Matteo Simone
Sto continuando ad approfondire il mondo degli ultrarunner fatto di fatica e soddisfazioni, programmi, obiettivi, percorsi, viaggi interiori.
Sto continuando l'approfondimento sia in modo
diretto, partecipando ad alcune gare, sia attraverso interviste, racconti e
testimonianze da parte di atleti di queste discipline di sport di endurance e
di ricerca personale.
Gli ultrarunner, persone che non si
stressano ma partecipano e arrivano silenziosamente al traguardo incontrando
tanta gente lungo i loro viaggi, i circuiti da ripetere tante volte.
Sempre in
cerca di podi ma non solo, a volte basta anche una medaglia, un attestato, a
volte meglio di tutto sono le parole di stima e rispetto che si portano a casa
perché ognuno fa il suo, con le proprie possibilità e modalità.
Chiamateli pure masochisti o incoscienti
ma in realtà a spingere a fare sport di endurance come le ultramaratone,
faticando, è il benessere che si sperimenta, un benessere particolare che
agisce sulla testa e si diffonde per tutto il corpo e rimane ancorato nella
propria anima come un'arma da utilizzare nelle situazioni più difficili
emotivamente.
Certo non la performance ma la voglia di mettersi in gioco, di
mantenersi in forma, rincorrere il benessere psicofisico, emotivo e
relazionare; la voglia di fidarsi e affidarsi a qualcuno che fa compagnia, che
porge una bevanda, che aspetta.
Una spinta motivazionale dettata da cuore, testa e
corpo per provare a stare nel gruppo che contiene e sostiene, per non mollare,
per occuparsi di se stessi e degli altri, per raccontarsi, per far parte di un
gruppo, una squadra con progetti di gare, per ricordare momenti passati
insieme, per condividere momenti, pregata fatti di viaggi e incontri, per
superarsi, questo è lo sport che vogliamo che incrementa consapevolezza,
autoefficacia, resilienza e spirito di squadra e appartenenza.
Chiamateli pure masochisti o incoscienti, ma in realtà quello che emerge
dalle varie storie e testimonianze è che si tratta di un mondo fantastico e
sorprendente, affascinante, accudente e protettivo. Si parla di scuola di vita,
di una modalità di apprendere dall’esperienza dello sport.
Gli atleti sperimentano sicurezza nel riuscire a
portare a termine tali competizioni estenuanti, sentono di valere, di avere
forza mentale, di saper prendere decisione, di sentirsi leader, aumenta
autoefficacia nell’ambito sportivo, si sentono riconosciuti dagli altri, si
scopre di possedere capacità insospettate.
Lo sport di endurance aiuta a
sviluppare la resilienza.
Chi sperimenta le lunghe distanze nello sport sa che per arrivare al
traguardo bisogna essere creativi, allenati e pazienti ma anche molto
resilienti, saper cercare dentro se stessi le risorse necessarie per percorrere
anche gli ultimi metri e arrivare al traguardo.
Le esperienze di corsa di lunga
distanza poi ti danno la consapevolezza che nella vita i problemi diventano più
gestibili, affrontabili, risolvibili.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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