Non pensavo di avere tutta questa
volontà mentale
Matteo Simone
3804337230- 21163@tiscali.it
Lo sport aiuta a distrarsi, a svagarsi, a decidere obiettivi da portare a termine, a sentirsi più sicuri e fiduciosi nel risolvere problemi e situazioni difficili.
Di seguito, Marco (Podistica Solidarietà)
racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande di alcuni anni fa.
Qual
è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta?
Non potendo gareggiare spesso la
domenica, visto che lavoro, poche 10 e 21km, circa 7/8 maratone e poi un Passatore
(100km) all’anno, ora sono più proiettato verso gli ultratrail.
Marco ha corso la sua prima 100km del Passatore
il 29 maggio 1999 concludendo in 11h30’38”, la sua migliore prestazione al Passatore
l’ha ottenuta il 26 maggio 2001 in 8h35’44” e poi il 12-13 ottobre 10.2013 ha corso la sua prima ara di ultratrail,
l’Eco Trail “Le Vie di San Francesco - Long way 130km”, in 25h30’.
Cosa
ti motiva a essere ultramaratoneta? Me lo chiedo spesso anch’io, ripeto, sarà perché le domeniche per me
sono lavorative, io faccio sempre una battuta: “mio fratello il permesso me lo dà
solo oltre i 42 km”, a parte la battuta è un po’ così, se devo prendere una domenica
la preferisco prendere per una lunga gara/avventura.
Hai
mai rischiato per infortuni o altro di smettere di essere ultramaratoneta?
Si, nel 2005, al solito stavo preparando
il Passatore, passando da tantissimi allenamenti e la maratona di Roma. Prima
di questa maratona, correvo sempre sul tappeto una mezza a 3’45’’, mi si gonfiò
il ginocchio, problemi di cartilagine al ginocchio sinistro, stop di 1 anno e
mezzo, ma ne sono uscito fuori, il consiglio dell’ortopedico dell’IOR di
Bologna fu, mai più Passatore, invece nel 2007 Maratona di New York, poi
accompagno una podista a Sabaudia e Roma 2010 e poi ricorro il Passatore, è più
forte di me e poi ritengo che sia molto più traumatico la corsa veloce corta
(21 km) che non un lungo viaggio/corsa ad andatura lenta, ora infatti corro
molto più lentamente.
Purtroppo si mettono in conto gli
infortuni e bisogna essere pazienti e fiduciosi per riorganizzarsi e saper
aspettare di poter riprendere.
Cosa
ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta?
Il viaggio, l’avventura, i lunghi
percorsi, 24 ore e più a non pensare allo stress lavorativo, sembra di essere
entrato in un'altra dimensione, dentro se stessi.
In effetti gare di corsa di endurance
sono lunghi viaggi speso da soli con se stessi, dove si pensa, si immagina, si
elaborano situazioni e pensieri, si progetta, si è in contatto con se stessi,
il proprio respiro, sensazioni corporee, in ascolto del senso di fame e sete,
caldo e freddo, osservando se stessi, eventuali altre persone e ambiente
circostante.
Hai
sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
Si, dolore alla stomaco nelle gare corte
per mantenere gli alti ritmi. Per le ultra, dolore alle gambe, ma principalmente
limiti mentali, quando la testa dice stop, ma si continua ad andare avanti,
dice Lisa Borzani, “ultra” del TDG: “E’ dura, molto dura perché la testa sta
assecondando il fisico”, non bisogna permettere questo; poi esiste il limite
fisico, quello secondo me non può essere superato, bisogna solo allenarsi di
più e portarlo più in là, ma un limite esiste, ma solo fisico non mentale.
In gare lunghissime di ultratrail
succedono tante cose, tante crisi e situazioni difficili da studiare,
approfondire, capire, accettare, risolvere con la consapevolezza che possiamo
decidere di continuare sperando che tutto passa. Quindi bisogna conoscersi
bene, e capire cosa scegliere di fare.
Un'intervista a Lisa è riportata nel mio
libro "Lo sport delle donne".
Lisa è menzionata nei miei libri
“Ultramaraotneti e gare estreme”, “Sport, benessere e performance”,
"Maratoneti e ultrarunner", "Cosa spinge le persone a fare
sport?"
Quali
meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme?
La mia testardaggine, la mia forza mentale,
difficilmente mollo, sia a lavoro che nello sport, nella vita in generale.
Quale
è stata la tua gara più estrema o più difficile?
La TDS del Monte Bianco, 29 ore con
dislivelli durissimi, discese durissime, dove bisognava reggersi alla corda,
stare attenti a non scivolare giù nei burroni.
Una
gara estrema che ritieni non poter mai riuscire a portare a termine?
Nessuna, ancora oggi ritengo che possa
arrivare in fondo a qualsiasi gara, con l’avanzare dell’età non so, i miei
prossimi obbiettivi sono UTMB e TDG e spero di riuscirci.
Hai
un sogno nel cassetto? La Nove Colli Running, ma di più l’UTMB e la TDG, il trail lo
preferisco ultimamente.
Questa intervista risale a giugno 2015,
nel frattempo Marco ha trasformato i due suoi sogni in realtà. Il 26-28 agosto 2016
ha portato a termine l’Ultra Trail Tour du Mont Blanc (UTMB) 170km in 44h29’14”
e il 10-17 settembre 2017 ha portato a termine il Tor des Géants - 330 km
Endurance Trail della Valle d'Aosta in 5 giorni 12 ore 47 minuti e 19 secondi.
C’è
una gara estremi che non faresti mai? Nessuna, le farei tutte.
Cosa
ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?
Non lo so, c’è qualcosa dentro che mi
spinge ad andare oltre, che mi fa star bene dopo una fatica del genere,
soddisfatto di aver superato me stesso.
Quello che succede a molti atleti, soprattutto
di sport di endurance è che la fatica diventa amica, esiste ma si riesce ad
accoglierla, gestirla, superarla, perché poi si apprezza i risultati ottenuti,
grandi soddisfazioni nell’allenamento fatto o nell’arrivare a traguardi.
Cosa
pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?
Molti amici pensano che io sia matto,
forse che voglio dimostrare loro che sono più bravo, più forte, altri mi
ammirano, in pochi voglio vivere queste esperienze con me, mia moglie mi
sopporta, dice sempre che non può impedirmi di correre, ma lo farebbe
volentieri, a lei piacerebbe che corressi di meno, magari 2, 3 volte a
settimana per massimo un’ora, i miei figli sentono che spesso manco a casa, già
lavoro tanto, poi quando potrei stare con loro vado a correre, hanno ragione,
forse dovrei lasciare le ultra? Le maratone? Correre solo per star bene
fisicamente? Forse dovrebbe essere così, ma non lo è.
Come
è cambiata la tua vita familiare e lavorativa?
Tanto, purtroppo devi trascurare
qualcosa, e io ho trascurato, e non poco, la mia famiglia.
Purtroppo si fanno scelte nella vita, si
hanno priorità, si pensa a se stessi e agli altri e si trova un sano equilibrio
tra proprie passioni, lavoro, famiglia, bisogna saper coltivare tutti gli orti
che si hanno a disposizione cercando di non trascurare troppo alcuni.
Che
significa per te partecipare ad una gara estrema?
Vivere quel viaggio, ringrazio sempre gli
organizzatori per darmi la possibilità di correre o camminare in luoghi dove
forse non sarei mai andato.
Questa risposta è molto interessante e
importante per apprezzare quello che fanno gli organizzatori che spesso sono
molto criticati ma non è difficile organizzare la gara, non si può prevedere
tutto, non si può accontentare tutti, ma importante è che ci permettono di fare
forti e interessanti esperienze di sport, di vita e soprattutto lunghi viaggi.
Ti
va di raccontare un aneddoto? Matteo non mi viene in mente nulla, avrei tante storie da raccontare,
tante gare che lasciano il segno (positivamente parlando) ma aneddoti non me ne
vengono in mente, nelle gare ultratrail incontri persone per vari km parli con
loro, poi ci si lascia ad un ristoro, poi si continua il viaggio con altri
amici, all’ultimo passatore prima incontrai la vincitrice di una 100 km del
Sahara, stava attraversando una crisi pazzesca, l’ho incoraggiata a non
mollare, a camminare che la crisi prima o poi passa, ed è passata, poi ho
incontrato un ultra che aveva corso la settimana prima la nove colli e correva
per defaticamento la 100 km del Passatore, invece intorno all’80° km sorpasso
un podista, vedo che si mette in coda, gli dico vai avanti e lui mi risponde
non ti preoccupare vai avanti tu che hai la luce, percepisco dall’accento che è
un ciociaro, gli chiedo ma di dove sei ? e lui mi risponde, di Cassino ed io,
allora sei Antonio Di Manno e lui con stupore mi risponde di si, e tu sei Marco
Stravato allora? ci eravamo sempre scambiato delle battute su FB, ma non ci
eravamo mai conosciuti di persona, così abbiamo condiviso molti km di quel
Passatore, poi negli ultimi 5 km lui stava meglio ed ha accelerato.
Cosa
hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?
Sicurezza, ho vinto la mia timidezza, la
mia forza, non pensavo di avere tutta questa volontà mentale.
Se
potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?
Inizierei prima a correre le ultratrail,
sono viaggi molto più intensi, panorama bellissimi. Farei tutto ciò che ho
fatto, sportivamente parlando.
Usi
farmaci, integratori? Per quale motivo? Aminoacidi prima delle gare o allenamenti lunghi, Sali minerali quando
fa caldo, enervit gt che compro al supermercato, polase. Nelle ultra si
andrebbe troppo sotto scorta, quindi penso sia quasi essenziale, certi limiti
sarebbe impossibile da raggiungere, non uso nient’altro però.
Marco è menzionato nei miei libri:
Ultramaratoneti e gare estreme
Chi sono gli ultramaratoneti? Cosa motiva questi atleti? Quali meccanismi psicologici consentono loro di affrontare gare estreme? Cosa li spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?
Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida, Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH), giugno 2019.
Il libro riporta alcune interviste fatte ad atleti di diverse discipline sportive e indaga sulle motivazioni che spingono le persone a fare sport. Non solo la performance, ma anche la voglia di mettersi in gioco, di mantenersi in forma, di rincorrere il benessere psicofisico, emotivo e relazionale. Una spinta motivazionale dettata da cuore, testa e corpo per provare a non mollare e per migliorarsi.
La 100km del passatore. Una gara fra coraggio e resilienza
Cosa significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza?
Matteo
SIMONE
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