domenica 19 aprile 2020

Non molliamo, torneremo a far correre anche gli atleti con disabilità visiva


Siamo tutti coinvolti, milioni di persone e alcuni non reggono lo stress, il dolore, la privazione, la costrizione, la mancanza di libertà. 

Non molliamo, torneremo anche a far correre atleti con disabilità visiva.
Da soli le persone con disabilità hanno difficoltà a fare sport o sono quasi impossibilitate, ed allora perché non offrire un po’ del nostro tempo per dedicarsi a questa attività? Insieme si ottengono risultati importanti un miglioramento della prestazione sportiva e del benessere della persona non vedente ma diventa anche una messa alla prova per le guide, per sperimentarsi accanto agli altri, provare a guidare un’altra persona, stargli accanto, sintonizzarsi sullo stesso respiro, sulla sua fatica, sui suoi ritmi, e la competitività e il benessere oltre che individuale diventa duale e poi di gruppo, di squadra.

Tra i tanti c’è Sandro Mille, che conosciamo attraverso risposte ad alcune mie domande.
Come hai scelto il tuo sport?
Volevo intraprendere un'attività sportiva che richiedesse uno sforzo moderato ma costante e, grazie alla generosità degli atleti dell'associazione sportiva La Sbarra, ho iniziato a praticare la corsa. Essendo io un ipovedente ho grande difficoltà nel muovermi in autonomia per cui era impensabile correre per me.
Quali sono le difficoltà e i rischi? A cosa devi prestare attenzione?
“Nella mia condizione di ipovedente per correre ho bisogno di affidarmi al 100 x 100 ad un atleta guida. Ciò significa che io, prima di tutto, devo sviluppare da subito un principio di intesa col mio accompagnatore. Devo essere sempre attento alle segnalazioni che mi vengono comunicate relative a variazioni di terreno, deviazioni di percorso, ostacoli improvvisi e non. Per cui prima del fisico io ho bisogno di allenare l'affiatamento con la persona che mi guida per trovare una buona sintonia.”
Nello sport cosa e chi hanno contribuito al tuo benessere o performance?
Fortunatamente sono venuto a conoscenza del progetto Achille's International... Ed eccoci qua: atleti volontari dell'Associazione Sportiva La Sbarra che aiutano atleti non vedenti e ipovedenti a correre. Sia in allenamento che in gara Atleta Guida e Atleta non vedente procedono affiancati, uniti polso a polso attraverso un cordino. Ci vuole accortezza e sensibilità e i ragazzi de La Sbarra riescono a compiere l'impresa di guidare un atleta disabile per mano fino al traguardo. È una cosa molto impegnativa ma sanno farla con naturalezza e delicatezza.

Un’intervista a Sandro è riportata nel libro “Sport, benessere e performance. Aspetti psicologici che influiscono sul benessere e performance dell’atleta”, Prospettiva Editrice.
Tali atleti per partecipare a diverse attività agonistiche ed amatoriali, necessitano di allenarsi e, quindi, essere accompagnati in queste attività da “guide sportive” ossia persone, disponibili ad indicargli il percorso, a porgergli un braccio, a farli evitare buche e ostacoli.
Ognuno di noi si può sperimentare come guida negli allenamenti ed in gara, mettendo da parte qualsiasi forma di competizione estrema e dedicandosi all’altro con generosità e scoprendo cosa significa correre con una disabilità come la vista
Di seguito Federica racconta la sua esperienza di atleta rispondendo a un mio questionario.
Come hai scelto il tuo sport?
Nel corso della mia vita ho praticato molti sport e discipline: il cavallo (equitazione e volteggio) è quello che ho fatto per più anni (undici), ho fatto nuoto da piccola (l’ho ripreso ora), ginnastica, danza moderna, pilates, baseball per non vedenti, judo e spero di non averne dimenticato nessuno. La motivazione che mi ha spinto ad iniziarli è stata spesso la curiosità di provare una cosa nuova. Lo sport al quale sono affezionata di più è il cavallo, che ho smesso per gli impegni della vita in quanto i maneggi spesso sono fuori città e ci vuole tempo (ed una macchina che io non ho) per raggiungerli. Attualmente gli sport che pratico sono il nuoto e la corsa. Il nuoto l’ho incominciato perché è uno sport completo e poi volevo vedere se era realmente noioso com’ero convinta, ma anche e soprattutto perché volevo vincere una sfida contro me stessa: nuoto è uno sport che io già praticai prima di avere il tumore (prima dei cinque anni), una volta guarita, ho avuto il rifiuto di nuotare e soprattutto di andare nell’acqua dove non toccavo. La sfida l’ho vinta perché ora nuoto e vado anche nell’acqua alta, inoltre ho constatato che il nuoto non è uno sport noioso. La corsa invece l’ho incominciata perché prima di conoscere Achille’s non pensavo che chi avesse problemi di vista potesse correre, quindi anche questa seconda è stata una “sfida” per vedere se riuscivo a correre.”

Nuove sfide per sperimentarsi e mettersi in gioco, per dimostrare a sé stessi e agli altri che i limiti sono solo mentali, si può provare tutto e decidere se si tratta di qualcosa di stimolante.
Lo sport ti rimette al mondo ogni volta in modo diverso, ho avuto modo di conoscere Silvia attraverso gli appuntamenti di corsa con atleti con disabilità visiva e di seguito Silvia si racconta rispondendo a un mio questionario utile per approfondire il mondo degli atleti.
Qual è un’esperienza che ti dà la convinzione che ce la puoi fare?
Il 2016 è stato caratterizzato da diversi problemi personali e di salute e questo mi ha impedito di allenarmi come avrei dovuto, di conseguenza dopo un oro nella qualificazione, sono arrivata alla finale del Campionato italiano di Roma, troppo carica di ansia e mi sono classificata tra gli ultimi. Nel frattempo ho cominciato a lavorare, quindi ho pensato che era ora di lasciar perdere, dato che non ritenevo di poter gestire lavoro, studio e sport insieme. Dopo averci riflettuto parecchio ho ripreso l’allenamento di scherma una sola volta a settimana senza alcun tipo di aspettativa. Ero anche parecchio demotivata. Dopo una gara di qualificazione chiusa al quinto posto, ho ricominciato a credere che con un po’ di determinazione in più potevo anche farcela, ma ero ancora convinta che quella del 2016/17 sarebbe stata la mia ultima stagione schermistica. Questo fino a che un giorno un mio amico non mi ha proposto di andare con la sua squadra a fare una corsa di circa 5 km, per una raccolta fondi e dopo un anno che non correvo, anche se con moltissima fatica, sono riuscita a raggiungere il traguardo con un tempo accettabile per una persona non allenata. Questo mi ha dato una carica fortissima, ho ricominciato a fare attenzione all’alimentazione, un po’ di esercizio fisico dopo l’ufficio e ho ricominciato gli allenamenti di scherma in maniera più determinata. In soli due mesi ho recuperato un po’ di forma e sono riuscita a salire sul terzo gradino del podio dei Campionati Italiani di Gorizia 2017. Qualche problemino fisico ancora c’è, ma tutto ciò, è stato un grande spunto per voler continuare. Sono molto contenta di aver imparato a gestire lavoro e sport insieme. Non è facile alzarsi tutti i giorni alle 6:30, andare al lavoro, tornare a casa, cambiarsi e correre in palestra per 2 ore di allenamento, ma sapere che ci sono riuscita mi dà la forza per impegnarmi ancora di più.”

Un’intervista a Silvia è riportata nel mio libro “Cosa spinge le persone a fare sport”, Aracne.
Nel 2017 Loris Cappanna ottiene a marzo il titolo italiano categoria T11 nella Mezza maratona di Oristano 21km in 1h25’34’’ e successivamente ad aprile ottiene il titolo italiano categoria T11 nella Maratona di Roma in 3h13’’. Di seguito è interessante una sua risposta a un mio questionario.
Un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva?
Le prime volte che correvo, ancora nessuno mi conosceva, alcuni arrivando da dietro vedevano il cordino che mi lega all'atleta guida e si affiancavano chiedendo: "... ma siete gay? ..." o domande simili, il divertimento stava nel cercare sempre la risposta migliore.

Ora sono in aumento atleti non vedenti e ipovedenti che corrono accanto a guide atleti, le persone si stupiscono sempre di meno, certo resta l’incredulità.
Un'intervista a Loris è riportata nel libro "Triathlon e Ironman", edito da Prospettiva Editrice.
Possiamo e dobbiamo seminare bene, dare l'esempio, interessarci all'altro, io a tanti sto chiedendo via telefono fisso, cellulare, whatsapp, messenger una semplice domanda: “Come stai tu e la tua famiglia?” È un inizio per interessarsi e mostrare interesse verso l'altro. Molti si sentono soli, hanno bisogno di essere in connessione. Bisogna essere empatici, mettersi nei panni di chi soffre in silenzio.
Non si è mai pronti a cambiamenti di vita drastici e improvvisi. L’impatto di un evento considerato imprevedibile, devastante, stressante comporta sensazioni intense e insolite, forti emozioni, comportamenti non abituali. Si rimane sorpresi e impotenti davanti all'imprevisto e inimmaginabile che crea danni, lutti, dolore, perdite enormi.
La vita va avanti, perché la vita è resiliente, sa come svincolarsi dai mille problemi, sa come rimanere sempre a galla nonostante tutto. Ora tocca a noi prendere in mano le redini, decidere momento per momento cosa è meglio per noi.
L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di sviluppare la resilienza nelle persone, aiutare a ricostruire fiducia e relazioni, ricostruire sé stessi, la propria attività. L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di incrementare fiducia e pazienza in attesa di ritornare gradualmente alla quotidianità, di riprendere le cose lasciate in sospeso, di prendersi cura di sé.
Nel mio libro “Sviluppare la resilienza. Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport”, Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work dichiara che:
Evidentemente il senso della resilienza in buona sostanza equivale all’avere coraggio, all’insistere nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non sottrarsi alla propria esperienza, qualunque essa sia, al non censurare o negare la propria verità, allo stare con il proprio dolore e impedimento, al tener duro anche se le circostanze sembrano insostenibili.”

Bisogna comunque andare avanti fiduciosi, speranzosi con forza e coraggio mettendo da parte altro e focalizzandosi per la risoluzione del problema contingente non facile ma neanche impossibile, insieme si può, anzi si deve soprattutto per i più piccoli.
È importante avere piani e programmi per portare a compimento propri sogni così come è importante essere sempre pronti a rimodulare propri sogni per circostanze impreviste e inaspettate come quelle che stiamo vivendo in questo particolare momento, ma si tratta solo di rimodulare mete, traguardi e sogni per riprenderli più in là con più serenità.
Di seguito riporto un interessante punto di vista tratto dal libro “Arrendersi mai, come trovare la carica per affrontare positivamente la vita Se non sarà sereno si rasserenerà”, di Luis Rojas Marcos, Sperling & Kupfer Editori:
"L'ottimismo spinge a ricercare un lato positivo perfino nelle avversità, contribuisce a ridurre l'impatto delle disgrazie, alimenta la sensazione di poter controllare la propria esistenza, aiuta a conservare una discreta autostima e mette al riparo da sentimenti di impotenza e sconforto… L’ottimismo trasforma i desideri in sfide e confida nella propria capacità di superare gli ostacoli che si frapporranno al suo cammino. È una forma concreta di speranza che alimenta la sicurezza in sé stessi… Nel 1986, Bandura battezzò come ‘autoefficacia’ la convinzione di possedere le capacità indispensabili per compiere le azioni utili a raggiungere il traguardo prefisso… Nutrire un atteggiamento incline alla speranza serve in larga misura a sdrammatizzare le avversità, senza per questo misconoscerne la gravità, e sollecita a non gettare la spugna”.

Passa tutto se siamo fiduciosi, collaborativi, pazienti, se siamo comunque connessi, se siamo sensibili, tolleranti. Possiamo e dobbiamo farcela sviluppando resilienza per cercare di uscire più forti e determinati. Passa tutto e si affronta tutto come i muri di tante maratone e ultramaratone.
Non viviamo lo stare a casa ora come una costrizione ma come un'opportunità, una scelta consapevole e condivisa, approfittiamo per ricaricarci, per inventarci qualcosa che poi servirà anche dopo, facciamo uscire chi è in prima linea.
Segnalo alcuni miei libri pubblicati con Prospettiva Editrice: DA 10 A 100 Dai primi 10 km corsi alla 100 km per Milano (Alberto Merex Mereghetti e Matteo Simone); Triathlon e Ironman. La psicologia del triatleta; Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti; Sport, Benessere e Performance. Aspetti psicologici che influiscono sul benessere e performance dell’atleta; Ultramaratoneti e gare estreme.

Dott. Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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