Matteo Simone
Ecco casa spinge persone a percorrere lunghi percorsi e lunghe gare correndo per chilometri e chilometri fino al traguardo, traguardi dopo 247 km.
Chiamateli
pure masochisti, ma si tratta di persone che si emozionano, si mettono in
gioco, si arricchiscono dentro e portano a casa sempre qualcosa, una medaglia,
tanta soddisfazione, tanta gioia pura.
Di
seguito Giuseppe racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Ciao Giuseppe ancora finisher alla Spartathlon che effetto ti fa? “Un'emozione incredibile; gioia pura
per aver concluso una gara davvero magica e unica. E' tutto incredibilmente ben
organizzato, il tutto a misura di corridore che si sente sostenuto in ogni
momento grazie anche ad un pubblico sempre caldo, appassionato e competente.
Una gioia ancora più intima perché giunta in un momento personale non facile.”
Tanta
roba, tanta emozione, tanta soddisfazione, qualcosa di inesprimibile,
terminare una gara impegnativa e durissima dove ci si accede dopo prove dure e
lunghe, dove non tutti riescono e dove solo pochi riescono a ottenere l’iscrizione.
Dei partenti non tutti arrivano al termine, una gara faticosa, dove ti puoi
fermare per stanchezza fisica o mentale, per ipotermia, per altri motivi.
Quali i momenti critici? Eventuali crisi o difficoltà? “Le crisi lungo un percorso tanto difficile, lungo (con i suoi oltre 240 km) e selettivo sono state svariate; il momento sicuramente più duro, e in cui a più riprese ho pensato al ritiro, è stato nelle ore del pieno della notte in cui abbiamo affrontato un lungo tratto di salita e successiva con pendenze molte impegnative e soprattutto sotto un diluvio battente e forte vento.
Quali i momenti critici? Eventuali crisi o difficoltà? “Le crisi lungo un percorso tanto difficile, lungo (con i suoi oltre 240 km) e selettivo sono state svariate; il momento sicuramente più duro, e in cui a più riprese ho pensato al ritiro, è stato nelle ore del pieno della notte in cui abbiamo affrontato un lungo tratto di salita e successiva con pendenze molte impegnative e soprattutto sotto un diluvio battente e forte vento.
Ho faticato tantissimo e patito un freddo
pungente sostenuto solo dal pensiero di
poter tagliare il traguardo. Finalmente la strada è tornata a spianare e le
prime luci del giorno mi hanno scaldato e spinto verso Sparta.”
Tutto
torna, tutto passa, si arriva sempre a vedere la luce alla fine del tunnel,
alla fine della notte, all'inizio del giorno. Le crisi sono tante ma gli
ultrarunner e in particolare Giuseppe è abituato a conoscerle, affrontarle,
gestirle, superarle, ci si adatta a tutto, al freddo, al caldo, alla pioggia,
ci si alimenta bene e a sufficienza, si è provvisti di tutto, acqua, barrette,
gel.
Nuovi incontri? Hai corso tratti in compagnia? “Una mia caratteristica, non so dire se
positiva o negativa, è quella di correre quasi sempre in solitaria.
Difficilmente trova dei compagni di avventura, o vanno troppo forte o troppo
piano e allora vado con il passo cercando di rimanere concentrato sulla gara.
Anche qui ho corso praticamente sempre da solo scambiando poche parole di
sostegno solo durante le fasi di sorpasso.”
Una
gara con se stessi, contattando il profondo sé, il vero sé, in cerca di risposte
e di conferme, attento alla strada e a se stessi, attento alla direzione per arrivare
sano e salvo al traguardo e attento anche alle richieste del proprio corpo.
Tutto come previsto? Eri fornito di abbigliamento e cibo adeguati? “Prevedere tutto è impossibile, diciamo
che sono arrivato come previsto e sognato. Quest'anno, a differenza dello
scorso anno quando mi accompagnò l'amico Marco, non avevo un equipaggio di
supporto lungo il percorso e mi sono dovuto organizzare in maniera
completamente autonoma usufruendo solo dei servizi garantiti dall'organizzazione ai vari punti
di controllo dove era possibile mangiare, idratarsi, cambiare materiale tecnico
in funzione del tempo e anche sottoporsi a massaggi defaticanti che
personalmente faccio varie volte in gare come questa che durano più di trenta
ore. Chiaramente in queste condizioni è tutto più complicato, devi mettere in
preventivo un sacco di cose e devi veramente saperti gestire in tutto e per tutto.
Ho corso sempre con uno zainetto molto leggero che conteneva tutto quello che
avrebbe potuto servire in primis acqua e sali minerali. Terminare la gara in
completa autonomia è duro, anche dal punto di vista psicologico non si ha mai
il sostegno e l'incoraggiamento di una voce amica. Quando finisci però la
soddisfazione è ancora più grande.”
La
soddisfazione di finire la gara in queste condizioni è sempre la cosa più bella,
ti permette di credere che si può fare tutto se lo vuoi, se ti impegni, se ti prepari
bene, se sei fiducioso, se sei previdente, non si inventa nulla, ci si organizza
per fare il proprio meglio.
Cosa portò a casa?
“Un'esperienza unica, difficile da trasmettere e soprattutto la sensazione che
alla mia età posso ancora migliorarmi se ben allenato. E molta esperienza.”
Trattasi
di gare per gente adulta e matura, gente con tanta esperienza di soffrire e sopportare
ma no perché è masochista, perché sa apprendere sempre di più dalla scuola della
vita, per fortificarsi sempre di più, una palestra per affrontare situazione lavorative
e familiari e anche personali difficili che ti mettono alla prova prima o poi e devi
sentirti pronto ad affrontare tutto così come succede in una gara ultra come la
Spartathlon.
Cosa stai raccontando a casa, agli amici, al lavoro, a te stesso? “ Tutti mi chiedono, vogliono sapere e
io ben volentieri illustro la mia partecipazione. Per la gente comune correre
per 250 km è una cosa distante anni luce non riesce a capire a fondo. A me
stesso dico semplicemente "bravo Giuseppe" in un modo o nell'altro
hai portato a casa il risultato in mezzo a tante difficoltà. Dico bravo non
bravissimo perché sento di valere un tempo migliore e spero di poterlo
dimostrare nelle prossime edizioni.”
Si
fanno queste gare anche per ricordare, per raccontare agli altri e a se stessi, per
trovarsi in situazioni difficili e uscirne sempre, proseguendo sempre con estrema
attenzione e non sottovalutando niente, nemmeno il minimo dettaglio e non abbassando
mai la guardia, sempre centrato e focalizzato sul momento presente, avanzando chilometro
dopo chilometro, fiducioso e sicuro di se.
Nuove consapevolezze? Mete? Obiettivi? Direzioni? “Nuove consapevolezze non ce ne sono;
alla mia età ci sono solo conferme: la conferma di praticare una disciplina
estrema e che richiede tanto impegno, sacrificio e umiltà. Ma il tutto è
ampiamente ripagato e la direzione è certamente quella corretta da seguire fino
in fondo.”
Bella
storia, bella testimonianza, di uno sport che vogliamo non perché siamo masochisti
ma perché vogliamo provare ad adattarci alle situazioni più difficili per apprezzare
quello che abbiamo.
Un’intervista a Giuseppe è riportata nel mio libro La 100km del
Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.
La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza: Cosa
significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad
allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza? La 100km del Passatore è una
classica e famosa gara di corsa a piedi da Firenze a Faenza.
È un libro che
racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che
hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste
aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da
avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione.
Sono trattati aspetti della
psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità
e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli
obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro
dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
21163@tiscali.it +393804337230
Nessun commento:
Posta un commento