STEFANO SEVERONI
Tra le prime maratone e quelle dei nostri
giorni, quasi a metà di questo periodo di tempo, fu di rilievo la gara di Abebe
Bikila alle Olimpiadi di Roma 1960.
Qui l’atleta africano nato il 7 agosto 1932 a Mout, sulle montagne della Shoa,
tagliò il traguardo vincitore, dopo aver percorso il tracciato capitolino senza
scarpe ai piedi. L’etiope Bikila fino all’età di diciannove anni aveva lavorato
la terra; poi, dopo essersi arruolato nell’esercito etiopico, divenendo soldato
semplice della guardia del Corpo dell’imperatore, all’età di ventiquattro anni
cominciò a correre.
Bikila, alto 1,75 m per 60 kg di peso, aveva iniziato a
correre nel 1956, mostrandosi il più ricco di talento del gruppo. Il suo
allenatore, l’istruttore sportivo Onni Niskanen, non aveva lasciato nulla
d’intentato nella preparazione dei suoi atleti, creando un campo d’allenamento
a quasi 2˙000 m di altitudine, ove Abebe si forgiò, sino a raggiungere il
calibro olimpico. Niskanen fece costruire una sauna, al fine di ritemprare gli
atleti al termine delle loro sedute di allenamento. Ricostruzioni approfondite
ci conducono a ritenere che quella a cui prese parte a Roma, era la terza
maratona ch’egli correva nella sua ancora breve carriera sportiva. Il test finale eseguito da Niskanen in
quota, non rivelava un gran che, ma chiarì al tecnico finlandese su quale
cavallo puntare per la spedizione romana.
Ai Giochi Olimpici di Roma 1960, sulla gara di maratona i tecnici puntavano sul piccolo sovietico Sergey Popov. Se proprio un africano doveva essere estratto dal lotto degli aspiranti vincitori, questi era semmai il marocchino Rhadi Ben Abdesselem. La gara partì alle ore 17.30 di sabato 10 settembre 1960 con 23° di temperatura e 72% di umidità, con 69 concorrenti provenienti da 35 nazioni (al traguardo ne arriveranno in 62, quindi 7 ritirati). Durante la gara romana Popov sparì presto e rimasero soli dopo il 20° km, Rhadi e Bikila. I due imboccarono la via Appia, antichissima strada romana, mentre scendeva la sera, il che rendeva assai difficoltoso distinguere i corridori di pelle scura nello sfondo arrossato del tramonto capitolino.
Bikila correva a piedi nudi, scatenando con ciò la discussione tra i
commentatori della gara, su tale scelta. Niskanen e Abebe avevano optato di
evitare ogni tipo di calzatura su quei ciottoli irregolari, facendo affidamento
su di un piede avvezzo al duro e arido terreno abituale di allenamento. La
battaglia tra la folla si andava progressivamente schierando a favore del
corridore scalzo etiope con al petto il numero 11, ignoto ai più. Egli scendeva
dagli altipiani africani, al fine di trasferire la leggerezza naturale delle gazzelle,
“animali di razza” nel mondo cosiddetta della “civiltà”. Al 20° km la coppia
africana formata da Bikila e Rhadi aveva aperto una sensibile breccia e il
cronometro segnava per loro, il parziale di 1h02’39”. Li seguiva
Vandendriessche (1h03’05”) a quasi mezzo minuto, quindi Keily 15” più tardi.
Gli europei non erano in grado di tenere testa al passo spaventoso degli
africani, per poter contrastare la palese progressiva egemonia. Rhadi e Bikila
conservarono la loro andatura spedita, transitando al 25° km lungo il Raccordo
Anulare, in 1h18’47”. Magee e Popov erano ora al 3° posto (1h22’11”), non
direttamente a contatto con gli uomini di testa.
Con 12 km ancora da
percorrere, i corridori imboccavano la via Appia Antica, dirigendosi verso il
traguardo finale. Al 30° km la coppia africana aveva quasi 2’ di vantaggio
sull’altra coppia formata da Magee e Popov (1h34’29” contro 1h36’52”). Al 35°
km i due passavano quasi volando in 1h50’27”, seguiti da Magee (1h52’29”) e
Popov (1h53’37”). Al 40° km Magee si produceva in uno sforzo sovrumano per
raggiungere gli africani e, mentre Bikila transitava in 2h08’33”, con alle sue
spalle Rhadi, Magee seguiva a non più di 1’26”. Infine, lungo la via Appia,
illuminata suggestivamente con le fiaccole, Bikila rintuzzava un disperato
tentativo del marocchino di farsi avanti, e nel tratto conclusivo portava il
suo vantaggio a 25”, correndo senza apparente sofferenza verso l’Arco di
Costantino. Il tempo finale di Bikila (2h15’16”) era la nuova migliore
prestazione mondiale, per meno di 1”, mentre il detentore Popov, assai
staccato, concludeva al 5° posto. Abdesselem si classificava al 2°
posto, mentre Magee ‒ meglio conosciuto come campione della pista ‒ 2° nel
Campionato di Maratona 1960 della Nuova Zelanda, riusciva a precedere il
sovietico Vorobies.
Questi in sintesi i passaggi e la classifica
finale dei primi al traguardo:
ATLETA/PASSAGGI
|
5 KM
|
10KM
|
15KM
|
2
20 KM
|
25 KM
|
30 KM
|
35 KM
|
40 KM
|
42 KM
|
1) A. Bikila (Eth)
|
15’35”
|
31’07”
|
48’02”
|
1h 1h02’39”
|
1h18’47”
|
1h34’29”
|
1h50’27”
|
2h08’33”
|
2h15’16”
|
2) R. ben Abdesselem (Mor)
|
15’35”
|
31’07”
|
48’02”
|
1 1h02’39”
|
1h18’47”
|
1h34’29”
|
1h50’27”
|
2h08’33”
|
2h15’41”6
|
3) B. Magee (Nzl)
|
1 1h03’41”
|
1h22’11”
|
1h36’52”
|
1h52’29”
|
2h09’59”
|
2h17’18”2
|
|||
4) K. Vorobiev (Sov)
|
2h19’09”6
|
||||||||
5) S. Popov (Sov)
|
1 1h03’41”
|
1h22’11”
|
1h36’52”
|
1h53’37”
|
2h19’18”8
|
||||
25) A. Keily (Gbr)
|
15’35”
|
31’07”
|
48’02”
|
1h 1h03’20”
|
1h22’34”
|
2h27’00”
|
Tabella 1
Con una vittoria nella terra dei conquistatori, quale quella ottenuta tra le tracce dei fasti dell’antica Roma imperiale, Bikila cancellava a “passo di corsa” un’epoca di dominazione, dando inizio alla piccola grande storia di un mito quale quello di un atleta “purosangue”.
Come si è già accennato, Bikila fu forgiato
fino a raggiungere un calibro olimpico su un campo di allenamento in patria, a
un’altitudine di quasi 2˙000 mslm. Là si allenavano i membri delle forze
armate, oltre alle guardie personali di Selassìe. I programmi di allenamento di
Niskanen, tecnico degli etiopi, nella preparazione per la maratona di Roma
comprendevano un misto di corsa campestre, e ascensioni sull’ostico e forgiante
terreno montuoso etiope. Vi rientravano anche corse su strada della distanza di
20 miglia cioè 32,186 km, eseguite con o senza scarpe, più lavoro frazionato,
principalmente corse di 1˙500 m in pista. Dopo la data della gara olimpica
romana, si venne a conoscenza che Bikila aveva vinto prove sulla distanza
completa, nei mesi di luglio e agosto, poco prima della maratona olimpica.
Nella prima di queste, egli siglò un modesto 2h39’50”, che migliorò
sensibilmente in una seconda successiva prova, vincendo in 2h21’23”, con 9’ di
distacco dal suo compatriota Abebe Wakgira. Tali corse si effettuarono entrambe
nella capitale Addis Abeba, quindi a poco meno di 2˙000 m di altitudine, con
un’aria assai rarefatta; quindi la seconda prestazione fu veramente
straordinaria.
La vittoria romana di Bikila, unita al 2°
posto del valido marocchino Abdesselem, sancirono l’affermazione di campioni
provenienti dal Continente africano, attesa da tempo. Sino ad allora solamente
Zatopek aveva corso con maggiore velocità di Rhadi. Quest’ultimo fu campione
internazionale di corsa campestre nel 1960 e abbassò la sua migliore
prestazione cronometrica sui 10˙000 m a 29’20”8, quattro settimane prima della
maratona di Roma; perciò la vittoria di Bikila acquista ancor maggior valore di
eccellenza per quei tempi e in assoluto.
STEFANO SEVERONI
Nessun commento:
Posta un commento