Nella gara sportiva oggi si è arrivati ad un agonismo
così spinto, ad interessi economici così grossi che l’atleta cerca ogni mezzo
per migliorare la sua prestazione. Anzi, l’atleta riporta di
sentirsi “costretto” a fare questo, perché i tifosi richiedono, i
giornali criticano le scarse prestazioni, gli allenatori spingono perché
l’atleta abbia sempre un rendimento maggiore.
Su ilfattoquotidiano.it del 6/2/2013 è
possibile leggere un intervista di Lorenzo Vendemiale ad ex corridore
professionista, Graziano Gasparre che decide di raccontare la sua storia dopo
un tumore alla natica che per i medici la causa potrebbe esser stata il doping.
Perché racconta tutto proprio ora? “Perché la mia testimonianza possa aiutare gli altri a
non rovinarsi la vita per una stupida soddisfazione personale. A me è stato
asportato un frammento nodulare di quasi 4 cm. L’operazione è perfettamente
riuscita, ora sto bene e nei giorni scorsi ho ricevuto i risultati dell’esame
istologico: il tumore era benigno.”
Per il chirurgo che ha eseguito l’intervento potrebbe essersi trattato di
un effetto collaterale del doping di cui ha abusato per anni? “Esatto: la formazione è cresciuta proprio nel punto in
cui ho fatto tantissime iniezioni intramuscolari, il mio corpo non è riuscito
ad assorbire quelle schifezze.”
Di che schifezze stiamo parlando? “L’epo, ovviamente; ma anche Gh (l’ormone della
crescita) e testosterone. Ma è quello che fanno un po’ tutti i corridori
professionisti, né più né meno. Avevo un preparatore, da cui andavo un paio di
volte al mese, e insieme alla tabella di allenamento mi somministrava anche i
farmaci.”
E non c’è nessuno che si ribella perché vinto dal rimorso? “Io non ho mai avuto rimorsi. Quando vai forte ti senti
bene, ti dimentichi di tutto. E’ come andare giù in discesa a 90 all’ora,
l’adrenalina cancella la paura: quando finisci di correre e sei sotto la doccia
magari ci pensi, ma il giorno dopo rifai tutto da capo. Anche perché non mi
sentivo un dopato, non avevo sensi di colpa: mi comportavo come tutti gli
altri, lo facevo solo per competere ad armi pari. Una volta che cominci e che
vedi gli effetti, è difficile uscirne: temi di andare piano, di restare senza
contratto. Chi non l’ha provato probabilmente non può capire. La squadra ti dà
‘solo’ un consiglio, nessuno ti obbliga a doparti, ma quando sei in gruppo ti
rendi conto che o ti adegui al sistema o smetti di correre.”
Cos’altro imponeva il sistema? “Quando correvo io non ho fatto uso solo di doping, ho
preso anche altra merda, come cocaina e anfetamine. Nel ciclismo la droga è più
diffusa di quanto si pensi: ho cominciato su consiglio di un compagno di
allenamenti che pure lo faceva, poi è diventato un vizio che mi ha accompagnato
negli anni. E non solo per il gusto dello ‘sballo’, ma sempre a fini
professionali: tiravo per dimagrire, specie in inverno quando è facile mettere
su qualche chilo di troppo; mi impasticcavo per fare super allenamenti di molte
ore. Chi si dopa è in qualche maniera ‘predisposto’ a fare uso di stupefacenti.
E pure questa diventa una dipendenza: il vizio della cocaina mi ha accompagnato
negli anni, anche dopo il 2005. Poi sono riuscito a smettere, di botto, perché
stavo perdendo la mia famiglia, mia moglie e mio figlio, quel che ho di più
caro al mondo. E adesso c’è stato il tumore.”
Ora come vive un ex dopato? “Ho accettato di piegarmi al sistema e di drogarmi per
una stupida soddisfazione personale. Un errore che mi stava distruggendo la
vita. E’ una cosa che non può succedere. Per questo oggi parlo. E spero che
qualcuno mi ascolti.”
Gli atleti resilienti sono meno propensi a
fare uso di sostanze dopanti, ma di fronte a sconfitte e frustrazioni si
mettono sotto con l’impegno, la tenacia, la forte motivazione e fanno in modo
di riuscire nel loro intento o, comunque, se non riescono a tornare ai vertici
possono considerare e valutare i propri limiti senza cercare di barare per
superarli ed ottenere vittorie o prestazioni truccate.
Se
all’atleta non gli va di arrivare secondo dopo essere stato imbattibile per
tanto tempo, per tanti anni, può riorganizzare la propria vita e fare altro per
realizzarsi, può diventare commentatore sportivo, allenatore, dirigente.
Numero Verde Anti-Doping 800 89
6970
Bibliografia
Vendemiale
L., ilfattoquotidiano.it,
6/2/2013.
Simone M., Doping Il cancro dello sport, Edizioni
Ferrari Sinibaldi, Milano, 2014.
Simone M., Sviluppare la Resilienza
Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport.
MJM, Meda (MI), 2014. http://www.mjmeditore.it/autori/matteo-simone
380-4337230 - 21163@tiscali.it
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html
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