura di essere viste
e giudicate che cambiare si può. Vorrei far capire loro che le mie non sono
imprese, ma semplice passione di correre, che mi fa stare bene sia sola che con
gli altri.”
Sperimentare l’ultramaratona per
Maria è sentirsi libera di fare quello che gli pare che può essere considerato
difficile, impegnativo, usurante, ma è una sua scelta che le soddisfa e dove
sperimenta sensazioni importanti ed uniche fatte di fatiche e di soddisfazioni
nell’essere protagonista.
Com’è
vivere la malattia per una atleta abituata a fare tanti km di corsa? “Difficile
da accettare, ti senti catapultato fuori dal proprio mondo, come una punizione,
gli altri corrono e tu stai fermo a guardare.”
E’
difficile fermarsi a guardare, soprattutto quando sembra che tutto fila liscio,
hai tante energie in corpo, tanta voglia di fare tanti km in gara, maratone, 6
ore di corsa, 24 ore, gare di 100km.
Come
hai affrontato l’intervento? Ci sono analogie con una gara difficile? “Come
tutte le difficoltà in cui non hai altra soluzione…affrontandolo senza paura
come in una gara.”
Se sei forte in gara, se sei abituato ad indossare i pettorale per partecipare ad una gara, puoi affrontare qualsiasi cosa quasi, anche un intervento, ti puoi preparare mentalmente pensando ed immaginando che l’intervento dipende anche da te, dalla tua positività e convinzione di riuscita, virtualmente fai parte dell’equipe, contribuisci in qualche modo alla riuscita dell’intervento.
In
che modo l’essere ultrarunner ti aiuta nelle sedute di kemio? “Le sedute di chemio per me sono le più
dolorose dal punto di vista mentale. Stare seduta su una poltrona e vedere
scendere per più di 3h quel cocktail di liquido rosso e scomparire nella vena sapendo
che da lì a poco cominceranno i disturbi di quel farmaco è l’unico momento che
mi fa sentire malata di cancro. Mi deprimo e mi viene solo un pensiero:
fuggire, se non fisicamente, allontanandomi con la mente, così come avviene in
una gara quando troppo stanca e dolorante cerco di distrarmi.”
La
pratica dell’ultramaratona al servizio della medicina, quello che sperimenti
con lo sport di endurance è un investimento utile nella vita quotidiana, se sei
capace di affrontare gare estreme con tante incognite e difficoltà, sarai più
pronto per affrontare qualsiasi disagio o difficoltà, soprattutto le gare
lunghe in situazioni di stress fisico ed ambientale, ti rinforzi nel carattere
e diventi altamente resiliente.
Come
stai affrontando questa tua avventura con il fisico, il cuore e la mente?
“Io sono credente e penso che la vita sia un dono prezioso da difendere.
Le mie armi sono quelle di un ultrarunner che sta affrontando la gara più
difficile, mettendoci l’impegno fisico, mentale e il cuore, l’amore per la
vita. La terapia inizia da me, non posso guarire senza.”
Parole importantissime ed insegnamento esperienziale, come nelle gare difficili ed importanti non bisogna trascurare nulla, bisogna crederci, impegnarsi con il corpo, la mente ed il cuore.
Ci
sono crisi che come vengono così se ne vanno come succede in gare ultra? “Ci
sono momenti di sconforto, momenti in cui voglio mandare tutto al diavolo
perché la terapia stanca, fisicamente non mi sento la stessa persona, sul
mio corpo i segni di una donna che combatte da mesi per cacciare via il male.
Ma so di essere forte, ci vorrà un po’, ma come in tutte le gare sono
fiduciosa.”
Nella
corsa la forza ce l’hai nelle gambe, in questo caso dov’è la tua forza? “Io
credo che per ogni persona sia più facile affrontare una malattia quando si ha
una passione. In questo caso la mia è la corsa e anche se le gambe non
rispondono bene le tengo sveglie con delle lunghe passeggiate alternate a micro
corsette. Non nego di aver azzardato qualche gara e nessun rimorso. Sono un
ultra, ho bisogno di testa e gambe, il che vuol dire non arrendersi.”
Fa
tanta attenzione Mary al suo decorso, ma non può negarsi di vivere, corri e
cammina fa parte del suo stile di vita e l’aiuta ad apprezzare fino alla fine
il senso della vita, quindi si va avanti senza esagerazione, con attenzione e
senza eccessive privazioni.
Cosa
significa per te essere ultramaratoneta in malattia? “Tutto ciò che ho
fatto sino ad ora non è stata una perdita di tempo come possono pensare tanti.
Ho sempre vissuto la corsa come una palestra per supportare le difficoltà della
vita e oggi mi ritrovo a mettere in pratica quello che la corsa mi ha
insegnato.”
Qual
è stato il tuo percorso per arrivare a questa malattia? “Un percorso non
voluto, ma dovuto anche a mie negligenze. Sentirsi troppo forti talvolta è
dannoso.”
Quali
meccanismi psicologici ritieni ti aiutano ad andare avanti con coraggio e
resilienza? “Mi piace ridere e sdrammatizzare su ogni cosa, lo preferisco
piuttosto che piangermi addosso.”
Sempre solare, felice ed allegra Maria, molto contagiosa con tutti, ottimo approccio per affrontare la vita e qualsiasi situazione:
Cosa
pensano i tuoi famigliari ed amici di questa tua avventura che non era in
programma? “Bella domanda. Sinceramente a me dispiace più per loro, vista da
fuori la malattia fa più paura di chi la vive. Per questo ho voluto
allontanare amici e famigliari che si ponevano in modo negativo. Ma ho tanti,
ma tanti amici che mi sostengono e che non pensavo di avere, molti amici di corsa
e della mia società happy runners, non faccio nomi poichè potrei dimenticare
qualcuno, poi amici fuori dal mondo della corsa, tutti che tifano per me e
sostengono la mia famiglia. Insomma sono circondata da persone positive gioiose
e giocose come me.”
Si può dire che Mary ha una rete sociale molto consistente e consolidata e ciò è merito suo, ha saputo seminare e costruire attorno a se, ed ora può disporre di sostegno e supporto da parte di tanti.
Cosa
hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta in malattia?
“Nulla di nuovo, affronto la malattia come un evento naturale della vita, penso
che quando ti capita va vissuta come un esperienza di vita, e per quanto possa
sembrare assurdo ha anche i suoi lati positivi ad esempio il modo d intendere
la vita, non importa quanta ne resterà, ma la vivi in tutta la sua essenza.”
Hai
un sogno nel cassetto? I tuoi prossimi obiettivi? “Ultrarunner fino alla fine. Riprendere da dove ho lasciato.”
L’autoconsapevolezza
è molto importante per per conoscersi, per comprendere quello di cui si ha
bisogno, quello che si vuol fare della propria vita, a volte si va incontro a
situazioni impattanti che ti fanno aprire la mente, e la vita la puoi cambiare
se vuoi, si può diventare artefici del proprio benessere, si può decidere in
che modo si vuole che la propria storia prosegue.
Nel libro "Lo sport delle donne” riporto un’intervista a Maria Moramarco.
Maria è menzionata nei libri:
"Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida", Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH), giugno 2019.
Cosa significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza?
Matteo
SIMONE
380-4337230
- 21163@tiscali.it
Psicologo,
Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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