Un confronto continuo con gli atleti
è motivo di crescita e esperienza
Matteo SIMONE
La settima edizione della 6 ore del Donatore è stata vinta da Paolo Bravi che ha totalizzato 75.277km mentre Francesca Innocenti con 64.849km ha vinto la prova femminile.
Di seguito Paolo racconta
la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Hai vinto la 6 ore? Come mai
questa gara? “Tutta ‘colpa’ del mio
amico inseparabile ormai da anni Luca Verducci. A fine gennaio gli ho chiesto
per quale Maratona si voleva preparare e lui mi ha risposto … preferisco fare
la 9 colli...non potevo farlo allenare da solo…quindi abbiamo intrapreso
insieme un cammino o meglio tanti km di corsa insieme ed ormai ci siamo quasi,
avevamo programmato invece di farci 70km tra le nostre colline marchigiane di
fare questa 6 ore.”
In effetti il vero maestro è quello che scende in campo, è davvero una fortuna avere un allenatore che ti accompagna alle gare, lo stimolo è reciproco, il maestro che si diverte a gareggiare e poi l’appetito vien viaggiando ci si ricorda di essere un campione e perché no cercare di fare bene anche questa volta e provare a salire sul podio e visto che ci siamo perché non proviamo a vincere questa gara?
In effetti il vero maestro è quello che scende in campo, è davvero una fortuna avere un allenatore che ti accompagna alle gare, lo stimolo è reciproco, il maestro che si diverte a gareggiare e poi l’appetito vien viaggiando ci si ricorda di essere un campione e perché no cercare di fare bene anche questa volta e provare a salire sul podio e visto che ci siamo perché non proviamo a vincere questa gara?
E l’allievo che è stimolato dalla presenza del maestro che può imitare in diretta osservando la sua condotta di gara, i suoi sguardi i suoi suggerimenti, eventuali pacche sulle spalle se eventualmente lo doppia durante i tanti giri di circa 1 km, insomma un bel connubio allievo e maestro in un allenamento/gara in previsione dell’obiettivo 9 Colli Running 202,4 km.
Come sei stato? “Così così …ho ancora dei fastidi neuromuscolari legati alle ernie e all’intervento, qualche acciacco che mi porto dietro, però se penso a chi soffre veramente, a chi magari è su una sedia a rotelle o che magari neanche sente le gambe allora a quel punto dico che sono fortunato, che sto bene e non ho nulla.”
L’atleta è abituato sempre a lamentarsi ma
allo stesso tempo apprezza quello che riesce a fare e sa che se vuole potrebbe
fare meglio credendoci e impegnandosi di più e Paolo l’ha dimostrato tante
volte in passato rappresentando l’Italia con la maglia azzurra in gare
internazionali, ora ha solamente voglia di giocare.
Che aria hai respirato? “Direi
un’ottima organizzazione, bel clima, si vede la passione dei componenti di una
società sportiva, il lavoro di un gruppo di amici, il centro di una cittadina
toscana carina e suggestiva che ahimè non conoscevo anche se ero più volte
capitato da quelle parti, l’outlet spesso vince su arte, cultura e paesaggio.”
Ogni gara è una scoperta, non solo delle
proprie capacità e possibilità ma anche dei luoghi, culture e usanze del posto,
delle persone, eventuale accoglienza o meno, prodotti locali, usi e costumi.
Segui
gli atleti della nazionale? Ci sono giovani promettenti? “Seguo alcuni atleti che hanno già fatto
parte della Nazionale Italiana di 100Km e che aspirano ancora a vestire la
maglia azzurra e altri più giovani che la Nazionale è un loro obbiettivo e/o un
loro sogno nel cassetto. Sono orgoglioso e contento di fare questo, un
confronto continuo con gli atleti è motivo di crescita e esperienza come
tecnico per me e mi fanno vivere le emozioni come se fossi io a correre.”
In effetti abbiamo a che fare con un
grande campione dell’ultramaratona che oltre a indossare più volte la maglia
azzurra è stato per tre volte consecutive capitano di una grande Squadra Italia
di ultramaratona, pertanto ha acquisito tanta esperienza in campo
internazionale come atleta, come capitano e non ultimo come allenatore pertanto
può meritatamente continuare a essere un riferimento per tanti atleti che
vogliono portare a compimento il loro sogno perché no di entrare nel giro della nazionale
impegnandosi a dovere e dimostrando di avere oltre al talento la determinazione,
la grinta, le gambe ma soprattutto mentalità vincente non solo individuale
ma anche di squadra rispettando ogni componente della squadra azzurra oltre a
dimostrare di valere meritatamente la convocazione.
Cosa è cambiato in te nel tempo? “Diciamo che attualmente faccio fatica a raggiungere il massimo dello
sforzo, e questo accade da dopo il mondiale di 100km in Spagna del novembre
2016…è come se la spina che mi collegava con quella voglia di soffrire si sia
staccata (chiaramente parlo di sofferenza …ma di una sofferenza bella che non
ha nulla a che vedere con le persone che soffrono realmente). Forse questa cosa
non è che accade dopo del Mondiale …ma sarei quasi in grado di collocarla
proprio in un momento preciso di quel Mondiale al 72°km. Ricordo perfettamente
la posizione nel percorso, le sensazioni, il cielo nuvolo, quel leggero brivido
in corpo, in quel mondiale, in quel momento è successo qualcosa che non so spiegare, da quel momento qualcosa in me è cambiato. Poi nei mesi successivi
nella ricerca di riprendermi ho avuto problemi di ernia al disco che mi hanno
portato all’intervento …poi la ripresa, ma quella situazione interiore non è più
cambiata.”
L’ultramaratona è una disciplina molto
faticosa e a volte può essere massacrante e usurante per il fisco, faticosa
anche mentalmente, a volte può lasciare il segno ma se si è riusciti ad
eccellere significa che si è sperimentati la gioia e il dolore, si è attraversato
momenti di soddisfazioni e vincite e anche crisi gestite e superate, quindi l’atleta
sa riconoscere quando ci sono le motivazioni e la spinta a far bene e
impegnarsi per crederci ancora oppure è il momento di mollare e viver il
momento presente come qualcosa diverso dalla performance ma comunque dedicandosi
allo sport con passione e impegno dedicandosi agli altri e trasmettendo il
meglio che si è sperimentato.
Cosa porti
a casa? “Il Trofeo, il pacco gara ed
il pettorale gratuito per il prossimo anno…scherzo dai porto a casa 75,277 km
un primo posto da atleta e un 4° da allenatore (Luca Verducci quarto è
arrivato), la consapevolezza che qualcosina le mie gambe ancora possono dirlo.”
In effetti la mente dell’atleta ha bisogno
di ricaricarsi con buone prestazioni che diventano test importanti re
rispolverano l’autoefficacia percepita facendo sperimentare all’atleta quelle
sensazioni positive e quell’entusiasmo che diventano motore per continuare a
fare bene e ripartire.
Cosa dicono di te
a casa, al lavoro, gli amici? “A
casa…mia mamma e mia moglie Lucia sono ormai rassegnate alla mia passione, anzi
mia moglie ora ha iniziato a correre e non va neanche piano, il mio piccolo mi
vorrebbe sempre seguire, mio babbo con questa 6ore è tornato indietro nel
tempo…mi ha sempre seguito fin da quando avevo 5 anni e a Foiano c’era anche
lui. Al lavoro e gli amici sono
curiosi e mi fanno molte domande.”
Questo è lo sport che vogliamo, uno sport
dove la famiglia è partecipe e si sente coinvolta, dove tutti corrono a
osservare e ad applaudire le imprese del proprio caro che per i genitori resta
sempre il ragazzo che procura gioia ai genitori con le sue imprese sportive,
per la moglie c’è un po’ di ambivalenza, da una parte si viene criticati che in
testa c’è sempre lo sport e si pensa più a quello che a fare la spesa, e per i
figli c’è una trasmissione di valori, ideali, fatica che fa crescere in un
ambiente fuori la zona di confort per diventare maturi e responsabili.
Sei stato bravo o potevi far meglio? “Ma sì, sono stato bravo e un po’ meglio si
poteva fare perché no. Però in generale ho interpretato nel migliore dei modi
la gara, il ritmo, la gestione, il duello e confronto con gli avversari, l’integrazione
durante le 6 ore, le sensazioni percepite…75,277km di questi tempi per me non
sono pochi.”
Dopo la gara si tirano le somme e resta
sempre una grande esperienza vissuta da assimilare, da raccontare, da
elaborare.
Come sostieni e consigli gli
atleti? “Cerco di seguirli
dedicandogli più tempo possibile, essere sempre presente magari con un
messaggino per capire come stanno e come vanno. Consiglio sempre di essere
perseveranti, tenaci e di essere leali, devono divertirsi e avere passione in
quello che fanno.”
Gli atleti non hanno bisogno solo di
tabelle ma di tanta presenza, di riferimenti e feedback, di capire cosa
stanno facendo; hanno bisogno di conferme e motivazioni, di non essere
giudicati e pressati.
Ora cosa vedi
davanti a te? “Anche se gli anni sono
44 e non 50 come diceva Muhammad Ali non puoi vedere il mondo a cinquant’anni
come lo vedevi a venti, avresti sprecato trent’anni della tua vita … e comunque
un po’ è come se non riuscissi a vedere ciò che immagino, ma la ritengo una
cosa bella, una ricerca continua di stimoli una ricerca continua di cose nuove.”
L’atleta è preparato ad affrontare
qualsiasi cosa, soprattutto gli atleti che eccellono sviluppano tanta
consapevolezza delle proprie capacità e limiti e sono pronti e disponibile a
rimodulare sempre obiettivi in base alla situazione del momento dimostrando
resilienza e spirito di adattamento alle nuove situazioni scegliendo sempre percorsi
stimolanti.
Ringrazio Paolo per la sua cortesia e
disponibilità a raccontare e ringrazio anche il suo celebre fotografo Sandro
Marconi “Scrotofoto”.
Un'intervista a Paolo è riportata nel libro "Il piacere di correre oltre".
Sport & benessere 15 | ed. novembre 2022.
Paolo Bravi è menzionato nel libro “Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, edito da Edizioni Psiconline.
+393804337230 Psicologo,
Psicoterapeuta
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