Matteo SIMONE
Silvano Beatrici, atleta del Gs Fraveggio, convocato a Los Alcazares, in Spagna, Domenica 27 novembre 2016 con la Nazionale italiana per disputare il campionato del mondo della specialità 100 chilometri di atletica.
Oltre a lui sono stati convocati Giorgio Calcaterra (Calcaterra Sport ASD), Hermann Achmuller (Laufclub Pustertal), Andrea Zambelli (Ass. Pol. Scandianese), Marco Ferrari (Atl. Paratico) e Paolo Bravi (Grottini Team).
Le donne saranno solamente due, Elisabetta Albertini (ASD Maratona Mugello) e Francesca Canepa (Atl. Sandro Calvesi).La squadra maschile difenderà l’argento
a squadre conquistato all’ultimo Campionato Mondiale svoltosi il 12 settembre
2015 a Winschoten in Olanda.
Tempo
fa ho rivolto a Silvano alcune domande per approfondire il mondo degli
ultramaratoneti e interessanti ho trovato le sue risposte.
Cosa
significa per te essere ultramaratoneta? “Correre gare più lunghe della maratona, a volte
molto più lunghe”.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “E’ stato un percorso lungo diversi anni. Allenamenti sempre più lunghi, gare lunghe con gli sci (mezzalama, pdg solo per citarne 2), provare un trail da 70 km uscendone bene con ottimi risultati. Poi 86, 118, fino all’UTMB. ‘Provare’ il Passatore ritrovarsi 5° e entrare in nazionale”.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “E’ stato un percorso lungo diversi anni. Allenamenti sempre più lunghi, gare lunghe con gli sci (mezzalama, pdg solo per citarne 2), provare un trail da 70 km uscendone bene con ottimi risultati. Poi 86, 118, fino all’UTMB. ‘Provare’ il Passatore ritrovarsi 5° e entrare in nazionale”.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “I risultati, l’aria che si respira nell’ambiente, gli allenamenti, anche se duri in realtà è ciò che cerco.”
Quello che motiva a tanti ultramaratoneti è l’aria
che si respira in questo tipo di competizioni, il pre-gara, la gara, il
post-gara. Inoltre constatare di riuscire in allenamenti duri dà coraggio e
sicurezza nell’affrontare gare tantissimo impegnative.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “No, ho pensato che è una cosa che avverrà da se, col tempo o
con qualche infortunio!”
Si mette in conto il fine carriera, tutto finisce
come tutte le cose, ma è importante focalizzarsi sul qui e ora, star bene ora e
dare il meglio ora in allenamento ed in gara.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di
smettere di essere ultramaratoneta? “Quando ho iniziato a correre ho avuto
presto problemi con il tendino rotuleo, tanto che all’epoca pensavo che non
avrei mai potuto essere un ultramaratoneta. Poi qualche anno dopo, forse
incrementando i lavori in modo graduale, il problema è sparito. Certo ora sono
un paio d’anni che convivo con una tendinite al tendine d’achille, ma sono
anche giunto alla conclusione che è praticamente impossibile fare ‘certi
carichi di lavoro’ e avere il fisico ‘perfetto’.”
Infortuni si mettono in conto, succede di avere
problemi fisici, ma ad ogni problema c’è almeno una soluzione, bisogna
conoscersi e capire come affrontare al meglio e gestire l’infortunio e cambiare
qualcosa negli allenamenti e nei carichi di lavoro.
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “Per il momento provare a spostare il limite sempre un po’ più
in là, magari correre un altro mondiale.”
Per Silvano ci sono due importanti motivazioni da
una parte alzare sempre un po’ l’asticella e provare a fare competizioni sempre
più difficili e cercando di migliorare le proprie prestazioni facendo risultati
sempre migliori e dall’altra parte continuare a indossare la maglia azzurra
partecipando anche a un altro mondiale.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “Non mi sono mai ritirato. Vuol dire che a volte sono arrivato distrutto.
Ho patito sonno, crampi, dolori, ma alla fine il fisico si ‘autolimita’.”
Silvano non è disposto a mollare, va avanti e cerca
di mettere da parte eventuali aspetti critici come il sonno o il dolore.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Avere un carattere forte e sicurezza in se stessi, ma sempre con quell’umiltà di conoscere i propri ‘limiti’ e le proprie condizioni durante la gara.”
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Avere un carattere forte e sicurezza in se stessi, ma sempre con quell’umiltà di conoscere i propri ‘limiti’ e le proprie condizioni durante la gara.”
Importante nelle gare estreme da una parte avere
tanta sicurezza in se stessi e quindi elevata autoefficacia, inoltre è
importante conoscersi bene, sapere fin dove ci si può spingere e
automonitorarsi durante la gara.
Quale è stata la tua gara più estrema o più
difficile? “Il problema non è quanto ‘estrema’ ma quanto si tira e le
condizioni in quella giornata. Così se ti trovi al 70°km dell’UTMB e ti senti
finito è dura ma un po’ alla volta lo porti a casa. Mi sono trovato più in
difficoltà al mio secondo Passatore, all’80° ero finito, e non so dove ho
trovato le forze per chiudere gli ultimi 20 senza mollare. E’ stata l’unica
volta che mi sono pentito di non essermi ritirato.”
La gara non è estrema per la lunghezza, per il
percorso, per le condizioni climatiche ma è se è estrema dipende anche
dall’atleta, è l’atleta che deve conoscere bene le condizioni di gara e deve
conoscere bene se stesso per affrontare al meglio la gara e sapere come gestire
ed affrontare momenti di crisi, di sconforto, in quei momenti è importante
l’approccio che può essere di attesa, di ricerca di risorse interiori.
Quale è una gara estrema che ritieni non poter riuscire a portare a termine? “Non so, non ci ho ancora pensato, direi però
che più che il problema di quanto ‘estrema’ è ‘con che ambizioni’ la si affronta.
Intendo che una gara estrema fatta per finirla è un conto, un altro è puntare
ad un risultato.”
Se l’ultramaratoneta è anche un atleta d’eccellenza
la gara è ancora più estrema perché si va alla ricerca anche del miglior
risultato oltre che portare a termine la gara.
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Al
momento non mi interessano quelle troppo lunghe, in cui bisogna dormire,
prediligo gare secche in cui parti ti distruggi e arrivi. Provando più
distanze, alla fine prediligo quelle meno ‘estreme’: 100km su strada, 60-80 km
trail. Gare di 7-10 ore in cui posso andare forte senza arrivare alla
distruzione (se va bene).”
Ogni atleta riesce ad individuare il tipo di
competizione dove riesce meglio.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti
fisici? “Per me spostare avanti i limiti fisici non vuol dire fare più km, ma
ad esempio migliorare la mia prestazione sulla 100 km.”
Superare i limiti non significa solo la lunghezza o
la durezza del percorso ma anche una miglior performance che comporta un
impegno maggiore, più determinazione, più coraggio.
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Chi sa cosa vuol dire o lo immagina mi
sostiene, altri mi chiedono come si fa.”
Che significa per te partecipare a una gara
estrema? “Mettermi alla prova.”
Ti
va di raccontare un aneddoto? “A quel km 80 del Passatore al mio accompagnatore in bici ho detto
che mi scappava la pipi per fermarmi a lato della strada qualche secondo, non
poteva dirmi di no, poi gli ho detto che non era vero e siamo ripartiti, ma ho
guadagnato una piccola sosta”.
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Riesco
a conciliare il tutto, la parte più difficile è dedicare spazio agli
allenamenti nel fine settimana o durante le ferie senza rubare troppo alla
famiglia.”
Come tanti altri ultrarunner è difficile trovare un
equilibrio tra il tempo da dedicare agli allenamenti ed alle gare ed il tempo
da dedicare alla famiglia ed ai propri affetti.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non
faresti? “Ci ho pensato ancora, forse mi sarei dato prima all’ultramaratona,
magari avrei avuto qualche risultato in più. Ma alla fine sono contento del mio
percorso, e magari anticipando i tempi avrei rischiato più infortuni.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Sali
minerali, vitamine, ferro nei periodi di carico in vicinanza delle gare, per
cercare di recuperare gli sforzi.”
Ai fini del certificato per idoneità attività agonistica, fai
indagini più accurate? “Mi è capitato di fare un’ecografia al cuore
sotto sforzo.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la
tua attività sportiva? “Una volta un fisioterapista che mi curava il tendine.”
E’ difficile fermarsi o ridurre l’attività fisica
quando si sperimentano sensazioni di benessere e di performance.
Hai un sogno nel cassetto? “Mah, diciamo che intanto
sono impegnato sulle distanze più corte, ma avere nel curriculum una
Spartathlon non mi dispiacerebbe!”
La lunghissima Spartathlon da Atene a Sparta di 246
km fa gola a molti atleti ultrarunner.
Un’intervista a Silvano è riportata nel mio libro “La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza”, Edizione Psiconline.
Silvano è menzionato nei miei libri:
“Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici
di una sfida”, Edizioni Psiconline.
“Correre
con la mente. Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere
obiettivi, realizzare sogni”, Progetto Cultura, 2022.
Ringrazio il celebre fotografo Sandro Marconi “Scrotofoto” per alcune sue foto.
Unitevi a noi correndo o donando, insieme è molto meglio.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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