Alcuni anni fa ho chiesto a Mauro Firmani di rispondere ad alcune mie domande e ora riporto le sue risposte in merito all’esperienza delle ultramaratone che è un mondo che affascina e ti prende portandoti in giro per città e nazioni a gareggiare gare sempre più lunghe e sfidanti e incontrando sempre molta gente per condividere gioie e fatiche e sentendosi di far parte di un mondo privilegiato sempre in giro su un treno dello sport che fa sperimentare benessere e anche performance e soprattutto fa incrementare fiducia in sé, consapevolezza delle proprie possibilità, capacità e limite e soprattutto resilienza per attraversare periodi anche molto difficili trovando sempre strade per uscire da gallerie e tunnel, più forti e motivati di prima.
Ti puoi
definire ultramaratoneta? “Sì penso di si, ho corso
178 maratone 35 gare oltre la classica distanza, comprese quattro 100 miglia e
10 Cento km.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Vuol dire non
accontentarsi, aver voglia di mettersi alla prova, soffrire e cercare di
raggiungere altri obiettivi senza smettere di sognare.”
In
effetti non si è ancora accontentato Mauro, nel frattempo ha fatto tantissime
altre gare e anche lunghissime e difficilissime come la Nove colli running di
202,400 km, facendo grandissima strada da quando ha iniziato una quindicina di
anni fa.
Qual è stato il tuo percorso per
diventare ultramaratoneta? “Nel maggio 2003 ho corso
la prima maratona, a novembre ne ho corso due ravvicinate con buoni risultati
acquistando consapevolezza e nel 2004 ho deciso di mettermi alla prova e ho
corso il mio primo Passatore, da lì è scoppiato l’amore per le ultra anche se
devo dire che era latente. Prima di correre andavo in bici e i miei sogni erano
i passi dolomitici, non le passeggiate in campagna.”
Cosa ti motiva
a essere ultramaratoneta? “Il piacere che provo nel
fare gare lunghe e la soddisfazione che provo una volta raggiunto l’obiettivo.”
Si
tratta di organizzarsi sempre individuando direzioni che portano a mete e
obiettivi che si decidono ogni anno cercando di portarli a termine nel miglior
modo possibile ed essendo sempre pronti a cavalcare l’onda del cambiamento con
le risorse residue.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “No, ora le maratone sono in funzione di allenamento per le gare più
lunghe. Fino a quando ce la farò continuerò ad essere un ultramaratoneta.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere
ultramaratoneta? “Oltre ad un paio di incidenti in moto e
conseguenti operazioni alle ginocchia hanno messo un po’ a rischio la mia
attività podistica e rallentata per diversi mesi, ma a febbraio 2017 sono stato
operato di ernia discale e soltanto ora sto rientrando, o cercando di farlo,
alla normale attività podistica. Lo scorso 29 aprile ho corso la maratona di Dusseldorf dove ogni
anno sono invitato dagli organizzatori di cui sono amico, in modalità
allenamento con 3 km di corsa e 500 m di cammino fino quasi alla fine,
chiudendola con un modesto, ma inaspettato 4h15’.”
Si
mettono in conto, infortuni, imprevisti, stop forzati per diversi motivi, ma
poi si è sempre pronti a riprendere con più grinta, passione, motivazione,
determinazione cercando di alzare sempre un po’ l’asticella.
Hai sperimentato
l’esperienza del limite nelle tue gare? “No, anche se affaticato,
inevitabilmente, non sono mai arrivato al vero limite.”
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme? “Le ultra spesso sono dei viaggi che stressano psicologicamente meno
delle maratone, almeno di quelle corse per migliorare un PB. Mentre corro il
pensare che le crisi arrivano e si superano e dividere il percorso in tanti
piccoli spezzoni, tipo da ristoro a ristoro, e pensare all’arrivo aiuta molto.”
Per
molti ultramaratoneti le ultra sono gare considerate rilassanti senza tensioni
e ansie pre-gara, senza stress, con la consapevolezza di portarle a termine con
pazienza affrontando quello che accade durante il lungo percorso che diventa un
lungo viaggio ricco di incognite che stimolano e rafforzano fisico e mente.
Quale
è stata la tua gara più estrema o più difficile? “La più
difficile portata a termine è stata la Nove Colli 2015, sia per la distanza che
per le condizioni atmosferiche di gran freddo e pioggia per moltissime ore e la
100 miglia di Berlino, chiusa 4 volte anche se non è una gara estrema.”
Nella
mente degli ultramaratoneti ci sono tante direzioni, mete, obiettivi, sogni ma
è importante sviluppare la consapevolezza delle proprie possibilità, capacità e
anche limiti e quindi sono stimolanti le sfide che fanno osare ma con
attenzione, ascoltando il proprio corpo e la propria mente.
Una gara
estrema che ritieni non poter mai riuscire a portare a termine? “Quella al mondo che posso
solo sognare è il Tor des Geants, ma anche la Spartathlon che mi ha visto per
la prima volta ritirare ad una gara nel 2016. Purtroppo il mio gran limite è di
soffrire terribilmente il caldo e questo mi ha causato problemi già durante i
mesi estivi di preparazione e poi il giorno della gara è arrivato
inevitabilmente il conto. Peccato è un sogno e come tale rimarrà tale.”
Mai
dire mai, è importante considerare le possibilità e capacità del momento poi
tutto può cambiare, direzioni, mete, motivazioni.
Cosa ti spinge a spostare
sempre più in avanti i limiti fisici? “Mi piacciono le nuove
sfide e non mi accontento facilmente.”
Che significa per te
partecipare ad una gara estrema? “Rischiare, ma non credo di
averlo mai fatto. Ho sempre corso in condizioni meteo e di percorso sicure.”
Ognuno
sa quello che fa in base ai propri bisogni ed esigenze del momento, importante
è trovare un sano equilibrio tra passioni, vita famigliare e lavorativa.
Cosa
pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme? “Non penso di aver corso gare estreme, anche la 100 miglia pur
richiedendo un impegno di 21h51’ non credo sia stata estrema. La mia compagna
di vita mi supporta, certo alcuni amici non runners pensano che esageri e sia
matto, mentre i runners sono abituati a ben di peggio.”
Come è cambiata la tua vita
familiare e lavorativa? “Ora sono in pensione,
certo che le gare lunghe le preparo facendo molte maratone domenicali e quindi
il tempo per la famiglia è un po’ sacrificato, ma fortunatamente ho una
compagna che rispetta la mia passione e questo ovviamente è fondamentale.”
Il
mondo delle ultramaratone è bizzarro e sorprendente, si fanno tanti strani
incontri con persone, paesaggi, animali e tutto diventa più affascinante.
Ti va
di raccontare un aneddoto? “Al momento non me ne viene
in mente nessuno di particolare. Forse è carino menzionare che nel corso della
seconda 100 miglia dopo poche ore di gara
ho incontrato un amico, che l’anno prima si era dovuto ritirare, che
stava correndo con il suo cagnolino Pepito, un Jack Russell e che poi abbiamo terminato la gara insieme
con il suo 'pazzo' padrone.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
diventare ultramaratoneta? “Scoperto credo nulla,
sicuramente alcuni aspetti si sono evidenziati, ma quello che dico sempre a tutti
coloro che mi chiedono consigli per la loro prima ultra, tipo Passatore, dico
che dal giorno dopo non si è più la stessa persona perché si acquista in
consapevolezza e orgoglio.”
Le
ultramaratone cambiano le persone, nella vita quotidiana si ha un approccio
diverso alla vita, i problemi diventano meno preoccupanti, si può far tutto con
pazienza e un passo alla volta.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non
faresti? “Inizierei a correre prima, purtroppo l‘ho fatto solo a 45 anni, avevo problemi
alla schiena e ginocchia, difficile da credere pensando a quello che poi ho
fatto. Non potevo neanche giocare a biliardino perché mi si bloccava la schiena.”
Ai fini dell'idoneità per attività
agonistica, fai indagini più accurate? “ No solo la classica visita
accurata, ma non altre indagini.”
Qualcuno
ritiene che si tratti di uno sport esagerato e dannoso per la salute perché
consuma la persona e usura, ma quello che sperimentano gli ultramaratoneti è
molto forte e intenso, equivale al sentirsi veramente vivi, trovano davvero un
senso di esistenza reale e non solo finzione nello stare al sicuro in zona di
confort.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività
sportiva? “Un
ortopedico mi aveva detto che avrei dovuto ridurre sensibilmente a causa della
condizione delle solite ginocchia.”
Hai un sogno nel cassetto? “Il sogno attuale è di poter continuare a correre ancora un po' in modo
da poter terminare il mio decimo Passatore e la maratona di Atene, che per me
nel palmares di ogni podista ci deve essere e magari sognando anche la
quinta 100 miglia di Berlino. E’ comunque vero che mai avrei pensato,
prima di iniziare a correre, visti i miei dolori a schiena e ginocchia, di
poter fare quello che poi ho fatto, per carità nulla di speciale, tutto è
relativo dico sempre. Sapere questo mi da la tranquillità dell’accettare anche
il momento negativo, ma sarò ugualmente
felice di aver sognato perché questo mi rende vivo e poi magari passerò alla
bici, mio primo amore, e ricomincerò a pormi
altri obiettivi. Comunque continuerò ad organizzare la Maratombola che ogni
anno continua a darmi più soddisfazioni e quindi questo mondo sarà in ogni caso
difficile da lasciare.”
Mi
manca la maratombola, prima o poi parteciperò anch’io. In questi anni Mauro ha
trasformato tanti sogni in realtà felicemente e resilientemente.
Un’intervista a Mauro è riportata nel libro "La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza", di Matteo Simone edito da Psiconline, 2021.
Mauro Firmani è menzionato nei libri:
Ultramaratoneti e gare estreme
Maratoneti e ultrarunner
È un libro che racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione. Sono trattati aspetti della psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso.
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