Sai di essere un ultra e come tale non ti arrendi ma combatti
Matteo Simone
In
Puglia crescono gli ultramaratoneti ed aumentano le gare di ultradistanza di
corsa a piedi, aumentano anche le donne che si affacciano nel mondo delle
ultramaratone. interessato al mondo degli ultramaratoneti, alcuni anni fa ho
chiesto Maria Moramarco di rispondere a domande inerenti la pratica e la
passione di questo sport.
Qual è stato il tuo
percorso per diventare un ultramaratoneta? “Ho
cominciato come tutti per passione con distanze brevi e a piccoli passi sono
arrivata alle ultramaratone.”
Infatti
osservando questo mondo sembra impossibile percorrere queste lunghissime
distanze ma bisogna sapere che ci si arriva a piccoli passi, step by step,
rispettando i propri tempi.
Cosa ti motiva ad essere
ultramaratoneta? “La sfida con me stessa
ogni volta.”
Diversamente dalle comuni gare di corsa e podismo, in queste gare lunghe il tempo da impiegare passa in secondo piano, si pensa prima di tutto a completare la gara, a portare a termine la lunga distanza, ad arrivare da un posto ad un altro lontanissimo, oppure a percorrere il più volte possibile giri di un percorso misurato.
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “Quel senso di libertà, di
protagonismo, anche se è solo a livello personale, non esternato. Mi fa molto
piacere soprattutto dimostrare a tante donne che restano dietro la finestra per
paura di essere viste e giudicate che cambiare si può. Vorrei far capire loro
che le mie non sono imprese, ma semplice passione di correre, che mi fa stare
bene sia sola che con gli altri.”
Sperimentare
l’ultramaratona per Maria è sentirsi libera di fare quello che gli pare che può
essere considerato difficile, impegnativo, usurante, ma è una sua scelta che la soddisfa e dove sperimenta sensazioni importanti ed uniche fatte di fatiche e
di soddisfazioni nell’essere protagonista.
Quali meccanismi
psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Non ci penso più di tanto, con impulsività mi butto in queste sfide con
me stessa e lascio fare il resto all’adrenalina.”
Maria
si lascia trasportare dalle sensazioni che ti da l’adrenalina, la voglia di
mettersi in gioco con se stessa e con gli altri.
Quale gara
estrema ritieni di non poter mai riuscire a portare a termine? “La Spartathlon, perché ne ho sentito parlare molto e mi hanno detto
essere molto difficoltosa. Ma nonostante ciò non rifiuterei di provare a farla.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i
limiti fisici? “Ciò che mi spinge è la ricerca del mio limite,
vedere fin dove riesco a spingermi prima di collassare! Essere capaci di fare lunghe distanze talvolta con enormi difficoltà su percorsi duri ti cambia la
mente...capisci che non devi arrenderti senza aver provato, e se non va come
avevi sperato non importa. La vita ti offre così tante opportunità che ti puoi
sempre rifare.
Tutto ciò prima di diventare un ultra non lo capivo, è stato per
me come aprire quella finestra e gettarmi in un mondo nuovo fatto di sudore, di
prove di forza fisica e mentale, di obbiettivi, ma soprattutto per me è
‘Emozione’ un mondo che non stai a guardare, ma che lo vivi in tutte le sue
forme. E' una vera palestra di vita che troppo spesso ti mette di fronte a
quesiti e a problemi, ma sai di essere un ultra e come tale non ti arrendi ma
combatti, meglio che mi fermo Simone sono uscita fuori traccia, ci sarebbe
tanto da dire ancora.”
Mai
dire mai, per Maria le sfide non finiscono mai, perché rinunciare a priori.
Ti
va di raccontare un aneddoto? “Durante la 100km del
Gargano, ad un certo punto mi sembrava di avere il fato contro: dal km 42 il
mio amico iniziò a sentirsi male e pensai ‘tra un po starà meglio’ ma invece
continuava solo a peggiorare ed è riuscito ad accompagnarmi fino a 70km; dopo
che lui si è fermato ed io ho ricominciato la mia corsa, arrivata al km80, mi
sono dovuta fermare ad un bivio perché non sapevo che strada dovessi prendere
ed ho aspettato tanto tempo, delusa e rassegnata che non avrei potuto più
concludere la gara con un tempo per me accettabile; dopo sono ripartita, ormai
al buio, e dopo il km 85, senza torcia, stanca e infreddolita, quando ho
raggiunto un gruppo davanti a me, ho ripreso animo ed ho ricominciato a sentire
l’adrenalina in circolo, tanto da aver lasciato i compagni di questa avventura
ed ho concluso la gara rientrando nei miei tempi.”
Maria
ha tanta sete e fame di conoscenza di se stessa, dei propri limiti, vuol
sentire, sperimentare un po’ per volta, un passo alla volta.
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?
“Penso che i miei amici non abbiano compreso bene ciò che faccio, anche perché
non ne parlo molto, ad eccezione della mia famiglia che al contrario è abituata
ai risultati e pensa che non abbia più limiti.”
Per
qualcuno può essere strano impegnarsi in questo tipo di sport che comporta
tante ore di allenamento, forse è più pensabile fare scuola di ballo,
soprattutto per una donna, ma Maria va oltre gli schemi stabiliti e condivisi
da vecchie culture, vuol dimostrare che esiste la passione, la voglia di
impegnarsi, il desiderio di ottenere a prescindere da quello che pensano gli
altri.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Ho scoperto di avere tanta
pazienza e determinazione. Correre è un po' come fare terapia, scopri te stesso
e riconosci debolezze, pregi e difetti, hai una visione di vita diversa da
quella che hai vissuto prima.”
Se potessi tornare
indietro cosa faresti o non faresti? “Se potessi,
rifarei tutto per il gusto di rivivere nuovamente tutte le emozioni
spettacolari che questi momenti mi hanno regalato.”
Hai un sogno nel cassetto? “Restare il
più a lungo possibile un’ultramaratoneta!”
Ho visto Maria correre serena, con il sorriso, in buona compagnia e queste sono sensazioni che anche lei vorrebbe sperimentare il più a lungo possibile.
Nel libro "Lo sport delle donne” riporto un’intervista a Maria Moramarco.
Maria è menzionata nei libri:
"Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida", Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH), giugno 2019.
La 100km del passatore. Una gara fra coraggio e resilienza. Cosa significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza?
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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