mercoledì 10 giugno 2015

Se ti alleni bene il tuo corpo si adatta a tutto

Gli ultramaratoneti riportano di non considerare la partecipazione ad ultramaratone come spingersi oltre i limiti ma hanno un approccio di sicurezza in quello che fanno avendo sperimentato con gradualità crescente la propria autoefficacia, cioè di poter riuscire ad aumentare il chilometraggio in allenamento ed in gara utilizzando delle strategie che gli permettano di superare eventuali crisi, difficoltà o quello che viene definito limite. Altri vogliono sperimentare sensazioni che possono essere di dolore o sofferenza che comunque non impedisce il raggiungimento di un loro obiettivo.
Alla domanda: “Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?”, di seguito le risposte ricevute:
“Rispondo per il passato: mi spingevo oltre i limiti fisici, perché ero e sono uno ‘tosto’, un caparbio, che si piega ma non si spezza, e credo in quello che fa e che soprattutto credo che provare non costa niente, e se riesco bene altrimenti posso dire di averci provato. E mi ha detto bene fino alla Sparta Atene dove ho sperimentato a quello cui nessuno pensa: che in queste gare estreme si può rischiare seriamente la salute!! A pro’ di che?”
“Vedere fin dove riesco a spingermi.”
“Non lo so, c’è qualcosa dentro che mi spinge ad andare oltre, che mi fa star bene dopo una fatica del genere, soddisfatto di aver superato me stesso.”
“Le sensazioni indescrivibili che comunque si provano prima, durante e dopo. Quando non le avvertirò più, smetterò di “spostare in avanti” il limite.”
“Il desiderio di sfidare il proprio corpo, ma mantenendo sempre la consapevolezza del proprio gesto.”
“Conoscere appunto i miei limiti.”
“Io credo che sia tutto molto relativo da un punto di vista fisico. Ho potuto vedere che con una alimentazione adeguata al proprio corpo e una continua idratazione sia durante gli allenamenti sia durante le corse non si avvertono particolari problemi fisici. Non ritengo che partecipare alle ultra significhi questo (almeno fino alla distanza di 100 km che ho corso). In ogni caso sapere che il mio fisico riesce a coprire in modo dignitoso queste distanze è motivo di soddisfazione. Forse c’è un legame con l’età (44 quest’anno) e il bisogno di provare a me stesso che fisicamente sto ancora bene.”
“La curiosità.”
“LA RICERCA DEGLI STESSI, CAPIRE QUANTO IL NOSTRO CORPO PUO' DARE E ALLO STESSO TEMPO CAPIRE CHE OGNI VOLTA IL NOSTRO LIMITE FA UN PASSO IN AVANTI.”
“Ritengo che ognuno di noi abbia una soglia che ci permette di fare cose che per gli altri possono sembrare assurde per alcuni è la maratona altri la 100 o la 24h o la sei giorni, l’importante è stare bene con se stessi dall’inizio alla fine.”
“Come ho detto non è necessario e a tutti i costi spostare i limiti.”
“Mi piacciono le nuove sfide e non mi accontento facilmente.”
“La voglia di mettermi alla prova.”
“Avevo deciso di non spostarli avanti all’infinito e mi ero posto un limite che comunque non avrei superato.”
“Il fatto di mettermi sempre e comunque alla prova.”
“Che è divertente vedere dove si può arrivare.”
“Non ho l’obiettivo di spostare sempre più avanti i limiti fisici.”
“La conoscenza del mio io e di quello che posso fare.”
“Oramai non sposto più i miei limiti ma un tempo, quando lo facevo, mi spingeva la voglia di conoscere appunto i miei limiti fisici.”
“Non sono in grado di farlo, ad un certo punto non è possibile migliorare con l’allenamento, semplicemente cerco di arrivare più vicino possibile ai miei limiti.”
“Incrementare la mia capacità di prestazione per le gare. Esternamente alle gare sondo solo il limite umano che governa il limite fisico.”
“Semplice mi piace tanto correre a lungo.”
“Mi spinge di andare avanti fuori dei miei limiti la voglia di migliorare.”
“La curiosità e la sensazione che il corpo comunque tende ad adattarsi e che se non faccio cose stupide tutto è possibile.”
“La curiosità e la voglia di vedere se ce la posso fare, sempre con la consapevolezza che non sono un super eroe e che quindi posso anche fallire perché fa parte del gioco.”
“Sono sempre stato attirato dall'estremo mi piace mettermi in competizione con me stesso.”
“Il miglioramento atletico che permette di sentirsi ancora atleticamente validi.”
“Ora non sposto più i miei limiti fisici! Ora li conosco e li gestisco.”
“Il gusto di superarli.”
“Penso che adesso non spingo più al limite perchè ho capito che una gara non è tutto, penso che nessuno spinga al limite in queste cose, il limite si raggiunge quando non hai scelta e le gare non sono la guerra.”
“Le mie condizioni fisiche e mentali.”
“Il sentire come il corpo si adatta bene a stimoli sempre maggiori, se aumentati con gradualità.”
“Voglio vedere fino a che punto posso arrivare senza farmi del male.”
“LA PASSIONE.”
“Non credo di spingere oltre il mio fisico, perché con il passare degli anni ti rendi conto che oltre non puoi andare.”
“Io nelle mie gare cerco sempre se posso di migliorarmi è l'istinto che mi porta a farlo.”
“Sana curiosità.”
“Più che cercare di allungare la distanza, cerco di migliorarmi a livello cronometrico qualora ci siano le condizioni: penso che l’uomo debba e possa migliorare costantemente sia dal punto di vista umano che sportivo. Il cronometro non deve essere una trappola, ma a volte testimonia il tuo impegno e il tuo amore per lo sport che ami.”
“Voler vedere dove posso arrivare per avere la conferma che si può fare tutto basta volere.”
“La ricerca di nuove emozioni e avventure, anche se credo che dopo il Tor de Geants non puoi andare oltre.”
“Sinceramente non penso mai dove posso arrivare, le cose mi capitano da un momento all’altro. Tutte le gare strane che ho partecipato, sono sempre arrivate così all’improvviso, ho sempre deciso di partecipare nel giro di 1 mese o poco più. Quasi mai calendarizzato una gara.”
Mena: “Ancora non sono mai arrivata al limite.”
UltraVale: “Senza dubbio la soddisfazione dei risultati raggiunti e il divertimento.”
Gianluca Di Meo: “Mettermi alla prova, capire chi sono e quanto posso ancora spingermi oltre.”
Vito Rubino: “La voglia di scoprire pienamente le mie potenzialità.”
Silvio Cabras: “Voler scoprire cosa sono capace di fare!”
Dante Sanson: “Boh, forse un senso di sopravvivenza è come se volessi dimostrare a me stesso che la mia vita non sarebbe mai perduta se dipendesse solo da quei 100/165 km e dal tempo in cui li percorro (al passatore ho fatto un gioco con me stesso arrivare al traguardo prima dell’alba).”
Monica Testa: “Per ora non sono mai andata oltre, credo che dopo i tre parti potrei superare tutto o quasi.”
Armando Quadrani: “Vedere fino a dove posso arrivare. Penso che se scientemente ogniuno di noi, se non prova con tutte le sue forze, fisiche e mentali, non potrà mai rispondere con esattezza a questa domanda.”
Riccardo Borgialli: “Credo siano la curiosità e lo spirito di avventura a muovere il tutto, il volere sempre di più per conoscere il più a fondo possibile noi stessi.”
Andrea Boni Sforza: “NON HO QUESTO OBIETTIVO, SONO UN AMATORE E CERCO SOLO DI TROVARE GIOIA E COSTRUTTO IN CIO’ CHE FACCIO, MA SENZA MAI SMETTERE DI PENSARE DI POTER ESSERE MIGLIORE DI CIO’ CHE SONO.”
Stefania: “La curiosità di vedere fino a dove posso arrivare.”
William Da Roit: “Il vedere con piacere che se ti alleni bene il tuo corpo si adatta a tutto!”
Simone Cataldi: “Provare a verificare fino a dove si può arrivare.”
Vito Todisco: “Sono amante dei numeri...forse è quest'amore che mi spinge a spostare l'asticella.”
Gian Paolo Sobrino: “La consapevolezza che quello che ho fatto fino ad ora l'ho fatto senza particolari difficoltà e sofferenze.”
Matteo Pigon: “La lotta che ho da sempre col mio subconscio.”
Mario Connor: “Il tornare in quel momento all’istinto animale, avere solo bisogno di pochi bisogni istintivi come mangiare bere dormire e bisogni fisiologici.”

Il saggio Psicologia dello sport e dell'esercizio fisico (dal benessere alla prestazione ottimale)  offre uno spunto di riflessione su aspetti quali la salute e lo sport.

Ne sono argomentazioni a riguardo, il raggiungimento della prestazione ottimale (peak performance), es. i record dei campioni, lo sperimentare il Flow, considerato come uno stato alterato di coscienza dove tutto funziona alla perfezione ed anche l’IZOF, una zona di funzionamento ottimale che porta l’atleta a raggiungere la sua  peak-performance.
Inoltre sono trattate le difficoltà, i disagi dell’atleta, che possono essere di natura emotiva, di attivazione ottimale, di bassa autostima, di affollamento a livello mentale di pensieri disturbanti, e, per finire di natura relazionale, cioè relativi ad una figura professionale che gravita attorno al mondo dell’atleta.

Piazza Ragusa n. 5 Roma
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http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html

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