mercoledì 16 novembre 2016

Giuseppe Mangione: L’ultramaratona mi ha insegnato a pensare positivo

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta
 

Giuseppe Mangione, un grande atleta, una bella persona, molto performante quando vuole, ottima prestazione sulla distanza di 100km. 

Ecco le sue parole all’alba di un nuovo giorno all’arrivo del Passatore: “Qui a Faenza è l’alba di un bellissimo giorno, tantissimi atleti che ancora arrivano, sono contentissimo e sono come il vino buono, la 100km passatore 1996 chiusa in 10ore e 59min, passatore 2016 dopo 20 anni chiusa in 10ore e 30 minuti.”

Tempo addietro ho proposto un mio questionario a Giuseppe ed interessanti sono state le sue risposte che riporto di seguito.
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta?Vengo dalle gare di mezzofondo fatte in gioventù poi c’è stato uno stop di 10 anni. Ho ripreso con una bella maratona preparata con tutti i criteri, 2h.48’ per la cronaca, poi hanno incominciato ad incuriosirmi ed affascinare queste distanze.”
 
Succede che da piccoli si incontra lo sport, si inizia a praticare un’attività sportiva che piace e poi ad un certo punto, cala la motivazione, o comunque non si continua per diversi motivi e poi da grande si riscopre il benessere nello sport.
Cosa ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta? Mi spinge il semplice gesto della corsa, gesto atletico più naturale che esista, mi spinge perché l’ultramaratona mi ha insegnato a pensare positivo, mi spinge perché devo scoprire i miei limiti.
 
Sono tanti i motivi che spingono un’atleta ad inoltrarsi in gare dure e prolungate nel tempo, la scoperta del limite e, quindi, cercare di spingersi un po' per volta oltre, gli insegnamenti che si apprendono durante le lunghe gare, non abbattersi al primo segno di cedimento, focalizzarsi sul qui e ora, vivere l’esperienza presente.
Ti va di raccontare un aneddoto?Un aneddoto potrebbe essere la mia prima 100 del passatore nel 1996, sulla colla ai 50km giurai di dedicarmi solo ai 5000 mt, ero stravolto, da allora ne ho fatto tantissime fino a vincere negli ultimi 3 anni 4 titoli italiani m50 in 4 distanze diverse 6 ore 12 ore 24ore 48ore.” 

A volte la difficoltà, la crisi ti fa pensare: ‘ma chi me lo fa fare’, ma poi passato il momento tragico, si cercano gare ancora più impegnative per dimostrare a se stessi di essere capaci, di saper fare. Giuseppe si è dimostrato una grande campione e tutt’ora continua a vincere i suoi titoli alle diverse manifestazioni anche Nazionali.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta?Sono entrato nell’ottica di paragonare l’ultramaratona alla vita con tutte le sue difficoltà, momenti piacevoli e momenti brutti, andare avanti e affrontare i vari problemi e cercare di pensare sempre positivo, poi mi piace anche un po di sano agonismo.”
 
Come tanti altri ultramaratoneti, l’ultracorsa diventa la metafora della vita, si affronta una gara lunghissima anche di decine di ore e si attraversano sensazioni ed emozioni diverse, momenti belli ma anche difficili, così come succede nell’arco della vita con situazioni piacevoli che ti fanno stare alle stelle e momenti bui dai quali ogni volta devi sapere come uscirne. Oltre a ciò se te la cavi e ti sai esprimere dal punto di vista sportivo, è anche piacevole ottenere risultati ed essere competitivo.

Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?Fino ad ora ho provato 2 volte la 48 ore, ogni tanto penso alla 6 giorni per cui penso prevalga in me la curiosità di scoprire un mio eventuale limite.”
 
Ce ne sono tante di distanze lunghe e gare dure di lunga distanza, ogni atleta decide dove vuole arrivare e cosa vuole provare, per l’ultramaratoneta niente è impossibile, il loro motto è ‘mai dire mai’, ‘se vuoi, puoi’.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?I meccanismi psicologici sono semplici, come ho già detto la corsa in se mi aiuta a essere positivo, ho una ottima dose di forza di volontà per portare a termine una gara e prepararla.
 
Non è semplice preparare, partecipare e portare a termine gare impegnative come le corse di lunga distanza, c’è bisogno di passione, di credere in se stessi, di essere resiliente e saper superare momenti di eventuali crisi e Giuseppe pare abbia le risorse, le qualità, le capacità per preparare bene tali competizioni e saperle portare a termine non mollando al minimo accenno di fatica o difficoltà.
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?Ho 2 grandi tifosi, i miei figli. I miei amici mi fanno sentire come l’uomo bionico, io la porto sul ridere facendo capire che è una cosa che faccio volentieri con naturalezza, basta allenarsi.”
 
E’ importante avere la famiglia che comprende la tua passione e, anzi che tifa per te, per le tue imprese, per i tuoi risultati, anche gli amici a volte ti dicono: ma tu sei matto, ma poi sotto sotto, sono felici di averti per amico, sono incuriositi e piace a loro raccontare le tue gesta. In effetti è importante la passione e la preparazione per affrontare le competizioni in sicurezza e senza rischiare infortuni.
Che significa per te partecipare a una gara estrema?Partecipare ad una ultramaratona per me è sempre una grande festa, non la vivo in tensione ma un ritrovo con tanti amici, se il risultato viene sono ancora più contento ma finirla e già un risultato.”
 
E’ vero, l’ho riscontrato personalmente, partecipare a questo tipo di competizioni è una grande festa, gli atleti si rivedono, si abbracciano, si salutano, sono tanti i sorrisi rilassati, non c’è la tensione competitiva della gara, ma la voglia di mettersi in gioco, di fare la propria esperienza, ognuno la sua con le proprie forze.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Nel mio carattere ho scoperto la positività, la forza di volontà, la tenacia nell’andare avanti. 

La partecipazione a gare estreme ti permette anche di conoscerti meglio, sapere le tue doti che ti possano permettere di andare avanti fino al traguardo.
Hai un sogno nel cassetto?Il mio sogno nel cassetto è la convocazione in azzurro per la 24 ore, quest’anno l’ho sfiorata per un pelo e alla mia età è molto gratificante.
 
Certo spazio ai giovani che sono più freschi muscolarmente e possono esprimersi meglio dal punto di vista sportivo e comunque devono fare esperienza, ma nelle gare di lunga distanza conta molto anche la testa, una certa maturità, l’esperienza, la serenità mentale, molte doti di carattere che ti permettono di fare bene a lungo, di mantenere un’andatura costante fino alla fine, di alimentarti bene, di superare i momenti difficili.
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “La vita nell’insieme è cambiata in meglio dal punto di vista dell’equilibrio psicofisico.”
 
L’ultracorsa diventa una sorta di terapia, ti permette di sperimentare benessere, un equilibrio psicofisico, stai bene con il corpo e con la mente, e se tu stai bene, il benessere si estende anche a coloro che ti circondano che possono essere famigliari, amici, colleghi di lavoro, si diventa più propositivi, più produttivi.
Da diversi anni conosco Giuseppe Mangione, un carissimo amico e un fortissimo atleta, conosciuto prima attraverso i social e poi personalmente incontrato in qualche gara e insieme abbiamo realizzato anche una grande opera dal titolo !L’ultramaratoneta di Corato". 
Interviste a Giuseppe sono riportate nei libri: 
 
 “Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline 
 “Cosa spinge le persone a fare sport?”, edito da Aracne Editrice.  

Matteo SIMONE 
380-4337230 - 21163@tiscali.it 

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