Sicuramente a spingere una persona a raggiungere i record è una elevata motivazione intrinseca, cioè il piacere di fare, ma vi è anche una componente di motivazione estrinseca, cioè il piacere derivante dall’avere un riconoscimento dagli altri; le persone si interessano al recordman, si parla di lui.
Inoltre,
vi è l’autoefficacia che spinge una persona a fissare obiettivi sempre più
difficili, cioè sapere di saper fare, il riuscire in qualcosa incrementa l’autoefficacia
e la persona ci crede nella realizzazione delle sue imprese.
La
persona anticipa mentalmente i propri successi e si convince di riuscire in
quello che si prefigge e per questo si impegna al massimo utilizzando sia le
risorse personali: dotazioni fisiche e mentali; sia risorse di allenatori,
staff medico, psicologo eventualmente.
Lo
psicologo dello sport lavora su diversi ambiti; sul goal setting, cioè
contribuisce a stabilire obiettivi condivisi, raggiungibili anche se difficili.
Lavora
sull’autoefficacia, cioè invita a fare un riesame di precedenti successi e
individuare quali risorse hanno contribuito al successo, quale talento,
caratteristica.
Lavora
sulla motivazione, sul piacere di fare una cosa; l’impegno e l’allenamento, in
vista della prestazione, diventano un’occasione per sperimentare benessere.
Lavora
sul rilassamento pre-gara ma anche sulla giusta attivazione pre-gara che
dipende dalla disciplina sportiva; per esempio per una gara di 100 m bisogna
avere un’attivazione elevata, mentre per il tiro con l’arco è necessaria una
bassa attivazione.
Lo
psicologo dello sport si occupa inoltre di benessere e di prevenzione, attuando
progetti per motivare le persone a intraprendere qualche forma di attività
fisica, lavorando sull’autoconsapevolezza delle persone.
Lavora anche per raggiungere le prestazioni di picco, la
performance ottimale.
Lavora con visualizzazioni, chiede alla persona di
immaginare il gesto sportivo da compiere, in modo che l’atleta possa
sperimentare anticipatamente come sarà la sua prestazione e quale parte deve
migliorare.
Lavora con le squadre per fare un lavoro di coesione di
squadra, di obiettivi condivisi.
Aiuta a gestire il successo e il fine carriera supportando l’atleta
per prevenire l’uso del doping.
Riepilogando:
lavora con atleti professionisti e non professionisti; utilizza tecniche di
rilassamento, lavora per obiettivi, per la gestione di ansia e stress, per
stimolare il pensiero positivo, per la promozione del benessere psicofisico,
per promuovere negli atleti abilità di mental training, rilassamento,
capacità a prefiggersi delle mete, abilità nelle visualizzazioni, nella
gestione dell’energia psicofisica, nell’attenzione e concentrazione.
La
Resilienza e l’Autoefficacia sono concetti importanti nella psicologia dello
sport, ma anche nella vita in generale, per raggiungere i propri obiettivi in
qualsiasi campo.
Il
termine Resilienza deriva dalla metallurgia; indica la proprietà di un
materiale di resistere a stress, ossia a sollecitazioni e urti, riprendendo la
sua forma o posizione iniziale (immaginate di schiacciare una pallina da
tennis), le persone resilienti possono affrontare efficacemente momenti o
periodi di stress o disagio.
Walsh
(2003) la definisce come «l’abilità di resistere e far fronte alle sfide
distruttive che a volte la vita impone, l’abilità di lottare, superare gli
ostacoli e andare avanti del soggetto al fine di poter vivere e amare
pienamente».
È
quello che avviene negli sport di endurance, resistere e andare avanti, lottare
con il tempo cronologico e atmosferico, con se stessi, con i conflitti interni;
a volte sei combattuto e indeciso, tentato a fermarti, riposare, rinunciare.
Importante è amare sempre se stessi, la vita, e avere un’elevata passione e
forte motivazione in quello che si fa.
Gli
atleti sperimentano sicurezza nel riuscire a portare a termine tali
competizioni estenuanti, sentono di valere, di avere forza mentale, di saper
prendere decisioni, di percepirsi leader, in sostanza aumenta l’autoefficacia
personale nell’ambito sportivo, si sentono riconosciuti dagli altri, si
scoprono di possedere capacità insospettate: l’ultracorsa diventa una palestra
di vita.
Quando
la fatica sembra troppa, a volte la mente si può spaventare, impigrire, sottovalutare e allora c’è il rischio di fermarsi, di rinunciare, ma se la mente è ben
allenata su aspetti mentali relativi all’autoefficacia, al crederci, al focalizzarsi
sul qui e ora, si è più resilienti e si riesce a gestire e superare crisi nel momento, la fatica appare più gestibile e si è più propensi a faticare. Il corpo ci mette il 50% e la mente l’altro 50%,
e insieme corpo e mente giungono al traguardo stanchi ma soddisfatti, diventa
una fatica che ripaga.
Esperienza
comune degli ultrarunner l’aumento dell’autoefficacia e lo sviluppo della
resilienza. Partecipare a gare impegnative, dove la vittoria consiste nel
terminare la gara, ti fa sentire più sicuro. In gare impegnative e lunghissime
con terreni difficili, c’è sempre un imprevisto, un problema, una crisi da
superare.
Quando
si arriva, dopo aver superato gli imprevisti, ti senti felice e consideri che
qualsiasi problema può essere affrontato. C’è sempre una soluzione se si è
fiduciosi e pazienti.
(Tratto da Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida, Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH), giugno 2019
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