Matteo SIMONE
Ci sono gare in tandem di endurance considerate estreme da fare a coppia e questa è un’esperienza che hanno fatto due miei amici Vito Rubino e Palas Policroniades.
Loro due, coppia anche nella vita, hanno partecipato
al Tour Divide che è
la gara di mountain bike più lunga al mondo, 4500 km non-stop e in
autosufficienza sulle Montagne Rocciose.
La gara va dal Canada al Messico e
accumula 60,000 metri di dislivello. I concorrenti sono responsabili di portare
tutto l’occorrente tra cui cibo, acqua, e attrezzatura da campeggio.
Non è possibile
avere nessun aiuto esterno preorganizzato.
Vito Rubino e Palas Policroniades ce
l’hanno fatta, in 30 giorni e 16 ore, usando una mountain bike in versione
tandem. Sono stati gli unici a completare la gara in tandem quest’anno e sono i
quinti in assoluto a partecipare in tandem.
Interessante
conoscere la loro esperienza di gara di coppia con tutte le difficoltà che
hanno potuto trovare durante il percorso da quelle fisiche ma anche di
manutenzione di gestione dei tempi di recupero, ecc., di seguito si raccontano
rispondendo ad alcune domande.
Era
quello che vi aspettavate o ci sono state sorprese positive o negative? “Sapevamo che sarebbe stata dura. Ma ci siamo
autoconvinti che poteva essere (quasi) una vacanza. Ed è stato un grande errore
perché anche se le distanze giornaliere non sono enormi (facevamo circa 110-210
km al giorno) le difficoltà sono innumerevoli. Il percorso è caratterizzato da
un dislivello pronunciato con dei passi oltre i 3600 metri e delle pendenze
rilevanti. Ci sono numerose sezioni tecniche da rocciose a fangose a sabbiose.
In aggiunta le condizioni metereologiche avverse tra vento, temporali,
grandinate, nebbia o sole cocente, e differenze di temperatura di 40°C in un giorno rendono il tutto una vera sfida.
E poi
bisogna risolvere i problemi meccanici da soli, per lo meno quando occorrono in
luoghi remoti, tipicamente succedono di notte, quando piove, e su un sentiero
fangoso. E bisogna provvedere all’approvvigionamento, a cucinare (per non
mangiare solo barrette energetiche) e ad accampare, per lo più in posti isolati
e senza acqua. Mentre siamo riusciti a calcolare il tempo necessario per
coprire la distanza giornaliera prefissata prima di partire, per noi è stato
difficile calcolare i tempi necessari per tutto il resto fino a quando non
abbiamo iniziato la gara. Li ci siamo resi conto che ce l’avremmo potuta fare
soltanto se avessimo dormito circa 4 ore a notte, brutta sorpresa, oppure se il
percorso fosse diventato più facile, magari meno roccioso o fangoso e/o
avessimo avuto condizioni meteorologiche favorevoli e non avessimo avuto
problemi meccanici, allora saremmo stati notevolmente più veloci e avremmo
potuto dormire di più, il che sarebbe stata una sorpresa positiva, ma purtroppo
non è mai arrivata. D’altra parte siamo stati positivamente sorpresi da
paesaggi spettacolari e da una natura sconfinata, attraversando la spina
dorsale degli Stati Uniti tra montagne, valli e ruscelli senza quasi mai vedere
nessuna grande città.”
La cosa bella è l’esperienza
di coppia che può scoppiare se nelle crisi uno dei due cede oppure si può
fortificare scoprendosi l’un l’altro, conoscendosi meglio in situazioni
considerate di stress. In simili circostanze ci si guarda quando c’è un
problema e ci si sostiene a vicenda solo con lo sguardo, ognuno conosce le
proprie capacità e competenze, ognuno sa quando e come intervenire in ogni fase
di questa gara durissima. Una cosa è certa, dopo una simile esperienza si torna
a casa con un’elevatissima autoefficacia e fortemente resilienti, superate le
situazioni della lunga gara, si può affrontare qualsiasi cosa ed assieme è
molto meglio.
Avete mai
rischiato di rinunciare per problemi fisici o di bici? “Più volte. Abbiamo avuto seri problemi meccanici che
potevano impedirci di continuare. Se si rompe un componente quando sei a
centinaia di chilometri di distanza dal meccanico più vicino inizi a
preoccuparti. Per fortuna, portavamo
diverse parti di ricambio con noi, il che ci ha permesso di risolvere i
problemi al volo e di andare avanti. Non abbiamo invece avuto problemi fisici,
almeno per i primi 23 giorni. Poi abbiamo iniziato a soffrire nelle parti più
remote del New Mexico dove c’erano pochi punti di rifornimento e dove siamo
rimasti senza acqua e senza cibo in diverse occasioni. Fino ad allora avevo
perso solo 7 Kg. Poi abbiamo preso la
giardia (una famigerata infezione intestinale) bevendo acqua contaminata, e
questo ci ha causato seri problemi allo stomaco e difficoltà a trattenere cibo.
Sfortunatamente questo è successo proprio prima di affrontare le salite più
difficili della gara. Ci sentivamo così deboli che pensavamo di non poter
continuare. Ma è proprio nei momenti più difficili che si decidono le sorti
della gara, ed è quando si vince o si perde se stessi.”
Esperienze e
racconti interessanti, lo sport che ti consuma e logora fisicamente e
mentalmente, lo sport che ti fa preoccupare ma impari a trovare una soluzione,
ad andare avanti a credere in te ed a gestirti in relazione al partner, se uno
cede l’altro è costretto a cedere, c’è una sorta di armonia tra i partner,
mollare un pochetto a turno e l’altro, in quei casi, diventa il coach di se
stesso, dell’altro e della coppia. Imparare a reagire, a superare situazioni, a
resistere, a continuare finché si può.
Avete
usato strategie per convincere l’altro a resistere e andare avanti o per
recuperare? “Eravamo
sulla stessa bici, quindi non c’erano altre opzioni. A meno che uno dei due non
decidesse di lasciare l’altro da solo, il che stava quasi succedendo alla fine
del primo giorno. Palas non ne poteva più e ha minacciato di farmi continuare
da solo, fortunatamente ha cambiato idea il giorno dopo.”
Si impara a
stare sugli stessi ritmi, a rispettare il passo dell’altro, diventa un’impresa
a due, entrambi contribuiscono al risultato con i propri tempi e con le proprie
modalità.
L’ho sperimentato anch’io in occasione di un tour anticorrida con un
compagno molto più forte che era costretto ad aspettare, ma più di tanto non
potevo fare di più e mi aspettava spesso. Altra esperienza è correndo come
guida di atleti con disabilità visiva, importante essere attenti ai ritmi
dell’altro senza strafare, senza pretendere.
Avete
scoperto qualcosa in più di voi stessi, dell’altro, della coppia? “Abbiamo scoperto che lo spirto di squadra ci permette
di sconfiggere ostacoli apparentemente insormontabili, come quando di notte
sotto la pioggia pedalavamo sui passi del Colorado oltre i 3500 metri. Questo
stesso spirto di squadra è fondamentale nella nostra vita di coppia, per fare
da parte i nostri egoismi, e lottare per un progetto comune.”
Queste
esperienze difficili diventano il sale della vita di coppia, spesso si ritorna
a ricordare immagini e momenti di superamento di difficoltà insieme, con tutte
le sensazioni ed emozioni che si sono sperimentate, la fiducia che si
sperimenta l’un per l’altro, la sicurezza che si riceve dall’altro.
Potete
descrivere l’intesa, la complicità e l’attitudine a comprendere il punto di
vista dell’altro? “La
complicità era nell’avere un obiettivo in comune, nel non volersi arrendere mai
e nella disposizione a risolvere i problemi, anche quando insorgevano nei
momenti meno opportuni. Comprendere il punto di vista dell’altro poteva essere
utile ma non necessario visto che eravamo in ‘modalità di sopravvivenza’. Ciò
che contava era andare avanti.”
In molti aspetti
della vita, si fanno i conti con imprevisti e difficoltà, ma bisogna sempre
rialzarsi e ristrutturare la propria vita, rimodulare i propri progetti,
assieme è meglio si hanno più punti di vista da considerare, ci si completa
caratterialmente.
Quale è
un’immagine della fatica durante l’impresa? “Affrontare le salite più difficili della gara nelle
condizioni fisiche peggiori. Dopo aver preso la giardia, io ero cosi debole che
riuscivo a malapena a camminare. Pedalare su quelle salite sotto il sole
cocente del New Mexico sarebbe stato già difficile normalmente. Noi ci siamo
fatti forza l’uno con l’altro e abbiamo spinto fino a raggiungere il punto più
alto alle 2 di notte, sperando che le cose sarebbero migliorate il giorno dopo.
Invece sono peggiorate. Era come attraversare un inferno. Allora abbiamo
pensato a quella frase di Winston Churchill: ‘Se stai attraversando l’inferno,
vai avanti e non ti fermare’.”
Questa è
un’esperienza infernale che potrebbe essere la sceneggiatura di un film di
avventura nella natura.
Quale è
stata l’immagine naturalistica che più è rimasta impressa? “Se ci fosse solo un’immagine non sarebbe valsa la pena
fare tutto il percorso. Le immagini dei paesaggi che abbiamo attraversato sono
tutte collegate come nella pellicola di un film, lunga dalle Montagne Rocciose
del Canada fino al deserto del Chihuahua del Messico.”
Cosa
avete scoperto durante questa lunga impresa insieme? “Abbiamo scoperto che con la determinazione, la
passione e la grinta si possono raggiungere obiettivi altrimenti inaccessibili.
Queste caratteristiche ce le porteremo dietro ben oltre il Tour Divide per
affrontare le difficoltà quotidiane.”
Come dicevo
la gara è stata una palestra per apprendere a vivere molto meglio nella
quotidianità, certo tornare a casa ti vengono a mancare le bellezze,
sensazioni, emozioni a contatto della natura con tutti gli odori, i suoni, i
silenzi, i colori, ma si può riuscire ad immagazzinare tutto ciò sulla propria
pelle.
Riporto l’esperienza raccontata dalla coppia Palas Policroniades e Vito Rubino, dal Canada al Messico in mountain bike tandem per 30 giorni, nel libro “Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti” di Matteo Simone.
Editore: Prospettiva Editrice. Collana: Sport & Benessere. Data di Pubblicazione: 2018.
Vito è menzionato nei libri:
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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