sabato 23 settembre 2017

Gli allenatori sono poco propensi ad allenare per le ultramaratone

Matteo SIMONE
3804337230- 21163@tiscali.it
 

Gli allenatori sono poco propensi ad allenare per le ultramaratone, si impara di più ascoltando e frequentando i più esperti, comunque è un mondo dove è importante entrarci gradualmente e non farsi  prendere dalla foga dei tanti chilometri e tante gare, meglio puntare a obiettivi di gare e fare un percorso graduale per arrivarci.

Per quanto riguarda gli allenamenti bisogna abituarsi alla fatica e a superarla; per l'alimentazione, bisogna abituarsi a mangiare sempre e poco in allenamento e in gara, bisogna capire quello che il nostro organismo ha bisogno in gara, in gare lunghe il fisico ci sorprende, ci richiede le cose più strane, anche birra e vino; importante è l'approccio mentale focalizzato sull'avanzare senza guardare il traguardo lontanissimo, vivere l'esperienza presente.
Chiamateli pure masochisti o incoscienti ma in realtà è il benessere che si sperimenta  a spingere persone a dedicarsi allo sport di endurance; un benessere particolare che agisce sulla testa e si diffonde per tutto il corpo e rimane ancorato nella propria anima come un'arma da utilizzare nelle situazioni più difficili emotivamente.
In effetti è risaputo e sperimentato che lo sport rende felici, incrementa consapevolezza, sviluppa autoefficacia consolidando la fiducia in se stessi di poter far qualcosa, di riuscire in qualcosa, inoltre lo sport incrementa la resilienza, si affrontano e si superano meglio i problemi, le crisi, le difficoltà, si è più attenti e gentili.
Certo si cerca la performance ma c'è anche la voglia di mettersi in gioco, di mantenersi in forma, rincorrere il benessere psicofisico, emotivo e relazionale; la voglia di fidarsi e affidarsi a qualcuno che ti fa compagnia, che ti porge una bevanda, che ti aspetta; una spinta motivazionale dettata da cuore, testa e corpo per provare a stare nel gruppo che contiene e sostiene, per non mollare, per occuparsi di se stessi e degli altri, per raccontarsi, per far parte di un gruppo, una squadra con progetti di gare, per ricordare momenti passati insieme, per condividere momenti di pre-gara fatti di viaggi e incontri, per superarsi, questo è lo sport che vogliamo che incrementa consapevolezza, autoefficacia, resilienza e spirito di squadra e appartenenza. Chiamateli pure masochisti o incoscienti, ma in realtà quello che emerge dalle varie storie e testimonianze è che si tratta di un mondo fantastico e sorprendente, affascinante e protettivo. E a casa si porta sempre qualcosa.
E’ importante lavorare su obiettivi, sul superare errori e sconfitte, si impara da tutto ciò che succede e si può fare meglio in futuro come individui e come squadra conoscendosi meglio.
Si impara sempre dall'esperienza, importante è mettersi in gioco, uscire dalla zona di comfort, si può scegliere di restare seduti dietro le quinte, comodi, ma solo mettendosi in gioco e facendo esperienza ci possono essere i presupposti per far meglio e conoscersi meglio, la prossima volta si potrà fare diversamente e meglio.
I famigliari inizialmente non approvano la passione di un ultramaratoneta che percorre tanti chilometri su strade o sentieri in condizioni atmosferiche difficili, a volte ai limiti della sopravvivenza, ma con il tempo comprendono che l’atleta si dedica ad una passione che lo coinvolge e che gli permette di sperimentare benessere.
Sto continuando ad approfondire e sperimentare il mondo degli ultrarunner fatto di fatica e soddisfazioni, di programmi, di obiettivi, di percorsi, di viaggi interiori. Sto continuando l'approfondimento sia in modo diretto, partecipando ad alcune gare, sia attraverso interviste, racconti e testimonianze da parte di atleti di queste discipline di sport di endurance e di ricerca personale.  Buona strada con attenzione.

Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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