Psicologo, Psicoterapeuta
Sollecitato da un amico triatleta, ho
pensato di scrivere un libro che parli non solo di campioni ma anche
dell’atleta comune lavoratore che deve districarsi tra famiglia e lavoro per
coltivare la sua passione sportiva, per trovare il tempo per allenarsi, fare
sport, stare con amici atleti, partecipare a gare e quindi ho pensato di
predisporre un questionario per raccogliere il punto di vista di atleti comuni
e campioni per approfondire il mondo dello sport ed in particolare gli aspetti
che incidono sul benessere e sulla performance.
Di seguito si racconta Francesco.
Ti sei sentito campione
nello sport almeno un giorno della tua vita? “Assolutamente sì.”
In che modo lo sport ha
contribuito al tuo benessere? “Praticandolo
fin da quando avevo 5 anni, lo sport ha sempre rivestito un ruolo fondamentale
nella mia vita: mi sento incompleto se non lo pratico ed è essenziale per il
mio equilibrio psicofisico ed il mio benessere in generale. Mi piace sapere di
essere in salute e soprattutto poter sfruttare il mio corpo al massimo delle
sue possibilità.”
Come
hai scelto il tuo sport?
“Nel modo più semplice e naturale possibile: ho sempre amato l’acqua ed il mare,
quindi i miei genitori mi iscrissero in piscina (la scelta piacque anche a loro
visto che il mio pediatra del tempo lo aveva comunque consigliato visti i
benefici per lo sviluppo, principio mens sana in corpore sano).
Nel 2004 poi decisi di iniziare l’avventura del triathlon, non sentendomi ‘completo’
nella parte ‘terrestre’ dello sport.”
Quali sono le condizioni
fisiche o ambientali che più spesso ti hanno indotto a fare una prestazione non
ottimale? “Per le gare di
velocità (nuoto), la condizione fisica che mi condiziona di più è il peso, o
generale nel non sentirmi ‘appesantito’: se so di essere in peso forma corretto
allora affronto meglio lo sforzo e so di poter fare un prestazione importante. Per
le gare di resistenza oltre che il peso forma, le condizioni ambientali hanno
un’importanza fondamentale per la mia prestazione, soprattutto da un punto di
vista psicologico. Il caldo soprattutto mi condiziona da un punto di vista
psicologico: sapendo di dover affrontare comunque uno sforzo prolungato, sapere
che farà caldo mi condiziona anche nel dosare le mie forze ed essere più
conservativo per la fase finale.”
Cosa e quali persone hanno
contribuito al tuo benessere nello sport o alla tua performance? “Sicuramente i miei genitori perché mi hanno indirizzato
alla pratica dello sport, innanzitutto per la ricerca ed il mantenimento del
benessere psicofisico; a seguire la mia compagna, anche lei ex-agonista di
atletica leggera e parte di una famiglia di ‘sportivi’/
fisioterapisti/massoterapisti di importanza nazionale che, vista la sua
esperienza a contatto con atleti di livello olimpionico, riesce sempre ad
indirizzarmi e a consigliarmi correttamente nel continuo bilanciamento tra
sport, lavoro e vita privata.”
Qual
è stata la gara della tua vita, dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Beh mediamente le gare più belle sono quelle in cui
stabilisco un nuovo personale o dove, vista la durezza del percorso, sono
comunque contento di averla portata a termine (magari anche a discapito magari
di partecipanti più atleticamente predisposti e preparatiJ).
Quali
i meccanismi psicologici ritieni ti abbiano aiutano nello sport? “Sicuramente il continuo desiderio di migliorarmi, di
raggiungere sempre nuovi obiettivi, di accettare nuove sfide, di vedere
veramente fino a dove posso arrivare.”
Ti
va di descrivere un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva?
“Durante
una gara di triathlon, siamo passati in una zona dove era presente un alveare:
hanno sospeso la gara, in seguito all’attacco di vespe verso tutti gli atleti passanti
che erano passati di lìJ.”
Cosa
hai scoperto di te stesso nel praticare attività fisica? “Che a volte penso troppo, dovrei
lasciarmi andare di più: è esattamente in questi momenti in cui ho raggiunto le
mie prestazioni migliori.”
A volte è importante osare,
andare oltre, provare, rischiare, molte volte il limite è nella nostra testa.
Quali sensazioni hai sperimentato nello sport:
allenamento, pregara, gara, post gara? “Allenamento: sono
concentrato su perseguire gli obiettivi previsti dalla seduta, sentire le
sensazioni corrette e buttare fuori tutto lo stress accumulato durante la
giornata di lavoro. Pregara: emozione,
concentrazione, ripasso tutto il percorso a mente, ripenso a tutti gli step
che ho fatto nella preparazione e soprattutto…se non ho dimenticato nullaJ. Gara: sono concentrato sullo sforzo, nello stabilizzare
subito il ritmo che sento sia giusto e calibrato in base al percorso, a come mi
sento nel momento e alle condizioni ambientali. Post-gara: le sensazioni del post-gara dipendono molto
dall’esito della stessa, ma generalmente appagamento, relax, tranquillità e
serenità interiore.”
Qual
è stata la tua gara più difficile? “Triathlon Olimpico MTB di Bolsena 2014: percorso
durissimo sull’antica Via Francigena, fino alla mattina presto aveva diluviato,
durante la gara 20 persone sono cadute in bici.”
Hai
dovuto scegliere di prendere o lasciare uno sport a causa di un percorso di
studi o carriera lavorativa? “Non ho
scelto io, ma i miei genitori per me. All’età di 9-10, ero stato notato da
alcuni rappresentanti della nazionale di nuoto giovanile del tempo e avevano
proposto ai miei genitori di potermi far intraprendere la carriera agonistica:
purtroppo al tempo non vi erano le condizioni per poterlo fare e la
considerazione ‘mediatica’ che aveva lo sport, e soprattutto il nuoto, non era
quella di adesso.”
Hai
rischiato di incorrere nel doping nella tua carriera sportiva? C’è un messaggio
che vorresti dare per sconsigliare il doping? “No non ho mai rischiato: so che ci sono persone che
lo praticano, ma è una scelta che non condivido assolutamente. Le gare
innanzitutto sono un momento in cui confrontarti con te stesso,
indipendentemente dal riscontro cronometrico: assumere sostanze che aumentano
le prestazioni è solo prenderti in giro.”
Come
hai gestito eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Non ho avuto crisi particolari, a
parte alcune ‘pause’ che mi sono concesso (5-6 mesi di stop completo
dall’attività sportiva). In generale, ho saputo gestire i periodi di
difficoltà/infortuni tramite l’aiuto e il consiglio della mia compagna, soprattutto
in seguito ad infortuni (per fortuna pochi): purtroppo la tendenza è sempre
quella di sottovalutare gli infortuni e non fermarsi per non perdere la forma
raggiunta, ma la soluzione è sempre e solo quella di riposare e aspettare il
normale decorso, altrimenti non si guarirà mai completamente.”
A volte è
importante fermarsi, KABAT-ZINN nel suo testo “Dovunque tu
vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezza” illustra l’importanza del
non fare, di fermarsi, di sperimentare l’essere: “Quando ci si ferma, l’aspetto
curioso è che immediatamente si diventa se stessi. Tutto appare più semplice.
Questo è il vantaggio di fermarsi. La pausa contribuisce a rendere più vivaci,
ricche e articolate le azioni successive, aiuta a inquadrare nella giusta
prospettiva tutte le preoccupazioni e insicurezze. Serve da guida. Più volte
nel corso della giornata, fermatevi, sedetevi.”
Pensi
che potrebbe essere utile lo psicologo dello sport? In che modo e in quali
fasi? “Sicuramente è un aiuto in più a
favore dell’atleta e può essere utile in qualsiasi fase (dalla preparazione al
post-gara). In generale può essere di supporto in un momento di difficoltà
personali dell’atleta e poi nello specifico per il miglioramento della
prestazione e curare ogni fase di preparazione della stessa.”
Quale
messaggio vuoi rivolgere ai ragazzi per farli avvicinare allo sport? “Lo sport è divertimento, adrenalina
pura (altro che i-phone e play stationJ), libertà, fa provare delle
emozioni uniche ed irripetibili, offrendo la possibilità di creare dei legami
di amicizia unici.”
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
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