Matteo SIMONE
Qualche tempo fa feci alcune domande a Federico, interessandomi al mondo
delle gare considerate estreme soprattutto per i profani o i neofiti della
corsa. Successivamente ho avuto mondo di incontrarlo e conoscerlo di persone in
alcune gare di ultramaratona.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Ultramaratoneta
è un termine per definire chi corre più di 42 km. Per me l'ultramaratona è
passione gioia di correre.”
Per chi ama correre come Federico, non esiste
estremo ma puro godimento nel correre le lunghe distanze, importante è
prepararsi da tutti i punti di vista, muscolare, alimentare, abbigliamento,
mentalmente.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un
ultramaratoneta? “Diciamo che mi sono avvicinato quasi subito all'ultra questo
mondo l'ho scoperto grazie ad un amico che mi raccontava di queste fantastiche
gare, ho fatto una follia prima della maratona ho corso la pistoia abetone.”
Si scopre attraverso amici, l’esistenza di gare di
lunga durate ed a volte si accorciano i tempo e ci si arriva senza rispettare
la gradualità, ci si fionda iin queste lunghe e dure avventure.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La gioia
di correre di conoscere persone nuove e di sfidare sempre me stesso.”
E’ un mondo che affascina, si conosce gente che
condivide questa pazza passione e ci si rincontra nelle gare più diverse e più
ardue. Diventano ciliegie, una tira l’altra e sempre più lunghe o difficili.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Forse solo una volta ma ero agli inizi avevo problemi ad un
ginocchi dopo i 60 km e mi toccava rallentare bruscamente nella seconda metà di
gara poi ho risolto il problema e da li non mi sono più fermato.”
Per ogni problema c’è almeno una soluzione, e questo
succede anche in questo sport, quando non va bisogna decidere di cambiare
qualcosa o comunque correre ai ripari e si scopre che una soluzione c’è basta
documentarsi, informarsi, provare a cambiare.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
“Si quando si osa si porta il tuo fisico al limite e li che inizia la sfida con
te stesso.”
Quello che affascina è anche la sfida, il provare ad
alzare di un pochetto sempre l’asticella della difficoltà e ti accorgi che se
vuoi ce la fai ad osare un po per volta.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Non saprei dire mi piace correre ho trovato
nell'utramaratona un modo per staccarmi dalla vita frenetica di tutti i giorni
e quello mi rilassa mi fa star bene. Interpreto tutte le gare come dei lunghi
viaggi.
L’ultracorsa diventa un mondo parallelo alla
quotidinaità della vita frenetica, un’occasione per meditare correndo, per
sperimentare benessere e gioia, un luogo sicuro, un lungo viaggio.
Quale è stata la tua gara più estrema o più
difficile? “Penso che la gara più difficile sia la 24h sia fisicamente che
psicologicamene.”
La corsa prolungata mette alla prova sia il fisico
che la mente, per quanto riguarda il fisico bisogna essere allenati e sapere
come il proprio fisico può affrontre una determinata gara, per quanto riguarda
la mente bisogna utilizzare delle strategie che ti portano ad avanzare con i
metri ed i chilometri nel tempo senza che la fatica ti colga impreparato e
sapendo come dialogare con la grisi che è sempre in agguato lì pronta per
metterti alla prova.
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Inizialmente non erano molto contenti adesso
come possono mi seguono e mi fanno assistenza.”
In genere, la famiglia da una parte lamenta la
continua assenza per gli allenamenti o gare, dall’altra parte è preoccupata per
la salute ma poi si scopre che l’ultracorsa diventa un rimedio quasi
terapeutico e quindi asseconda, partecipa e sostiene quando può.
Ti va di
raccontare un aneddoto? “Ti posso raccontare di come la nostra testa sia
importante in questo tipo di gare e di come basti poco per superare una crisi. Stavo
partecipando alla mia prima 24h dopo una buona metà gara insorgono i primi
problemi, stanchezza fatica ecc. io ero andato con l'obbiettivo di fare almeno
220km. Ad un certo punto non volevo più quasi correre il mio
assistente/allenatore mi ferma un attimo e trova le parole giuste riattiva in
me la voglia di correre l'ultima ora di gara dovrei averla corsa più forte
addirittura della prima... questo per dire che su questo tipo di gare o ti
fermi per veri problemi fisici altrimenti tutto il resto è superabile, chi ci
riesce può arrivare a grandi cose.”
Come dicevo la crisi è sempre un agguato ed allora
bisogna tirare fuori le risorse personali mentali per cercare di dribbblare la
crisi e convincere se stessi di poter andare avanti, questo lo si apprende con
l’esperienza e se ne traggono lezioni importanti per affrontare le crisi della
vita.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Penso di essere più sicuro di me ho vinto qualche paura che
prima avevo.”
Infatti superare le crisi e portare a termine grandi
imprese aiuta ad accrescere l’autoefficacia ed a sentirsi più sicuri nel mondo parallelo
quotidiano della vita frenetica.
Hai un sogno nel cassetto? “Si riuscire di fare più
di 240km nella 24h correre la badwater e la Marathon de sables.”
Federico ha un cassetto capiente che può contenere
tnti sogni, forse un po ingordo o forse questa ultradisciplina sportiva gli da
tanta sicurezza con un’autoefficacia alle stelle, ma tanto di rispetto e tanta
vicinanza per le sue ardue imprese. DAJE Federico!!!
Alla 1^ edizione della 100km running dei due mari con partenza da
Curinga, giro di boa al Golfo di Squillace ed arrivo sempre a Curinga, Federico,
felice, di corsa, scortato dai Carabinieri e dall’autoambulanza, giunge al
traguardo in solitaria, con il vantaggio di circa 1 ora sul secondo con il
tempo di 8:25:09, a seguire Angelo
Iademarco, Podistica Avis Campobasso, con il crono di 9:17:26; terzo arriva il
lettone Janis Actins con il tempo di 9:22:10. Una gara organizzata dall’ultramaratoneta Giovanbattista Malacari, Presidente
del Comitato organizzatore.
Matteo
SIMONE
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