Matteo SIMONE
Essere ultramaratoneta significa correre oltre i 42 km che sono quelli di una maratona, quindi tutte le gare che superano i 42 km si definiscono ultramaratone.
Trattasi di uno sport che non ha
molta eco e che soprattutto dovrebbe avere più prescrizioni per poterlo
praticare in sicurezza, afferma Angelo Fiorini, un corridore che praticava il
calcio come sport preferito ma poi quasi per caso pian pianino si è avvicinato
alla corsa che l’ha coinvolto ed assorbito al punto da sperimentare una sorta
di dipendenza dai chilometri sempre più numerosi fino a farsi del male per non
aver preso sane e giuste decisioni.
Ecco come racconta il suo
percorso per diventare un ultramaratoneta convinto: “Il mio percorso per diventare
ultramaratoneta, è stato molto graduale. Ho iniziato oltre 15 anni fa, spronato
da un amico, a corricchiare nel parco per passare il tempo mentre i nostri
figli si allenavano alla scuola calcio. Con poco entusiasmo gli ho dato retta,
perché ero un amante praticante del pallone.
Infatti, fin da ragazzo ho giocato
con molta passione partecipando a campionati regionali con molto successo, ma
che ho dovuto lasciare quando a diciannove anni ho iniziato a lavorare e non
potevo più allenarmi per poter giocare la domenica.
E cosi ho continuato ma
solo nel fare le partite con gli amici e colleghi di lavoro. Quindi la corsa
non mi diceva gran che, ma giorno dopo giorno, km dopo km, la cosa cominciava
ad intrigarmi soprattutto perché le gambe rispondevano bene alla fatica e il
fiato c’era! Così mi sono iscritto ad una Società sportiva e ho iniziato ad
allenarmi per fare qualche gara, prima da 10 km, poi la prima mezza maratona,
la seconda, la terza e finalmente la voglia di provare la vera maratona: quella
di Roma! E’ stato un successo personale, una grande soddisfazione per un
traguardo che fino ad un anno prima neanche mi sarei sognato! E cosi con la
consapevolezza di avere una capacità in tale disciplina, ho continuato e di
maratone ne ho fatte in varie parti di d’ Italia. La svolta ci è stata quando
ho cambiato società sportiva, iscrivendomi alla Società Villa de Santis, dove
ho trovato un gruppo di veri “matti” per la corsa, tanto da convincermi a fare
la prima ultramaratona da 50 Km, la Pistoia Abetone, poi la 100km degli
Etruschi poi la ventiquattrore, dove ho percorso 185 km, poi le Tre Cime Di
Lavaredo sulle Dolomiti da 50 km circa e la Nove colli di oltre 202 km tra i
colli dell’Emilia Romagna! Nel giro di tre anni abbiamo partecipato a tante
ultramaratone tanto da vincere per tre anni di seguito il campionato Iuta che è
la formula uno degli ultramaratoneti tra società di tutta Italia.”
Angelo ha sperimentato un successo
personale e di squadra per aver contribuito ai successi della sua squadra:
“Villa de Sanctis”. E con il tempo sperimentava sempre più sicurezza e
convinzione di riuscire nelle sue imprese sempre più ardue.
Racconta la sua motivazione e
passione per le lunghe distanze: “La motivazione principale che mi ha
spinto ad iniziare tale percorso, è stata la mia caparbietà e tenacia nel
cercare il prossimo risultato dopo averlo ottenuto, sfidando la fatica fisica,
grazie ad un’ottima tenuta mentale che in questo tipo di attività estrema, è
fondamentale perché le gambe possono essere in forma ma se la testa dice no non
vai da nessuna parte!”
Angelo riusciva ad avere un
controllo mentale,
riusciva a non farsi fermare dal suo fisico, lui chiedeva alle sue gambe di
portarlo sempre al traguardo a qualsiasi costo.
Era una passione forte, ma a un certo momento qualcosa non ha funzionato
ed è stato costretto a fermarsi: “Non ho mai pensato di smettere ma nel momento
di massimo entusiasmo e di ottima forma fisica, ho dovuto fermarmi a causa di
gravi problemi fisici dovuti alla gara più estrema alla quale ho partecipato,
la Sparta Atene di 245 km, nell’ottobre del 2011. Dopo 172 km, sono stato
costretto a fermarmi e lo sono fino a tutt’oggi!”
Angelo ha sperimentato il suo
limite di essere umano,
un organismo da tenere in efficienza e non stressare al massimo. A volte ci può
essere qualcosa che non va, che non risponde efficientemente ai tuoi desideri,
ai tuoi ordini. Angelo ci racconta quello che è successo in una gara ritenuta
una delle più dure in Europa: “E’ stata proprio questa gara, la Sparta Atene
del 2011, che mi ha fatto sperimentare il limite delle mie gare e soprattutto
ho capito che bisognava che ascoltassi la richiesta di aiuto da parte del mio
fisico. Infatti dopo un inizio brillante della gara, al 130esimo km ho iniziato
a sentire sensazioni strane mai avvertite che mi hanno convinto a fermarmi e a
ritirami al km 172. In passato, nonostante problemi fisici ho resistito,
stretto i denti ma sono sempre arrivato al traguardo. In sintesi ho avuto una
grave insufficienza renale da rabdomiolisi, dovuta allo sforzo, alla cattiva
idratazione e alimentazione durante la gara.”
Purtroppo può succedere
l’irreparabile, Angelo è riuscito ad uscirne indenne ma ha dovuto rimodulare il suo stile di
vita, niente più estremismi ma solo corsetta per il benessere, quindi niente
più dimostrare a se stessi ed agli altri di essere supereroi, solo correre per
apprezzare sensazioni piacevoli, per stare in buona compagnia, per svagare. Angelo
si ritiene fortunato per poter ancora indossare le scarpette e fare due passi
senza pretese, ora deve stare tranquillo e non scalpitare. Ci racconta cosa è
successo durante la sua convalescenza: “Dopo le necessarie cure ospedaliere e
alla convalescenza, tutte le funzioni vitali sono tornate nella norma, ma
dietro consiglio dei medici, sono tornato a fare un’attività fisica
gradualmente fino ad un’oretta di corsa ma con i ritmi che fanno bene alla
salute e no che la devastano!! Ora dopo tre anni da questa brutta avventura, le
gambe sono tornate abbastanza in forma ma ho abbandonato le gare (sconsigliate
dai medici) e continuo ad allenarmi senza esagerare e fermandomi quando il
fisico lo richiede. Al momento il problema che è rimasto è un problema
psicologico, un blocco dovuto alla paura ricordando ciò che è accaduto.”
Angelo sente di aver sperimentato
un trauma
ed ora è un po’ preoccupato nell’esercitare un tipo di sport che può essere considerato
estremo e pericoloso. Durante la sua esperienza di ultramaratoneta ha
sperimentato benessere mentale e psicologico, ha acquisito più sicurezza, ha
sperimentato autoefficacia, gli piaceva fare cose ritenute impossibili ed
impensabili. Angelo parla dei meccanismi psicologici sperimentai nell’esercizio
delle ultramaratone: “Sono proprio i meccanismi psicologici che ti spingono a
partecipare a gare estreme, la convinzione che dopo vari risultati positivi,
puoi continuare e osare di più e ti convinci che puoi finalmente partecipare
alla gara dei tuoi sogni, il traguardo cui ambisce ogni maratoneta: la Sparta
Atene, appunto. Ritrovarti dopo 245 km,
sotto la statua gigantesca di Leonida! Un altro meccanismo molto importante è
la forza e l’incitamento che ci si trasmette tra atleti che nel frattempo
diventano i tuoi compagni di avventura. L’incoraggiarsi, lo spronarsi uno con
l’altro, è stato un punto di forza in quelle occasioni, dove eravamo
fondamentali uno per l’altro affinché si tagliasse il traguardo, dimenticando
la fatica, i dolori fisici che sono tanti.”
Ora Angelo conosce i suoi limiti
e ne parla liberamente descrivendoli: “La gara più estrema e difficile per
me, si è capito, è stata proprio la Sparta Atene, ed è quella che sicuramente
non porterò mai a termine proprio perché essendo fermo già da tre anni, e mai
decidessi di riprendere un percorso di gare, sarà quasi impossibile ritornare
ad a ere la preparazione per tornare a pensare a rifarla! Mi spingevo oltre i
limiti fisici, perché ero e sono uno ‘tosto’’, un caparbio, che si piega ma non
si spezza, e credo in quello che fa e che soprattutto credo che provare non
costa niente, e se riesco bene altrimenti posso dire di averci provato. E mi ha
detto bene fino alla Sparta Atene dove ho sperimentato a quello cui nessuno
pensa: che in queste gare estreme si può rischiare seriamente la salute!”.
I famigliari inizialmente erano contenti
dello sport che praticava ma con il passare del tempo la corsa lo assorbiva
sempre di più, Angelo racconta le preoccupazioni della sua famiglia in pensiero
per lui durante le sue imprese: “I miei famigliari, moglie e figli, sono stati
contenti di questa mia nuova attività fino a quando si trattava di allenarsi al
parco, fare una corsa salutare, hanno accettato anche la voglia poi di fare
qualche garetta, fino alla mitica maratona di Roma, guardandomi come un extra
terrestre, ma quando ho iniziato l’avventura da ultramaratoneta sono stati
subito contrari prendendomi per matto, perché per loro era inconcepibile che ci
si poteva sottoporre a certi sforzi fisici per sport, rischiando di farsi male.
Quindi con il passare del tempo la mia passione per le gare, è diventato motivo
di discussioni con la mia famiglia, In primis perché preoccupati della mia
salute e poi anche per problemi logistici (soprattutto per mia moglie): panni
sporchi, scarpe infangate d’inverno, i week end sempre impegnato in qualche
gara (anche se a volte le gare si trasformavano motivo per fare gita con le
famiglie che ci seguivano). Per quanto riguarda la vita lavorativa non ne ha
risentito tanto di questa mia attività, avendo degli orari che mi permettevano gli
allenamenti giornalieri.”
Per Angelo non si trattava di
gare estreme,
tutto si poteva fare con la giusta preparazione ed alimentazione: “Cosa
significava per me partecipare a gare estreme? il fatto è che non le ho mai
considerate ‘estreme’, si trattava di gare dove bisognava fare più km e che con
un buon allenamento, una giusta alimentazione, tutto si poteva affrontare.
Quindi è stata proprio questa incoscienza a mandarmi avanti. La gente si
domandava: ma chi te lo fa fare! Per una medaglia! A queste persone
rispondevo che solo chi prova una passione poteva capire l’adrenalina che
cresce dentro di te quando fai una cosa cui credi e che non deve avere
necessariamente un rientro economico e la corsa non ne ha nessuno! E la
felicità nel tornare a casa con la medaglia al collo! Capisco che sia difficile
per i più capire questa passione, ma sono soddisfazioni che ti riempiono di
orgoglio anche se certe imprese non portano niente di concreto ma ti danno una
carica che ti fa superare la fatica fisica.”
Simpatici sono gli aneddoti che
racconta quando era ricoverato: “Quando ero ricoverato in ospedale, il
mio vicino di letto, un signore di 81 anni, quando ha sentito perché stavo là,
mi ha chiesto: Ma quanto ti hanno dato? E gli ho risposto niente, anzi avevo sostenuto
una bella spesa per andare, mi ha detto che ero stato proprio scemo! E ci avevo
pure rischiato a vita! Ed ero diventato un soggetto in quanto i dottori
dell’ospedale di altri reparti, dopo che avevano sentito il mio caso, venivano
a trovarmi e mi domandavo sorpresi di quello che avevo fatto.”
Nelle sue
esperienze di ultramaratoneta, Angelo ha scoperto di essere determinato e
sicuro: “Della mia esperienza ultra decennale da maratoneta e poi da
ultramaratoneta, ho scoperto un lato del mio carattere che nella vita di tutti
i giorni invece non è proprio cosi: quello di avere una fermezza decisionale e
una sicurezza caratteriale prima e durante le gare che sono quelle che ti fanno
arrivare al traguardo!”
Ma a volte è importante fermarsi
per evitare un autogol come è successo ad Angelo: “Se potessi tornare indietro rifarei
tutto, tranne l’autogol che mi sono fatto nella Sparta Atene nel prendere delle
decisioni durante la gara che mi hanno complicato la stessa senza aiutarmi.”
Anche i medici gli consigliavano di
ridurre la sua attività fisica estenuante ma questo succede per tutti gli
ultramaratoneti che si rivolgono da medici, fisiatri o ortopedici per problemi
vari: “A livello medico si, un fisiatra al quale mi ero rivolto per problemi
alla schiena e al nervo sciatico, dopo che ha ascoltato quello che facevo è
rimasto allibito, dicendo che era il minimo quello di avere quei problemi, e
che per fare certe cose si ha bisogno di essere seguiti e che purtroppo nel
nostro caso, sono allenamenti “fai da te”, che comportano tanti errori. Io, in
quella occasione, l’ho ascoltato solo per il periodo di riposo e cura che mi
aveva prescritto.”
Il sogno nel cassetto di Angelo è
rifare una maratona con serenità: “Visto che ho raccontato tutto al
passato, essendomi fermato tre anni fa per i motivi ben noti, il mio sogno nel
cassetto sarebbe quello di poter tornare a fare almeno una maratona senza la
preoccupazione dei tempi, ma avere la soddisfazione provata la prima volta e
ciò significherebbe principalmente per me, aver rimosso la paura e con la
promessa che ciò non significa ricominciare! Anche perché i miei mi
caccerebbero da casa! Grazie a te che mi hai dato l’opportunità di raccontare.”
“Ultramaratoneta:
un’analisi interminabile”, edito da Aras Edizioni.
“Maratoneti
e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
Nessun commento:
Posta un commento