lunedì 23 marzo 2020

Tener duro anche se le circostanze sembrano insostenibili

L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di sviluppare la resilienza
Matteo Simone

Non si è mai pronti ai cambiamenti di vita drastici e improvvisi. 

L’impatto di un evento considerato imprevedibile, devastante, stressante comporta sensazioni intense e insolite, forti emozioni, comportamenti non abituali. Si rimane sorpresi e impotenti davanti all'imprevisto e inimmaginabile che crea danni, lutti, dolore, perdite enormi.
L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di sviluppare la resilienza nelle persone, aiutare a ricostruire fiducia e relazioni, ricostruire sé stessi, la propria attività. L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di incrementare fiducia e pazienza in attesa di ritornare gradualmente alla quotidianità, di riprendere le cose lasciate in sospeso, di prendersi cura di sé. 
Nel mio libro “Sviluppare la resilienza”, Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work di Cagliari dichiara che: 
Evidentemente il senso della resilienza in buona sostanza equivale all’avere coraggio, all’insistere nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non sottrarsi alla propria esperienza, qualunque essa sia, al non censurare o negare la propria verità, allo stare con il proprio dolore e impedimento, al tener duro anche se le circostanze sembrano insostenibili.”

Bisogna comunque andare avanti fiduciosi, speranzosi con forza e coraggio mettendo da parte altro e focalizzandosi per la risoluzione del problema contingente non facile ma neanche impossibile, insieme si può, anzi si deve soprattutto per i più piccoli.
Rallentando o fermandosi, sì può approfittare per riprendere vecchie e sane abitudini messe da parte come scrivere, leggere, meditare, vedere vecchie foto cartacee, fare qualche telefonata. Passerà tutto se andiamo avanti anche con un po' di ansia, panico, paura, disperazione, sconforto.
Molto interessante il racconto descritto nel “Libro Rosso” di Carl Gustav Jung:
"
Capitano, il mozzo è preoccupato e molto agitato per la quarantena che ci hanno imposto al porto. Potete parlarci voi?"
"Cosa vi turba, ragazzo? Non avete abbastanza cibo? Non dormite abbastanza?"
"Non è questo, Capitano, non sopporto di non poter scendere a terra, di non poter abbracciare i miei cari".
"E se vi facessero scendere e foste contagioso, sopportereste la colpa di infettare qualcuno che non può reggere la malattia?"
"Non me lo perdonerei mai, anche se per me l'hanno inventata questa peste!"
"Può darsi, ma se così non fosse?"
"Ho capito quel che volete dire, ma mi sento privato della libertà, Capitano, mi hanno privato di qualcosa".
"E voi privatevi di ancor più cose, ragazzo".
"Mi prendete in giro?"
"Affatto... Se vi fate privare di qualcosa senza rispondere adeguatamente avete perso".
"Quindi, secondo voi, se mi tolgono qualcosa, per vincere devo togliermene altre da solo?"
"Certo. Io lo feci nella quarantena di sette anni fa".
"E di cosa vi privaste?"
"Dovevo attendere più di venti giorni sulla nave. Erano mesi che aspettavo di far porto e di godermi un po' di primavera a terra. Ci fu un'epidemia. A Port April ci vietarono di scendere. I primi giorni furono duri. Mi sentivo come voi. Poi iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un'abitudine, e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte e per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.
Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto mangiassi normalmente, poi iniziai a selezionare dei cibi più facilmente digeribili, che non sovraccaricassero il mio corpo. Passai a nutrirmi di cibi che, per tradizione, contribuivano a far stare l'uomo in salute.
Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili. Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un libro su un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all'alba. Un vecchio indiano mi aveva detto, anni prima, che il corpo si potenzia trattenendo il respiro. Mi imposi di fare delle profonde respirazioni ogni mattina. Credo che i miei polmoni non abbiano mai raggiunto una tale forza. La sera era l'ora delle preghiere, l'ora di ringraziare una qualche entità che tutto regola, per non avermi dato il destino di avere privazioni serie per tutta la mia vita.
Sempre l'indiano mi consigliò, anni prima, di prendere l'abitudine di immaginare della luce entrarmi dentro e rendermi più forte. Poteva funzionare anche per quei cari che mi erano lontani, e così, anche questa pratica, fece la comparsa in ogni giorno che passai sulla nave.
Invece di pensare a tutto ciò che non potevo fare, pensai a ciò che avrei fatto una volta sceso. Vedevo le scene ogni giorno, le vivevo intensamente e mi godevo l'attesa. Tutto ciò che si può avere subito non è mai interessante. L' attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente.
Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di rum, di bestemmie ed imprecazioni da elencare davanti al resto dell'equipaggio. Mi ero privato di giocare a carte, di dormire molto, di oziare, di pensare solo a ciò di cui mi stavano privando".
"Come andò a finire, Capitano?"
"Acquisii tutte quelle abitudini nuove, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto".
"Vi privarono anche della primavera, ordunque?"
"Sì, quell'anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più."

Passa tutto se siamo fiduciosi, collaborativi, pazienti, se siamo comunque in contatto a distanza, se siamo sensibili, tolleranti. Possiamo e dobbiamo farcela sviluppando resilienza per cercare di uscire più forti e determinati, Passa tutto e si affronta tutto come i muri di tante maratone e ultramaratone sempre con il sorriso.
Di seguito riporto un interessante aneddoto tratto dal libro “Arrendersi mai, come trovare la carica per affrontare positivamente la vita”, pagg. 6-9, di Luis Rojas Marcos: “…Era ricoverato da cinque anni a causa di un infortunio subito sul lavoro mentre stava ispezionando un cantiere. …Mi venne in mente di chiedergli che voto avrebbe dato alla sua esistenza: da zero, molto infelice, a dieci, molto felice. Dopo un momento di riflessioni, con il sorriso sulle labbra e senza esitare, mi rispose: ‘un bell’otto’. Rimasi sorpreso: mi affrettai a chiedergli che valutazione avrebbe dato prima di quell’infortunio. Sempre senza esitazioni, la risposta di Robert fu: ‘Direi un otto e mezzo, più o meno.’ ‘Solo mezzo voto di differenza?’ chiesi con malcelata incredulità. 
‘Caro dottore’, mi spiegò Robert praticamente come per tranquillizzarmi, ‘le parrà strano, eppure mi ritengo un uomo fortunato. Sono sopravvissuto a un gravissimo incidente con tutte le facoltà mentali intatte, anzi, da allora la mia esistenza ha acquistato un significato più profondo. Penso che, in un certo senso, quell’incidente abbia fatto di me una persona migliore. Sono divenuto più comprensivo con gli altri, apprezzo maggiormente piccole cose che prima mi parevano scontate’
.”

Non viviamo lo stare a casa ora come una costruzione ma come un'opportunità, una scelta consapevole e condivisa, approfittiamo per ricaricarci, per inventarci qualcosa che poi servirà anche dopo, facciamo uscire chi è in prima linea.
Di seguito riporto una testimonianza di resilienza dell’amico Mauro Tomasi che riesce a trasmettere tanta forza e coraggio: Come hai superato crisi, sconfitte, infortuni?La crisi nella fase dopo incidente, durata circa 9 anni, l’ho superata trovando l'input per ricredere nella vita, vedendo persone che erano messe molto peggio di me fisicamente, ma psicologicamente messe meglio, mi riferisco a tetraplegici e varie malattie degenerative, loro erano felici, entusiasti, nonostante che tanti non si muovevano per niente. Questo si può notare dagli occhi, le persone felici hanno gli occhi lucidi, le persone tristi gli hanno spenti opachi, se guardo anch’io le mie foto fino al 2009 erano spenti. Vedendo loro ho cambiato anch’io la visione di quello che mi è successo da negativo in positivo, accettando quello che mi era successo come un’opportunità, un’occasione diversa di vivere la vita. 
E li veramente ho cominciato a vivere, accorgendomi di quante cose avrei potuto fare nella mia “nuova occasione” che mi è stata donata, il mondo cambia solamente se cambiamo noi e le nostre decisioni e convinzioni in questo sono determinanti. Non importa come sia una persona fisicamente, dove viva, cosa faccia o dovrà fare, importa solo quello che vuole essere e come vuole stare, se vuole stare bene starà bene, se vuole stare male starà male, la scelta è solo sua. I nostri limiti sono nella nostra testa e tante volte sono fatti da altri”.

Gli psicologi possono intervenire dove c’è trauma e tragedia per contenere ed elaborare dolore, sofferenza, panico, disperazione, per accompagnare vittime e familiari per indirizzarli ad accettare e affrontare l’onda del cambiamento imposta della routine giornaliera in attesa di poter gradualmente ritornare alla quotidianità quando sarà possibile.

Matteo SIMONE  
380-4337230 - 21163@tiscali.it   
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 

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