Matteo SIMONE
Psicologo sport,
Psicoterapeuta
In base alla Legge 376 per la “disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”, entrata in vigore il 2 gennaio 2001, costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche terapeutiche, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare:
- le condizioni
biologiche dell’organismo al fine di migliorare le prestazioni agonistiche
degli atleti;
- i risultati dei controlli sull’uso dei
farmaci, delle sostanze e delle pratiche suddette.
I farmaci, le sostanze farmacologicamente attive e le pratiche terapeutiche, il cui impiego è considerato doping, sono individuati, in conformità alle indicazioni del Comitato olimpico internazionale, in tabelle approvate con decreto del Ministero della sanità, d’intesa con il Ministro per i beni culturali, su proposta della Commissione di controllo sanitario dell’attività sportiva.
La Commissione di controllo sanitario
dell’attività sportiva è istituita presso il Ministero della Sanità, tra i suoi
compiti quello di determinare criteri e metodologie dei controlli antidoping.
Ciò significa che la gestione dei laboratori antidoping non sarà più nelle mani
del CONI, ma in quelle della Commissione stessa.
I farmaci potenzialmente dopanti
dovranno recare un contrassegno per essere riconoscibili e avere, nel foglietto
illustrativo, un paragrafo che ne spieghi gli effetti per chi pratica attività
sportiva.
Il doping è reato penale. A differenza
che in passato anche gli atleti sono perseguibili.
Come riporta il settimanale AICS online
(3 novembre 2011): “La lotta al doping
dal 2007 ha un nuovo alleato: il Passaporto Biologico. Questo neo-ritrovato
della lotta al doping è il frutto dell'incontro avvenuto il 23 ottobre 2007 tra
il Presidente dell'agenzia mondiale Anti-Doping (WADA) Richard Pound e il
Presidente dell'Unione Ciclisti Internazionale (UCI), Pat McQuaid. In quella
sede venne deciso che nessun atleta di livello internazionale potesse sottrarsi
a questa normativa, specie per il ciclismo. L'accordo è stato raggiunto dopo
una lunghissima trattativa tra le più importanti federazioni del ciclismo
mondiale, nel tentativo di rilanciare l'immagine di uno sport in forte crisi di
credibilità dopo anni di scandali legati al doping.
Durante la stagione ogni
ciclista si deve sottoporre periodicamente a esami del sangue e delle urine per
stabilire il proprio profilo ematologico sia nei periodi di attività che fuori
dalle competizioni. Viene così ricostruito il "profilo tipo" di ogni
atleta e i dati vengono raccolti durante il suo periodo di riposo. Il profilo
che viene individuato diventa il parametro di confronto per ogni valore che
verrà riscontrato sull'atleta durante i controlli nei periodi di gara o
allenamento. Il Passaporto biologico è una grande innovazione nel campo
dell'antidoping, ma come qualsiasi fuori serie ha avuto bisogno di un periodo
di rodaggio, fino ad arrivare al 2011 quando è stato possibile aprire un
procedimento per doping sulla base di una variazione del "profilo
tipo" dell'atleta. Queste variazioni, per determinare la positività
dell'atleta, devono essere garantite dalle analisi statistiche dei dati, con
una certezza pari al 99,9%.
Un importante avvicinamento al Passaporto Biologico
è stato fatto anche dall'IAAF, Federazione Internazionale di Atletica, che a
Daegu, in occasione della disputa dei mondiali ha inserito questo strumento di
controllo. Questa indagine ha avuto sin dalla sua attuazione diversi riscontri
negativi. Sono stati numerosi gli atleti che lo hanno criticato boicottando
anche alcune gare sostenendo l'inaffidabilità del passaporto biologico perché
si basa su valori che possono variare naturalmente”.
Approfondimenti nel libro dal titolo "Doping.
Il cancro dello sport", editore FerrariSinibaldi.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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