venerdì 17 maggio 2019

Paolo Bravi, Team Grottini, vince la 6h del Donatore - Foiano della Chiana (AR) 2019

Un confronto continuo con gli atleti è motivo di crescita e esperienza
Matteo SIMONE
                                                                                                         

La settima edizione della 6 ore del Donatore è stata vinta da Paolo Bravi che ha totalizzato 75.277km mentre Francesca Innocenti con 64.849km ha vinto la prova femminile. 

Di seguito Paolo racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Hai vinto la 6 ore? Come mai questa gara?Tutta ‘colpa’ del mio amico inseparabile ormai da anni Luca Verducci. A fine gennaio gli ho chiesto per quale Maratona si voleva preparare e lui mi ha risposto … preferisco fare la 9 colli...non potevo farlo allenare da solo…quindi abbiamo intrapreso insieme un cammino o meglio tanti km di corsa insieme ed ormai ci siamo quasi, avevamo programmato invece di farci 70km tra le nostre colline marchigiane di fare questa 6 ore.”

In effetti il vero maestro è quello che scende in campo, è davvero una fortuna avere un allenatore che ti accompagna alle gare, lo stimolo è reciproco, il maestro che si diverte a gareggiare e poi l’appetito vien viaggiando ci si ricorda di essere un campione e perché no cercare di fare bene anche questa volta e provare a salire sul podio e visto che ci siamo perché non proviamo a vincere questa gara? 
E l’allievo che è stimolato dalla presenza del maestro che può imitare in diretta osservando la sua condotta di gara, i suoi sguardi i suoi suggerimenti, eventuali pacche sulle spalle se eventualmente lo doppia durante i tanti giri di circa 1 km, insomma un bel connubio allievo e maestro in un allenamento/gara in previsione dell’obiettivo 9 Colli Running 202,4 km.
Come sei stato? “Così così …ho ancora dei fastidi neuromuscolari legati alle ernie e all’intervento, qualche acciacco che mi porto dietro, però se penso a chi soffre veramente, a chi magari è su una sedia a rotelle o che magari neanche sente le gambe allora a quel punto dico che sono fortunato, che sto bene e non ho nulla.”

L’atleta è abituato sempre a lamentarsi ma allo stesso tempo apprezza quello che riesce a fare e sa che se vuole potrebbe fare meglio credendoci e impegnandosi di più e Paolo l’ha dimostrato tante volte in passato rappresentando l’Italia con la maglia azzurra in gare internazionali, ora ha solamente voglia di giocare.
Che aria hai respirato?Direi un’ottima organizzazione, bel clima, si vede la passione dei componenti di una società sportiva, il lavoro di un gruppo di amici, il centro di una cittadina toscana carina e suggestiva che ahimè non conoscevo anche se ero più volte capitato da quelle parti, l’outlet spesso vince su arte, cultura e paesaggio.”

Ogni gara è una scoperta, non solo delle proprie capacità e possibilità ma anche dei luoghi, culture e usanze del posto, delle persone, eventuale accoglienza o meno, prodotti locali, usi e costumi.
Segui gli atleti della nazionale? Ci sono giovani promettenti?Seguo alcuni atleti che hanno già fatto parte della Nazionale Italiana di 100Km e che aspirano ancora a vestire la maglia azzurra e altri più giovani che la Nazionale è un loro obbiettivo e/o un loro sogno nel cassetto. Sono orgoglioso e contento di fare questo, un confronto continuo con gli atleti è motivo di crescita e esperienza come tecnico per me e mi fanno vivere le emozioni come se fossi io a correre.”

In effetti abbiamo a che fare con un grande campione dell’ultramaratona che oltre a indossare più volte la maglia azzurra è stato per tre volte consecutive capitano di una grande Squadra Italia di ultramaratona, pertanto ha acquisito tanta esperienza in campo internazionale come atleta, come capitano e non ultimo come allenatore pertanto può meritatamente continuare a essere un riferimento per tanti atleti che vogliono portare a compimento il loro sogno perché no di entrare nel giro della nazionale impegnandosi a dovere e dimostrando di avere oltre al talento la determinazione, la grinta, le gambe ma soprattutto mentalità vincente non solo individuale ma anche di squadra rispettando ogni componente della squadra azzurra oltre a dimostrare di valere meritatamente la convocazione.
Cosa è cambiato in te nel tempo? Diciamo che attualmente faccio fatica a raggiungere il massimo dello sforzo, e questo accade da dopo il mondiale di 100km in Spagna del novembre 2016…è come se la spina che mi collegava con quella voglia di soffrire si sia staccata (chiaramente parlo di sofferenza …ma di una sofferenza bella che non ha nulla a che vedere con le persone che soffrono realmente). Forse questa cosa non è che accade dopo del Mondiale …ma sarei quasi in grado di collocarla proprio in un momento preciso di quel Mondiale al 72°km. Ricordo perfettamente la posizione nel percorso, le sensazioni, il cielo nuvolo, quel leggero brivido in corpo, in quel mondiale, in quel momento è successo qualcosa che non so spiegare, da quel momento qualcosa in me è cambiato. Poi nei mesi successivi nella ricerca di riprendermi ho avuto problemi di ernia al disco che mi hanno portato all’intervento …poi la ripresa, ma quella situazione interiore non è più cambiata.”

L’ultramaratona è una disciplina molto faticosa e a volte può essere massacrante e usurante per il fisco, faticosa anche mentalmente, a volte può lasciare il segno ma se si è riusciti ad eccellere significa che si è sperimentati la gioia e il dolore, si è attraversato momenti di soddisfazioni e vincite e anche crisi gestite e superate, quindi l’atleta sa riconoscere quando ci sono le motivazioni e la spinta a far bene e impegnarsi per crederci ancora oppure è il momento di mollare e viver il momento presente come qualcosa diverso dalla performance ma comunque dedicandosi allo sport con passione e impegno dedicandosi agli altri e trasmettendo il meglio che si è sperimentato.
Cosa porti a casa?Il Trofeo, il pacco gara ed il pettorale gratuito per il prossimo anno…scherzo dai porto a casa 75,277 km un primo posto da atleta e un 4° da allenatore (Luca Verducci quarto è arrivato), la consapevolezza che qualcosina le mie gambe ancora possono dirlo.”

In effetti la mente dell’atleta ha bisogno di ricaricarsi con buone prestazioni che diventano test importanti re rispolverano l’autoefficacia percepita facendo sperimentare all’atleta quelle sensazioni positive e quell’entusiasmo che diventano motore per continuare a fare bene e ripartire.
Cosa dicono di te a casa, al lavoro, gli amici?A casa…mia mamma e mia moglie Lucia sono ormai rassegnate alla mia passione, anzi mia moglie ora ha iniziato a correre e non va neanche piano, il mio piccolo mi vorrebbe sempre seguire, mio babbo con questa 6ore è tornato indietro nel tempo…mi ha sempre seguito fin da quando avevo 5 anni e a Foiano c’era anche lui. Al lavoro e gli amici sono curiosi e mi fanno molte domande.

Questo è lo sport che vogliamo, uno sport dove la famiglia è partecipe e si sente coinvolta, dove tutti corrono a osservare e ad applaudire le imprese del proprio caro che per i genitori resta sempre il ragazzo che procura gioia ai genitori con le sue imprese sportive, per la moglie c’è un po’ di ambivalenza, da una parte si viene criticati che in testa c’è sempre lo sport e si pensa più a quello che a fare la spesa, e per i figli c’è una trasmissione di valori, ideali, fatica che fa crescere in un ambiente fuori la zona di confort per diventare maturi e responsabili.
Cosa racconti a casa, al lavoro agli amici?
Racconto tutto non ho segreti.”
Sei stato bravo o potevi far meglio?Ma sì, sono stato bravo e un po’ meglio si poteva fare perché no. Però in generale ho interpretato nel migliore dei modi la gara, il ritmo, la gestione, il duello e confronto con gli avversari, l’integrazione durante le 6 ore, le sensazioni percepite…75,277km di questi tempi per me non sono pochi.”

Dopo la gara si tirano le somme e resta sempre una grande esperienza vissuta da assimilare, da raccontare, da elaborare.
Come sostieni e consigli gli atleti?Cerco di seguirli dedicandogli più tempo possibile, essere sempre presente magari con un messaggino per capire come stanno e come vanno. Consiglio sempre di essere perseveranti, tenaci e di essere leali, devono divertirsi e avere passione in quello che fanno.”

Gli atleti non hanno bisogno solo di tabelle ma di tanta presenza, di riferimenti e feedback, di capire cosa stanno facendo; hanno bisogno di conferme e motivazioni, di non essere giudicati e pressati.
Ora cosa vedi davanti a te?Anche se gli anni sono 44 e non 50 come diceva Muhammad Ali non puoi vedere il mondo a cinquant’anni come lo vedevi a venti, avresti sprecato trent’anni della tua vita … e comunque un po’ è come se non riuscissi a vedere ciò che immagino, ma la ritengo una cosa bella, una ricerca continua di stimoli una ricerca continua di cose nuove.”

L’atleta è preparato ad affrontare qualsiasi cosa, soprattutto gli atleti che eccellono sviluppano tanta consapevolezza delle proprie capacità e limiti e sono pronti e disponibile a rimodulare sempre obiettivi in base alla situazione del momento dimostrando resilienza e spirito di adattamento alle nuove situazioni scegliendo sempre percorsi stimolanti.
Ringrazio Paolo per la sua cortesia e disponibilità a raccontare e ringrazio anche il suo celebre fotografo Sandro Marconi “Scrotofoto”.
Un'intervista a Paolo è riportata nel libro "Il piacere di correre oltre".
Sport & benessere 15 | ed. novembre 2022. 
Paolo Bravi è menzionato nel libro “Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.

Matteo SIMONE  - 21163@tiscali.it
+393804337230 Psicologo, Psicoterapeuta

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