Matteo Simone
A volte ci si accorge che si può stravolgere il sensato, l’ordinario, le cose scontate, Massimo ci racconta come è passato da uno sport semi-professionistico come la canoa ad un altro faticoso ma gioioso come la corsa di lunghe distanze.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Credo proprio di sì…”.
Credo proprio che Massimo sia non solo un ultramaratoneta ma uno che vince tante gare di ultratrail.
Di seguito un lunghissimo elenco:
12.-13.07.2008 Gran Trail Valdigne 87 km; 26.06.2010 6ème Neander-Trail (FRA); 19.09.2010 Antico Troi degli Sciamani 69 km Ultra Trail; 29.05.2011 1^ Trail Alta Val Nure 50km; 16.-17.07.2011 1^ Marathon Trail Lago di Como 102km; 27.05.2012 2^ Trail Alta Val Nure; 14.07.2012 2^ Marathon Trail Lago di Como 106km; 27.10.2012 Krk Island Trail 50 km (CRO); 24.02.2013 1^ 6 ore Pastrengo Trail; 7.-28.04.2013 Tuscany Crossing 100 km trail; 26.-27.04.2014 Tuscany Crossing 102km cross; 04.-08.06.2014 1st 100km a tappe del Caribe Repùblica Dominicana; 6.-27.04.2015 Tuscany Crossing 103km trail.
Inoltre Massimo si è classificato al 10° posto e primo degli italiani nei giorni 29.-31.08.2008 al 6ème Ultra Trail Tour du Mont Blanc (UTMB) (FRA) 165km e nei giorni 07.-14.09.2014 si è classificato all’8° posto al 5° Tor des Géants - 330 km Endurance Trail della Valle d'Aosta 330km.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Significa
correre distanze un po’ fuori da quelle convenzionali, senza preoccuparsi
troppo.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?
“Vengo dal canottaggio semi-professionistico. Dovendo smettere per motivi di
lavoro, inizio a correre per mantenere la forma. Non so ancora il perché ma la
mia prima gara fu un Trail di 135 km (a quei tempi in Italia non esistevano
quindi dovetti andare in Francia dove ne esistevano 3 o 4) iscritto con una
preparazione sommaria, solo con l’idea di andare all’avventura. Fu invece l’inizio.”
Quando c’è la passione puoi fare tutto e
vuoi andare ovunque, ti senti invincibile ed inarrestabile.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Ho la
fortuna di avere un fisico che mi permette di venir fuori sulla distanza.
Soffro i primi 40 km, poi inizio a stare bene (di solito) ed entro nella mia
dimensione.”
Massimo ha scoperto un mondo parallelo, una sorta di rifugio dalla vita ordinaria per immergersi nella straordinarietà della corsa di lunga distanza.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di
smettere di essere ultramaratoneta? “Si, più volte. Un tendine di Achille
operato, una frattura al perone, una alla tibia, varie fasciti, pubalgie ecc.…
ma alla fine sono sempre riuscito a recuperare.”
Sembra alquanto resiliente Massimo, tanti fermi ma sempre rialzato e sempre pronto a ripartire per le imprese più ardue ma allo stesso tempo gioiose dove si ha la possibilità di sperimentare la vera essenza della vita.
Cosa ti spinge a continuare ad essere
ultramaratoneta? “Onestamente? Il fatto che dopo tanti anni (più di 15…) riesco
ancora a vincere o ottenere buoni risultati.”
Il vantaggio per Massimo è duplice non solo ha la passione, si diverte, ma riesce anche talmente bene che i risultati lo portano alla vittoria e quindi tutto diventa, oltre che più semplice, anche più allettante. Si evince una duplice motivazione: intrinseca per il divertimento, la passione e la sfida in se; e estrinseca per i riconoscimenti ricevuti.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “Molte volte, fortunatamente però la testa è intervenuta sempre in tempo,
facendomi desistere. E ne sono ben contento.”
Massimo riesce a far funzionare non solo le gambe ma anche la testa ed in questo modo non ci sono crisi che riescono a piegarlo o ad arrestarlo, con la testa allenata si va avanti, si trovano le modalità giuste per continuare la strada che ti porta al traguardo.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Sinceramente non l’ho mai capito. Vasco diceva che
‘è tutto un equilibrio sopra la follia’. Sono pienamente d’accordo. Il cervello
dopo tante ore o tanti km, si stabilizza in una dimensione propria, non si
pensa più alla fatica o allo stress psico-fisico, si va avanti e basta senza
quasi rendersene conto.”
Gli viene facile a Massimo, basta assecondare la follia e non preoccuparsi, tutto diventa più facile. L’importante è partire convinti e determinati e fidarsi di se stessi, il resto viene da solo. Si entra in una dimensione speciale che ti porta comodamente e gioiosamente avanti senza farsi arrestare dalle fantasie catastrofiche o limitanti.
La tua gara più estrema o più
difficile? “Sicuramente la Diagonale des Fous a La Reunion. Tecnicissima e
durissima: 2 partecipazioni e due ritiri, l’ultimo a pochi km dalla fine.”
Una gara estrema che ritieni non poter mai
riuscire a portare a termine? “La diagonale des Fous. Psicologicamente penso
che partirei già che l’idea di non finirla: l’approccio più sbagliato che ci
possa essere".
Importante avere la consapevolezza dei
propri limiti, è bene rispettarli e decidere quello che si può o non si può fare per evitare l’irrimediabile.
Ti va di raccontare un aneddoto? “In 15 anni me ne
sono successi tantissimi, uno dei più recenti mi è successo lo scorso mese in
Cina. Stavo correndo in pieno deserto, in autonavigazione. Ero in mezzo al
nulla e vedo in lontananza una tenda con delle bandiere rosse simili a quelle
dei C.P. della gara. Smetto di guardare il GPS e punto dritto lì. Quando arrivo
mi accorgo di che è una venditrice di meloni ed io ho fatto un errore che mi
costerà 2 ore di gara in più! Ma la mia domanda fu: ma a chi cavolo questa
vende i meloni in pieno deserto!!! Ma forse era solo un miraggio.”
Questo tipo di gare ti fanno
sperimentare anche miraggi, è importante fare attenzione ed
ascoltare i segnali del proprio corpo e rimanere sempre nel qui e ora attimo
per attimo, presenti a se stessi, per non trovarsi fuori pista soprattutto in
posti sconosciuti o dove le temperature cambiano nel giro di poche ore o dove
non si ha la possibilità di rifornirsi.
Tanta attenzione è importante per il
proprio benessere.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “A volte mi sorprendo ancora, quando sto per mollare c’è un
qualcosa che mi spinge a non farlo. Questa cosa mi è servita moltissimo anche
nella vita.”
E’ importante fare affidamento sulle
proprie risorse che si è mostrato di possedere nel passato, le tante crisi superate servono a fondare le basi per un
incremento di autoefficacia nel superare eventuali crisi nella vita, le
esperienze diventano la piattaforma ed il trampolino per nuove esperienze.
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Ho
fatto dell’ultra-maratona una ragione di vita. Chi mi è stato o chi mi è accanto
non mi ha mai fatto pesare la cosa e lavorando in proprio sono quasi sempre
riuscito a gestire bene la situazione.”
Amare qualcuno o qualcosa, significa
saper gestire momenti di vita individuali e comuni per prolungare la gioia della condivisione e la
passione per qualcosa di importante.
Ai fini del certificato per idoneità attività agonistica, fai
indagini più accurate? Quali? “Da quando sono nella squadra Nazionale di
Ultramaratona, ho la fortuna di essere monitorato in una clinica che ci
supporta, il cuore soprattutto è la parte che viene più tenuta sotto controllo.”
Massimo è in buone mani, si può affidare al team
messo a disposizione dalla Nazionale, così può esprimersi al meglio della sua
forma fisica nelle dure imprese di gare di corsa di ultra distanza.
Hai un sogno nel cassetto? “Si mi piacerebbe, in
futuro insegnare e trasmettere agli altri quello che l’ultra mi ha fatto imparare
e dato in tutti questi anni.”
Il sogno di Massimo non è una gara da vincere o da
portare a termine perché considerata forse impossibile, ma di continuare a star
bene con se stesso trasmettendo insegnamenti di vita appresi durante la sua
lunga carriera sportiva. Grande merito a Massimo per le sue gesta sportive ed i
suoi intenti encomiabili.
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