#RomOrtonaNOSTOP di Alex Tucci e Roberto Marini
Matteo Simone
Roma-Oortona No Stop di corsa Sul Cammino
di San Tommaso 320km 🏃.
Una lunga corsa a due lungo le 16 tappe del Cammino di San Tommaso. Alex Tucci e Roberto Martini Personal
Running Coach di corsa no stop in un’unica tappa.
#RomOrtonaNOSTOP di Alex Tucci e Roberto
Martini Personal Running Coach partiti il 16 Ottobre 2020 da Roma per arrivare a
Ortona domenica 18 per realizzare questo loro sogno: collegare il Lazio e
l’Abruzzo correndo da Roma ad Ortona no stop i 320 km del Cammino di San
Tommaso.
Di seguito approfondiamo la conoscenza
di Alex, dell’ASD Gruppo Podistico Il Crampo, attraverso risposte ad alcune mie
domande.
Ti sei sentito campione nello sport
almeno un giorno della tua vita? “Sì, mi capita
spesso, negli allenamenti, quando mentre corro sogno a occhi aperti e con le
gambe che girano. Mi assento nei miei pensieri immaginando trionfi e grandi
emozioni.
Sono momenti davvero speciali. Se dovessi fare riferimento a un
unico evento, mi verrebbe da dire quando ho corso la mia prima Ultra Trail nel
2016 al Trail Sacred Forest 80km 4500 mt D+. Arrivai sorprendentemente 2°
assoluto e quel giorno, è stato per me davvero speciale”.
Quella gara è stata vinta da Carlo Salvetti che ha preceduto Alex Tucci e Claudio Lotti. Il 2016 è un anno da ricordare per Alex anche per i suoi Personal Best a Roma sulla mezza maratona 1h14’26 e maratona 2h40’01.
Qual è stato il tuo percorso nella
pratica sportiva? “Come la maggior parte di noi
runners amatori, ci si avvicina a questo sport dopo averne provati altri. La
corsa è vista da tutti come uno sport duro. Prima di iniziare a correre, ho
giocato a calcio per 12 anni. È stato uno sport che ho avuto la fortuna di
praticare a un buon livello e in settori giovanili dove sono stato seguito
sempre da grandi tecnici che prima della pratica del calcio stesso, mi hanno
dato tanta disciplina”.
Tanti runner provengono dal calcio e si
dimostrano bravi atleti continuando a praticare uno sport con più
introspezione, senza una squadra a cui dar conto, senza essere scelti come
titolari o riserve ma diventando manager di sé stessi, scegliendo loro
allenamenti o gare per poter continuare ad alimentare una loro motivazione
intrinseca che dura molto di più nel tempo senza giudizi e senza pressioni.
Nello sport quali fattori contribuiscono
al tuo benessere e alle tue prestazioni? “Dico sempre che lo
sport, specialmente lo sport di endurance è per me composto da 20% di forma
fisica, 30% dalla giusta alimentazione e il 50% dalla mente che va comunque
molto allenata”.
Concordo, a questa conclusione sono
arrivati anche tanti allenatori che all’inizio si rifiutavano di allenare loro
atleti per distanze superiori alle maratone perché è un po’ più complicato,
bisogna mettere da parte un po’ di razionalità e un po’ di tabelle e lavorare
sugli aspetti mentali che hanno a che fare con la motivazione, fiducia in sé,
resilienza, pazienza.
C'è qualcuno che tiene al tuo benessere
e alle tue prestazioni nello sport? “Non ho nessuno a
cui faccio riferimento. Cerco di prendere spunti e filtrare le informazioni
date dalle esperienze di persone che ne hanno più di me. Poi ho comunque un
tecnico (e grande motivatore) che mi segue nei miei allenamenti. Il grande
Enrico Vedilei. Avere un tecnico penso sia molto importante perché ti aiuta a imboccare le giuste strade per arrivare prima al tuo obiettivo”.
L’esperienza conta tanto soprattutto
nello sport di ultratrail dove sono tanti gli aspetti da curare oltre
all’allenamento fisico e mentale c’è anche un adeguato abbigliamento tecnico e
integrazione per poter permettersi di durare a lungo, anche giornate intere
facendo sport. Enrico ha una lunghissima carriera sia da atleta che da
coordinatore della Nazionale Ultratrail, ho avuto modo di incontrarlo in gara
quando vinceva la maratona di San Marino negli anni 2001 circa e poi in
occasione del raduno premondiale ultratrail proprio a Badia Prataglia nel 2015
dove Alex è arrivato 2° al Trail Sacred Forest.
Cosa pensano i tuoi familiari e amici
della tua attività sportiva? “Sono molto
fortunato su quest’aspetto perché ho amici che mi stimano tanto per quello che
faccio e i miei familiari, sono altrettanto entusiasti in ogni pazza idea che
mi faccio venire in mente. Poi avendo anche mio padre ultra trail runner,
allora posso ritenermi proprio privilegiato”.
In effetti è un gran privilegio far
parte della grande famiglia degli ultratrail, un mondo considerato bizzarro,
forse estremo, ma tanto sorprendente e affascinante.
Ti va di descrivere un episodio curioso
o divertente della tua attività sportiva? “Proprio a
poche ore prima della mia prima ultra trail, nella mia ignoranza e paura di
avere delle crisi, ho preparato circa 15 panini con prosciutto e formaggio
oltre a barrette e frutta a volontà da consumare durante la gara. Avendo mio
padre a farmi assistenza non mi sono preoccupato delle quantità. Al traguardo
mi sono accorto di non averne toccato neanche uno di tutti quei panini. Ogni
tanto ci ripenso e rido da solo”.
Grande testimonianza, meglio essere
previdenti soprattutto alle prime esperienze, poi ci si accorge che si viene
presi nel flow della gara, soprattutto se si è in giornata dove tutto fila
liscio, tutto è fluido, come stare in trance, attraversando boschi e foreste
con accortezza ma sicurezza di riuscire fino al traguardo sano e salvo senza
perdersi tra i pensieri e nemmeno tra i sentieri alternativi.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
praticare lo sport? “Ho scoperto di essere molto
determinato. Ho capito che quando voglio e sogno una cosa, in un modo o
nell’altro riesco ad ottenerla. Questa è una cosa molto bella e gratificante,
ma se in quello che faccio non ci credo al 100% ma ho già qualche semplice
dubbio, allora diventa tutto più complesso se non impossibile”.
In effetti, per raggiungere obiettivi
ardui e sfidanti, per tramutare sogni in realtà, bisogna avere una passione
altissima, una forte motivazione, e tanta fiducia in se stessi di potercela
fare e poi basta seguire percorsi di allenamento che fanno giungere fino al
traguardo per apprezzare quello che si è riusciti a fare soprattutto la tanta
fatica che alla fine si rivela amica, perché grazie a essa si ottiene tutto,
basta accoglierla, assecondarla e farsela amica.
Quali capacità, caratteristiche, qualità
ti aiutano nel tuo sport? “Penso che la qualità che mi
aiuti di più sia proprio la determinazione. Poi ovviamente ognuno di noi ha
delle diverse caratteristiche particolari che lo aiutano ad essere migliore in
specialità diverse, basta capirle e vedere se combaciano con quello che ci
piace veramente fare”.
Volere, volere, volere, fare, fare,
fare; provare, provare, provare, insistere, insister, insistere, crederci,
crederci, crederci, rialzarsi, rialzarsi, rialzarsi. Queste sono alcune chiavi
del successo e sembra che Alex abbia dalla sua parte una grande consapevolezza
e una elevatissima determinazione che lo spingono a impegnarsi per raggiungere
i suoi obiettivi molto ardui ma tantissimo soddisfacenti per lui stesso e per
chi gli è vicino.
Che significato ha per te praticare il
tuo sport? “Per me praticare il mio sport è praticamente
diventato una delle cose più importanti della mia vita. Ho capito che oltre a
farmi emozionare e sognare, lo sport è il mio miglior insegnante di vita. Lo
sport ci insegna tante cose che se applichiamo al lavoro, famiglia e amici, ci
aiuta a vivere meglio”.
Lo sport è un veicolo di apprendimento
graduale di come affrontare la vita giorno per giorno con le sue problematiche
ma anche di come goderne dei lati positivi, quindi vivere appieno attraverso lo
sport che permette di sperimentare sensazioni ed emozioni forti e intense
raggiungendo obiettivi e mete sfidanti e sorprendenti, un grande orto da
continuare a coltivare.
Quali sono le sensazioni che sperimenti
nello sport? “Essendo un ultra trail runner, le
sensazioni che sperimento maggiormente sono quelle legate alla fatica, come
combatterla e come superarla. Praticamente mi alleno a sperimentare le famose ‘crisi’
che possono durare diversi minuti o diverse ore. La mente lì è tutto”.
È un allenamento alla fatica, alla
crisi, un adattamento graduale alle situazioni difficili che rende sempre più
fiduciosi in sé stessi, consapevoli e resilienti.
A cosa devi prestare attenzione nel tuo
sport? Quali sono le difficoltà, i rischi? “Le
difficoltà maggiori nella pratica del mio sport insieme ai rischi sono gli
infortuni. Essere un ultra trail runner comporta aver a che fare con l’usura
del corpo. Bisogna quindi allenarsi in modo giusto e se possibile alternando
anche discipline diverse”.
Quali condizioni fisiche o ambientali ti
ostacolano nella pratica del tuo sport? “Correre in
ambienti naturali, richiede maggior concentrazione, soprattutto nelle ore
notturne. Non è semplice riuscire a tenere alta la concentrazione per ore e a
volte giorni. Purtroppo si corrono spesso diversi rischi ed è capitato che a qualcuno
gli è costata la vita”.
La pratica di sport di endurance non
significa che bisogna spegnersi o consumarsi facendo sport ma far sì che si
possa sperimentare anche sollievo e riposo da periodi meno impegnativi dove
bisogna coccolarsi e aver cura di sé stessi, soprattutto delle parti più
soggette a traumi come gli arti inferiori, schiena, articolazioni.
Cosa ti fa continuare a fare attività
fisica, hai rischiato di mollare di fare sport?
“Sicuramente la voglia di spingersi oltre e di voler provare sempre nuove
sfide ed emozioni. Inoltre dico sempre che le corse sono ‘viaggi’ e io non
voglio smettere di farlo. Il rischio di dover mollare appartiene a tutti e ce
l’abbiamo in ogni momento. Io non do mai per scontato quello che riesco a fare
quotidianamente e ringrazio di essere così privilegiato”.
È importante sempre focalizzarsi nel
momento presente, cavalcando il bisogno e l’esigenza presente che porta a
sperimentare benessere e successo attraverso lunghi viaggi di fatica per mari e
monti, pianure e colline, salite e discese, sentieri e asfalti e quando c’è un
periodo avverso come stiamo vivendo questo della pandemia accettarlo, farsene
una ragione e rimodulare piani e obiettivi con pazienza e fiducia.
Un messaggio rivolto ai ragazzi per
avvicinarli allo sport? “Spesso mi invitano nelle scuole per
parlare di endurance e sogni. Il messaggio che cerco di lasciare ai ragazzi è
sempre quello che non esiste l’impossibile, nella vita e nello sport. Se
pensiamo di avere delle difficoltà davanti a noi, basta cambiare la prospettiva
delle cose, guardarle in modo diverso, rimboccarsi le maniche e andare decisi a
realizzare quello che desideriamo”.
Questo è un ottimo messaggio che serve
anche in questo periodo di pandemia dove ognuno di noi deve davvero rimboccarsi
le maniche e diventare un collaboratore responsabile per la risoluzione di
questo grande problema comunitario.
Ritieni utile la figura dello psicologo
dello sport? Per quali aspetti e fasi? “La figura dello
psicologo, io non lo ritengo utile solo nello sport, ma in tutto. Lo psicologo
è proprio colui che ti invita e insegna a dover guardare le cose da prospettive
diverse. Penso che nello sport non esista una fase dove è più o meno
importante. Penso che la sua importanza sia sempre valida e di grande aiuto”.
In effetti, lo psicologo serve anche a
dare un indirizzo soprattutto nei periodi di crisi come un infortunio,
sconfitta, mancanza di motivazione, o anche in un periodo di pandemia come
questo che stiamo vivendo.
Sei consapevole delle tue possibilità,
capacità, limiti? “No. Sinceramente i miei limiti non
li conosco, mi piace mettere sempre tutto in gioco e vedere fin dove posso
arrivare. Forse dei veri e propri limiti non esistono o forse sì, ma io non lo
so e sono felice di pensarla così”.
Quanto ti senti sicuro, quanto credi in
te stesso? “Io in realtà pur sembrando la persona più
determinata al mondo, spesso metto tutto in dubbio. Ho questa debolezza che mi
porta di rado a fare dei passi indietro. Poi torno a farmi coraggio e a credere
nelle cose e quindi in me stesso. Torno a pensare al fatto che se voglio
davvero, allora posso provarci dando tutto me stesso per arrivare agli
obiettivi prefissati. Quando capita di fallire, devo essere consapevole che non
potevo dare più”.
A volte non bisogna essere troppo calcolatori e razionali, a volte bisogna dare più spazio al cervello destro che è più creativo, immaginativo e meno limitante e dar spazio ai propri sogni, crederci un po’ di più.
Quale tua esperienza ti dà la
convinzione che ce la puoi fare? “Ne ho diverse, ma
racconto una delle ultime. Lo scorso giugno alle Lavaredo Ultra Trail 120 km e
5600D+ mi sentivo benissimo, avanzavo km dopo km con ottime sensazioni. Al
50°km mentre albeggiava ero proprio ai piedi delle famose Tre Cime. Dopo il
ristoro, sono ripartito e le gambe non andavano più. Completamente stanco,
bloccato, rallentato. Ero in crisi totale e piano piano sono andato avanti
aspettando che questa crisi finisse. Non è mai andata via. Ho fatto gli ultimi
70 km faticando tantissimo, ma sono arrivato senza ritirarmi perché nella mia
mente ho sempre pensato (e sperato) che quella crisi stava per finire. Lì ho
capito che se uno vuole e pensa positivo, ce la può fare”.
Questo messaggio torna utile in questo
periodo lunghissimo di crisi e sofferenza per tutti, questa grave pandemia che
arresta i nostri desideri e sogni ma che bisogna continuare a vivere e
sopravvivere andando avanti giorno per giorno finché ne usciremo da questo
tunnel, dai che manca poco.
Quali sono le sensazioni relative a
precedenti esperienze di successo? “Leggerezza,
felicità, soddisfazione. Il sapore del successo, dura poco, ma quando arriva
devi gustarti tutto a pieno perché non appena torni alla normalità e con i
piedi per terra, devi ripartire per fare altro. Soffermarsi troppo su cose
fatte e che ci hanno portato al successo aiutano a stare concentrati su quello
che stai facendo oggi, per nuovi successi”.
Vero, questa è una cosa che suggeriamo
anche noi psicologi dello sport, il successo fa metabolizzato, va custodito nel
cuore e nella mente, va tirato fuori insieme alle intense sensazioni correlate
nei momenti più bui quando siamo tentati a non crederci e abbiamo bisogno di
ritrovare entusiasmo.
Hai un modello di riferimento, ti ispiri
a qualcuno? “Ho pochi miti e tantissimi modelli.
Uno dei miei modelli ad esempio è Andrea Macchi. Lui è per me un modello perché
il giorno fa un umile e faticoso lavoro, la sera torna a casa dai suoi figli
piccoli, ma fra le mille difficoltà riesce a concretizzare il poco tempo libero
per allenarsi e ad essere determinato nelle sue uscite, tanto che oltre ad
essere atleta della nazionale, ha vinto alcune delle gare ultra trail più
importanti al mondo. Inoltre Andrea e uno dei più grandi insegnanti di umiltà”.
Questo è il privilegiato mondo degli
atleti di ultra trail che sembrano rispettarsi a vicenda mettendo da parte ogni
tensione e aggressività. Ho avuto modo di approfondire in diverse occasioni la
conoscenza di Andrea attraverso risposte ad alcune mie domande.
C'è una parola o una frase detta da
qualcuno che ti aiuta a crederci ed impegnarti?
“Ho diverse frasi che mi ripeto nella mia mente come dei mantra e che mi
aiutano davvero. Ultimamente mi capita di ripetermi continuamente queste due
frasi: ‘L’ovvio di oggi è sempre stato l’impossibile di ieri’ (Giancarlo
Orsini) e ‘Solo i pesci morti seguono la corrente’ (Gianluca Gotto)”.
Molto significative queste due frasi che
evidenziano la capacità di crederci in quello che si fa senza muri mentali e
mobilitando le energie occorrenti per raggiungere mete e sogni.
Come hai superato eventuali crisi,
infortuni, sconfitte, difficoltà? “Con tanta
pazienza, senza voler bruciare le tappe e con una grande forza di volontà nel
voler rimettermi sempre in gioco cercando di tornare a fare quello che mi piace
fare”.
Prossimi obiettivi? Sogni realizzati e
da realizzare? “Lo scorso anno, grazie ad un
progetto personale chiamato Mare Amaro, ho realizzato il sogno di collegare in
Abruzzo, la mia regione, mare-montagna-mare di corsa e in un giorno (120km
3000D+). Il mio sogno più grande oltre a quello di correre l’UTMB e il Tor Des
Geants, è quello di indossare la maglia azzurra. Se bisogna sognare, allora
tanto vale farlo in grande. Grazie mille per l'occasione e la possibilità che
mi hai dato di raccontare un po’ di me”.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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