Matteo Simone
Le ultramaratone in realtà sono come viaggi non solo su strade ma anche dentro se stessi per continuare a cercare il se stesso nascosto che ancora non si è fatto avanti e, davanti alla fatica, davanti alle crisi, viene fuori e ti da una mano.
Di seguito Marco racconta le sue esperienze
rispondendo a un mio questionario.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Nel 2014 ho corso 5 ultramaratone: in ordine
cronologico sono state la 100 km del Passatore a fine maggio, la
Pistoia-Abetone (50 km) a giugno, la 100 km di Asolo a luglio, la 100 km delle
Alpi a settembre e l’Eroica (65 km) a ottobre. Dopo la 100 km di Asolo ho
sentito di essere un ultramaratoneta.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “La 100 km di Asolo e la 100 km delle Alpi hanno avuto una cosa in comune: la presenza di mucche! A Asolo eravamo circa 180 iscritti e dopo aver scalato il monte Grappa è iniziata la discesa per tornare indietro nella notte. Eravamo pochi e per molti km sono sceso da solo senza incontrare nessuno. Avevo la lampada frontale e a un certo punto mi è venuto il dubbio di aver sbagliato strada. Ho corso parecchi minuti con questo dubbio che si faceva sempre più insistente.
Non sapevo davvero cosa fare, se tornare indietro (ma sarebbe stata salita) o se proseguire avendo fiducia che la strada fosse quella giusta. A un certo punto ho visto al lato della strada una mucca (che ho fotografato) e mi sono rivolto a lei a alta voce chiedendole 'Ti prego mucca, dimmi se è la strada giusta!'. Durante la 100 km delle Alpi ho dovuto iniziare a camminare molto presto, circa al 45esimo km (quindi con la prospettiva di camminare per più di mezza corsa). Verso il 55esimo mi sono trovato in mezzo a un gregge di mucche con dei campanacci che suonavano fortissimi. E’ stata una emozione molto grande sentire quel suono tanto che mi sono messo a piangere.”
Vero, la 100km di Asolo è proprio dura, è considerata una delle più difficili di Europa, 50km di salute fino al Monte grappa quasi a 1.880 metri di altitudine e poi 25 km di discesa continuando con pianura e saliscendi fino a ritrovare chilometri in salita per ripassare da Asolo. Alcuni si ritirano alcuni decidono a fermarsi solamente alla metà gara di 50km.
Il 19 luglio 2014 Marco ha corso l’Asolo 100 km, corsa su strada, in 13h34’28”. Il vincitore fu Ican Cudin 8h19’, precedendo Andrea Zambon 9h44’39” e Franco Catelan 10h17’15”. Tra le donne vinse Alica Nagyova (quarta assoluta) 10h18’05”, precedendo Barbara Galimberti e Sabrina Ferrari 12h13’46”.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Significa misurarmi con i miei limiti soprattutto mentali. Non ho una corporatura da maratoneta; sono alto 1,94 mt e peso intorno ai 95 kg e negli anni passati già la maratona per me era una misura limite. Poi ho scoperto le ultra e ciascuna di esse è stato un percorso dentro me fatto di sfida, difficoltà, solitudine, contatto con la natura, rispetto, voglia di mettermi alla prova. Quando parto so che vivrò un’esperienza irripetibile e unica.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta? “Non ho una
grandissima costanza negli allenamenti e la prima 100 km è nata per caso. Per
prepararmi a questa ho corso due maratone (Roma e Padova) a distanza di un mese
l’una dall’altra, poi ho fatto un allenamento di 30 km e per finire uno di 65
km. Dopo la prima 100 km ho mantenuto un allenamento costante (ma in ogni caso
non corro più di due volte alla settimana, spesso solo una volta).”
A volte si pensa che per fare ultramaratone bisogna
massacrarsi di chilometri, qualcuno pensa che per fare una 100km bisogna prima
provarla in allenamento, ognuno ha le sue teorie, i suoi timori, importante
diventa sperimentarsi e mettersi in gioco.
Il 23 marzo 2014 Marco ha corso la sua prima maratona a Roma in 4h07’48”. Successivamente, il 27 aprile 2014, ha corso la maratona di Sant'Antonio a Padova in 3h45’33” e il 24 maggio 2014 ha corso la 100 km del Passatore, Firenze-Faenza, in 12h32’54”.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Correre in
una dimensione che va oltre quelle ritengo essere le mie possibilità. Ogni
volta è una sorpresa. E poi soprattutto allenare la mente durante la corsa
stessa.”
Più si allunga la distanza e più diventa importante
l’aiuto della mente che guida tutto il corpo, che diventa il conduttore di noi
stessi, che decide per noi, ci motiva, ci sostiene, ci convince a fermarci o a
continuare.
Hai
mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Dopo l’ultima ultra corsa a ottobre ho preso un
periodo di riposo – dovuto anche a motivi lavorativi – e adesso che sto
riprendendo ad allenarmi con qualche difficoltà sono in una certa misura
intimorito dal pensare di ricorrere quelle distanze. Ma so anche che tornando a
mettere km sulle gambe ce la farò e mi piacerà.”
Importante la ciclicità nella vita e nello sport, a
periodi di fatica e sforzo è consigliabile alternare riposo e recupero, quello
che io chiamo autoprotezione e coccole, inoltre conviene avere un piano B,
cioè+ qualcosa di altrettanto appagante dal punto di vista fisico e mentale sia
sportivo come bici, nuoto ma anche altre passioni. Inoltre non dimenticare un
sano equilibrio con gli altri aspetti importanti della vita quali il lavoro,
famiglia, relazioni sociali, importante stabilire priorità.
Hai mai rischiato per infortuni o altri
problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Fortunatamente no. Dopo il passatore ho avuto un
problema al ginocchio sinistro che ha reso durissima la Pistoia – Abetone
costringendomi a camminare durante tutte le discese. Ho trattato e risolto il
problema con l’osteopatia e oggi ho un problema a una caviglia che non sto
riuscendo a risolvere ma che controllo dosando la progressione durante la
corsa.”
Trattasi di un intervista di alcuni anni fa,
comunque lo sport come da così toglie, ti fa divertire, ti fa gioire, ti fa
faticare, ti fa infortunare, importante cavalcare l’onda del cambiamento e ogni
volta decidere quello che possiamo fare con le nostre capacità del momento e
con i nostri limiti senza attaccarci al passato, ma con la consapevolezza che
se vogliamo possiamo.
Cosa
ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta? “Questo credo che sia qualcosa estremamente legato
al motivo per il quale ho iniziato e proseguo nella corsa. La corsa per me è
soprattutto un allenamento mentale, un irrobustire la mente e la sua capacità
di fare qualcosa che comporti sacrificio e costanza anche in assenza di
vittorie (non arriverò mai primo a una gara). Qualcosa che significhi contare
solo su me stesso e essere solo di fronte a qualcosa da risolvere, da portare a
termine. Non a caso i periodi nei quali mi alleno di meno vanno di pari passo a
quelli durante i quali sono più debole di testa anche in tutte le altre cose
della vita: lavoro, relazioni e fiducia in me stesso. Forse non è un caso che
sia diventato ultramaratoneta in un periodo nel quale le difficoltà sia
lavorative sia relazionali abbiano raggiunto livelli molto alti. Credo di aver
trovato nella preparazione e nella partecipazione alle ultra un allenamento
mentale per far sì che non vacillassi in tanti aspetti importanti della mia
vita. E sento la necessità e l’importanza di proseguire in questo cammino.”
Diventa un bel cammino l’ultramaratona, un cammino
che fortifica, che consolida la persona nelle sue capacità ad affrontare la
vita quotidiana fatta come lo sport di partenze e arrivi, imprevisti e
soddisfazioni. Si prende tutto e non si butta niente, serve tutto per
completarsi come persona.
Hai
sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Ogni corsa è secondo me un raggiungere il proprio
limite. In una 10 km non ci si risparmia così come in una 100. Velocità diverse
naturalmente ma in tutti i casi si cerca di raggiungere il limite delle proprie
capacità, anche in funzione dello stato di allenamento in cui ci si trova.
Esperienze limite importanti le ho sperimentate in occasione di alcune maratone
soprattutto a causa di una scarsa condizione atletica ma prima di iniziare
l’esperienza delle ultra. In realtà la terza 100 km di quest’anno – la 100 km
delle Alpi – l’ho corsa in condizioni non ottimali sia come livello di
preparazione sia per aver cambiato alcuni indumenti (calze e pantaloncini)
senza provarli prima; cambiamenti che mi hanno procurato grandi vesciche e
piaghe inguinali tanto da farmi sanguinare copiosamente e portarmi a camminare
per parecchi km alcuni dei quali scalzo sui talloni!”
La tua gara più estrema o più difficile? “La 100 km delle Alpi è stata la più difficile. Ho camminato per quasi 40 km, 10 dei quali scalzo sui talloni, di notte e in salita.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Sarei tentato di dire che mi sarei allenato di più e che non avrei preso parte alla 100 km delle Alpi. Ma in realtà preferisco pensare che riuscirò ad allenarmi di più per le prossime ultra e che la 100 km delle Alpi mi ha insegnato quanto sia dura partecipare a una di queste corse sbagliando anche piccoli particolari.”
L’11 ottobre 2014, Marco ha corso la “100 km delle Alpi”, corsa su strada, in 13h59’20”. Il vincitore fu Daniele Gaido 8h09’54”, precedendo Stefano Velatta 8h20’22” e Francesca Canepa 8h34’42”. Completano il podio maschile Pablo Spiga 8h51’29”. Completano il podio femminile Genny Fratini 8h54’08” e Arianna Regis 9h51’21”.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti
aiutano a partecipare a gare estreme? “Durante una ultramaratona traggo molta energia
dalla natura. Infatti cerco sempre di scegliere gare che abbiano una componente
naturalistica importante. Inoltre durante la corsa mi focalizzo molto su quanta
strada abbia già percorso più che pensare a quanta ne manchi. Infine, prima di
una ultramaratona, mi aiuta molto proprio ragionare in termini di alimentazione
e stile di vita finalizzati a mantenere un livello atletico accettabile posto
che mi alleno non con grande frequenza.”
Quale gara estrema ritieni non
poter mai riuscire a portare a termine? “Penso che con un buon allenamento mentale si possa
portare a termine qualsiasi gara. Non importa il tempo che impieghi.”
C’è una gara estremi
che non faresti mai? “Non credo.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in
avanti i limiti fisici?
“Io credo che sia tutto
molto relativo da un punto di vista fisico. Ho potuto vedere che con una
alimentazione adeguata al proprio corpo e una continua idratazione sia durante
gli allenamenti sia durante le corse non si avvertono particolari problemi
fisici. Non ritengo che partecipare alle ultra significhi questo (almeno fino
alla distanza di 100 km che ho corso). In ogni caso sapere che il mio fisico
riesce a coprire in modo dignitoso queste distanze è motivo di soddisfazione.
Forse c’è un legame con l’età (44 quest’anno) e il bisogno di provare a me
stesso che fisicamente sto ancora bene.”
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Chi non corre mi fa sempre due domande: a) perché
lo fai? b) dopo la prossima smetti? Io rispondo sempre nello stesso modo: a) e
perché tu non lo fai? b) no, perché dovrei rinunciare a qualcosa che mi piace?
Alcuni dei miei compagni di squadra si sono interessati a queste ultra e
mostrano un senso di ammirazione. Alcuni di loro li ho coinvolti in ultra nel
2015; non 100 km ma 50 e 65.”
Che significa per te partecipare ad una
gara estrema? “Significa
impegnarsi, raggiungere e superare i propri limiti, essere concentrato, correre
nella natura, vivere le emozioni di una sfida sempre nuova.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
diventare ultramaratoneta? “Ho scoperto
di avere una mente forte, in grado di non pensare a niente se non a correre per
tantissime ore, in grado di focalizzarsi su un impegno senza lasciarsi
distrarre da pensieri, soprattutto negativi.”
Come è cambiata la tua vita famigliare,
lavorativa? “Non sono
cambiante praticamente in niente (purtroppo, dico). Mi piacerebbe far sì che
gli impegni relativi alla programmazione di queste corse riuscissero a prendere
una maggiore importanza nella mia vita ma la situazione lavorativa non mi
consente di ritagliarmi troppo tempo per allenarmi. Cerco solo di stare attento
all’alimentazione.”
Usi farmaci, integratori? Per quale
motivo? “Quando mi
alleno prendo degli aminoacidi immediatamente prima e dopo l’allenamento per
proteggere i muscoli e riparare le microlesioni muscolari. Durante le ultra
sciolgo maltodestrine nell’acqua.”
Ai fini del certificato per attività
agonistica, fai indagini più accurate? Quali? “Niente di particolare. Per il certificato
agonistico faccio la prova sotto sforzo, l’esame delle urine e la spirometria.”
Hai un sogno nel cassetto? “Relativamente alle ultra, sì, diversi. Mi piacerebbe
correre nel deserto, una di quelle corse a tappe. Mi piacerebbe correre anche
sul ghiaccio al Polo Sud o Nord e poi mi piacerebbe fare una sky race / ultratrail in montagna in mezzo alla neve. Poi mi piacerebbe riuscire a fare
la Atene – Sparta di 246 km… Insomma, parecchie cose.”
Marco è menzionato è menzionato Marco è menzionato nei libri:
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida” (Punti di Vista-Edizioni Psiconline) di Matteo Simone
“Correre con la mente. Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni” di Matteo Simone.
Editore: Progetto Cultura. Data di Pubblicazione: 31 dicembre 2021
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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