Matteo Simone
La partecipazione a gare estreme è una
scoperta, un contattare il proprio limite, sfidare se stessi, conoscere nuovi
percorsi, sentire nuove emozioni; mentre alcuni considerano le gare estreme
qualcosa da affrontare serenamente con sicurezza a volte sottovalutando la
difficoltà ed il rischio che si corre.
Per
gli ultramaratoneti non si tratta di fare gare estreme ma occasioni per
divertirsi, infatti affrontano tale imprese con opportuna preparazione e
accorgimenti in modo da non trovarsi in condizioni di estrema difficoltà,
certo, come nei lunghi viaggi che capitano imprevisti, anche nelle
ultramaratone possono accadere degli imprevisti lungo il percorso, ma ciò non
impedisce di fare esperienze che danno un senso alla propria vita.
Per
tanti significa raggiungere un nuovo obiettivo o anche essere competitivi e ambire alla vittoria.
Ecco
cosa raccontano alcuni grandi ultramaratoneti rispondendo alla “Cosa significa per te
partecipare a una gara estrema?”
Angelo Fiorini: “Cosa
significava per me partecipare a gare estreme? Il fatto è che non le ho mai
considerate ‘estreme’, si trattava di gare dove bisognava fare più km e che con
un buon allenamento, una giusta alimentazione, tutto si poteva affrontare.
Quindi è stata proprio questa incoscienza a mandarmi avanti. La gente si
domandava: ma chi te lo fa fare! Per una medaglia! A queste persone
rispondevo che solo chi prova una passione poteva capire l’adrenalina che
cresce dentro di te quando fai una cosa cui credi e che non deve avere
necessariamente un rientro economico e la corsa non ne ha nessuno! E la
felicità nel tornare a casa con la medaglia al collo! Capisco che sia difficile
per i più capire questa passione, ma sono soddisfazioni che ti riempiono di
orgoglio anche se certe imprese non portano niente di concreto ma ti danno una
carica che ti fa superare la fatica fisica."
Marco Stravato: “Vivere
quel viaggio, ringrazio sempre gli organizzatori per darmi la possibilità di
correre o camminare in luoghi dove forse non sarei mai andato.”
Stefano La Cara: “Continuo ad avere un approccio ‘leggero’. Sebbene mi
piaccia migliorarmi, adoro l’aspetto che coinvolge il partecipare con amici, la
goliardia di una ‘sfida’ con un amico e cenare a fine gara tutti insieme.”
Vincenzo Luciani: “Significa
affrontare una prova, con la determinazione di farcela e con l’umiltà di chi
corre sapendo dare del lei alla lunga distanza. Ogni volta è la prima volta,
non basta aver fatto tante volte quella gara.”
Gianni Greco: “Mi
accresce l’autostima.”
Marco Dori: “Significa
impegnarsi, raggiungere e superare i propri limiti, essere concentrato, correre
nella natura, vivere le emozioni di una sfida sempre nuova.”
Sole Paroni: “Mettere a dura prova i propri limiti psicofisici.”
Franco Draicchio: “Un
obbiettivo da raggiungere.”
Giuseppe Meffe: “Essere
presente e partecipare a una gara che in qualche modo sento mia.”
Mauro Firmani: “Rischiare,
ma non credo di averlo mai fatto. Ho sempre corso in condizioni meteo e di
percorso sicure."
Ciro Di Palma: “Significa vivere.”
Claudio Leoncini: “Principalmente saper dosare
accuratamente lo sforzo e non preoccuparsi se all’inizio si va ‘troppo piano’.”
Monica Casiraghi: “Correre un ultra per me è una
fantastica avventura.”
Laura Ravani: “Preparare un momento di fatica ma
grande soddisfazione.”
Paolo Zongolo: “La
voglia di sapere se anche questa volta riuscirò a portare a termine questa
avventura.”
Enrico Vedilei: “Prepararmi
psicologicamente e fisicamente, documentarmi sul tracciato, sulle condizioni
ambientali e sul paesaggio che dovrò affrontare di li a poco. Anche questo è
cultura generale che i libri di scuola non potranno mai insegnarti.”
Ivan Cudin: “Significa
impegnarmi a fondo cercando di superare tante difficoltà alla ricerca di un
obiettivo: raggiungere il traguardo.”
Daniele Baranzini: “Vincere.”
Giuseppe Mangione: “Partecipare a una
ultramaratona per me è sempre una grande festa non la vivo in tensione ma un
ritrovo con tanti amici se il risultato viene sono ancora più contenta ma finirla e
già un risultato.”
Aurelia Rocchi: “Partecipare
a una ultra dura per me voli dire sfidare un altra volta con me stessa.”
Francesca Canepa: “Significa
sapere con certezza a che ora parto ma non avere garanzie sul quando e sul se
arrivo. Significa prepararmi ad affrontare eventuali imprevisti e significa
sapere che sarà impegnativo mentalmente.”
Lisa Borzani: “Significa
mettermi in gioco, provare a raggiungere l’obiettivo prefissato, iniziare
un’avventura ‘programmata’ e preparata.”
Federico Borlenchi: “Non
saprei per me è una corsa come tutte le altre.”
Paolo Chersogno: “Rimettersi
in gioco.”
Maria Chiara Parigi: “Partecipare
a una gara estrema vuol dire stare concentrati e fare del mio meglio senza mai
perdere di vista la salvaguardia della mia vita!”
Filippo Canetta: “E’
solo un viaggio, nulla di estremo. L’estremo dipende dalla preparazione.”
Pablo Barnes: “Significa
la quota di endorfine e la illusione
di stare facendo qualcosa nella vita.”
Stefano Ruzza: “Gareggiare
divertendomi, un vero semplice gioco a chi arriva prima. Se metto troppa
serietà e aspettativa alla vicenda, diventa solo stress negativo.”
Stefano Bognini: “Una
nuova sfida con me stesso.”
Michele Belnome: “Significa conoscermi sempre di più.”
Salvatore Musone: “Partecipare
a una sfida di andare oltre il limite e lo faccio grazie all’appoggio di mia
moglie e le mie due figlie che mi hanno sempre sostenuto ed incoraggiato:
questo è stata la mia forza per andare avanti.”
Roldano Marzorati: “Una
vacanza dalla noia, dalla routine di tutti i giorni, un’avventura.”
Roberto D'Uffizi: “Significa
attraversare la ‘terra di nessuno’, una dimensione spazio-temporale di
difficile spiegazione, laddove devi far appello solo a te stesso, cavartela da
solo: una sofferenza enorme, ma anche uno stimolo enorme.”
Lorena Brusamento: “Divertimento.”
Marco Zanchi: “Una nuova sfida, nuova avventura, nuove
emozioni.”
Marinella Satta: “Condividere con altri concorrenti la
soddisfazione di fare delle belle gare.”
Mena Ievoli: “Divertimento e
scoperta di posti nuovi.”
Valentina Spano: “E’ un'avventura, un gioco. Spesso vedo posti bellissimi (come nei trail)
oppure vado in città che altrimenti non avrei visitato, spesso, come nel caso
del Passatore, la gara diventa un viaggio. Sempre, la gara è un viaggio dentro
se stessi.”
Gianluca Di Meo: “Essere vivo.”
Vito Rubino: “La possibilità di allontanarmi dalla 'gabbia' delle quotidianità urbana e
dal comfort. Significa mettermi in una situazione di stress dove è necessario
concentrarmi e sforzarmi per andare avanti o per tirarmi fuori da una
situazione pericolosa.”
Silvio Cabras: “Significa mettersi sempre in gioco, poi è un'occasione per socializzare
con nuove persone cui si crede negli stessi valori! “
Dante Sanson: “Disciplinare la vita in modo dettagliato in
funzione del raggiungimento obiettivo, durante la gara poi vuol dire godere del
tempo potendo isolarsi e pensare solo a se stessi e a come ottimizzare ogni
singolo attimo ogni singolo passo o decisione finalizzando il tutto al
raggiungimento di un ambizioso e difficile obiettivo il quale può e deve arrivare
e passo dopo passo si avvicina. Della serie 'è bello perché è difficile ma non
impossibile da raggiungere' ma il tutto va gestito con estrema attenzione ed un
pizzico di coraggio nel prendere le giuste decisioni in base alle proprie
sensazioni.”
Monica Testa: “Partecipare a una gara estrema significa per me aver superato un
limite, motivo di orgoglio personale.”
Armando Quadrani: “Mettersi in discussione ogni volta e cercare di
vincere una scommessa con noi stessi.”
Riccardo Borgialli: “Partecipare alle gare mi permette di confrontarmi
con gli altri atleti e valutare il mio livello, in particolare poi in gara si
registrano tempi sempre migliori perché vuoi l’adrenalina, vuoi il vedere ‘i
forti’ correre veloce, tutto questo fa si che tu possa dare ancora di più di
quello che hai. In altri casi invece la gara è l’unico modo per fare un
percorso, mi spiego, percorsi da 100 e più km non potrebbero essere corsi
‘rapidamente’ se non ci fossero ristori e assistenza da parte di un
organizzazione, queste gare infatti molte volte permettono ai partecipanti di
vedere luoghi che altrimenti non riuscirebbero mai a visitare.”
Andrea Boni Sforza: “Vivere un'esperienza bella da ricordare”.
Stefania:
“Un viaggio all'interno di me stessa.”
Simone Cataldi: “Sfidare se stessi.”
Vito Todisco: “Partecipare a un'ultra è per me la stessa cosa che prova uno a farsi un
week end al mare, la vivo sempre come una vacanza, un modo per staccare la spina
dalla routine quotidiana.”
Gian Paolo Sobrino: “Premesso non ritengo che le gare cui partecipo sono estreme, significa
volerlo fare e pianificare preparazione e gestione della gara.”
Matteo Pigoni: “Rimettermi in gioco con me stesso.”
Mario Connor: “Arrivare in fondo in qualsiasi condizione fisica e mentale.”
Gli
ultramaratoneti, in genere non sperimentano l’ansia della competizione, del
pre-gara, ma quello che in genere avviene una certa aspettativa positiva, non si
vede l’ora di affrontare il lungo viaggio che, come i lunghi viaggi, è fatto di
conoscenza, di scoperte, di imprevisti.
Gli ultramaratoneti, come si fa per i
lunghi viaggi, si preparano in anticipo, si informano sulle condizioni
climatiche sul percorso, su quello che è opportuno o indispensabile portare a
seguito, si documentano.
Come nei lunghi viaggi, diventa importante la
preparazione, l’attesa, c’è una voglia di divertirsi, di conoscere, di scoprire
se stessi e quello che succede.
Il saggio Psicologia dello sport e dell'esercizio
fisico (dal benessere alla prestazione ottimale) offre uno spunto di riflessione su aspetti
quali la salute e lo sport.
Ne
sono argomentazioni a riguardo, il raggiungimento della prestazione ottimale
(peak performance), es. i record dei campioni, lo sperimentare il Flow,
considerato come uno stato alterato di coscienza dove tutto funziona alla
perfezione ed anche l’IZOF, una zona di funzionamento ottimale che porta
l’atleta a raggiungere la sua
peak-performance.
Inoltre sono trattate le difficoltà, i disagi
dell’atleta, che possono essere di natura emotiva, di attivazione ottimale, di
bassa autostima, di affollamento a livello mentale di pensieri disturbanti, e,
per finire di natura relazionale, cioè relativi a una figura professionale che
gravita attorno al mondo dell’atleta.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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