Il mondo degli ultrarunner
sembra essere bizzarro, sorprendente, coraggioso, simpatico, entusiasmante,
affascinante. Le esperienze in gare e allenamenti sono forti e intense, è un
mondo che fa star bene, i familiari e amici dopo un primo periodo di sorpresa e
preoccupazioni comprendono cosa significa farvi parte, cosa significa
apprestarsi a fare un allenamento o gara fuori dall’ordinario, cosa significa
osare, avvicinarsi al limite.
Di seguito Roberto racconta la sua esperienza di
atleta ultrarunner attraverso risposte a un mio
questionario di un po’ di tempo fa.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Per me significa stare in giro ore per montagne, vivere me stesso con
le mie difficoltà, fare turismo e conoscere un nuovo modo di vedere il mondo.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare
un ultramaratoneta? “In realtà non mi sento mai arrivato,
allungare i km da percorrere in gara è stata una forma di curiosità, sia
livello paesaggistico che interiore, per cui un vero percorso formativo non c’è
mai stato, anzi forse ho anche bruciato le tappe per arrivare a percorrere
certe distanze.”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “L’ignoto e il piacere di arrivare comunque al
limite… non di oltrepassare il limite!”
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “No, non è una condizione
stabile, può essere che domani decido di non fare più di 20 km a gara, ma non
mi sono mai posto il problema.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri
problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “A dire il vero per molto meno molti sarebbero già fermi… e non sola da
ultra distanze. In realtà sono un po’ incosciente e non mi ascolto mai
abbastanza e continuo anche con dolori.”
Cosa ti spinge a continuare ad essere
ultramaratoneta? “Non mi sento mai arrivato e finchè avrò questa sensazione
radicata in me continuerò a percorrere distanze non convenzionali.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite
nelle tue gare? “Il limite cerco sempre di
spostarlo un po’ più su, ma sono stato capace anche di fermarmi e ritirarmi,
per questo penso di essere arrivato a volte al limite ma mai averlo
oltrepassato.”
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti
aiutano a partecipare a gare estreme? “Nessuno in particolare, guardo una gara, mi piace mi iscrivo e parto.”
Quale è una gara estrema che ritieni non
poterci mai riuscire a portarla a termine? “Non mi sono mai posto questo problema… di solito miro gare che posso
provare a terminare.”
C’è una gara estremi che non faresti
mai? “Tutto ciò che è corribile non
mi è precluso… poi ci rifletto all’atto dell’iscrizione.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in
avanti i limiti fisici? “Il fatto che non so dove posso arrivare e mi sorprendo che nonostante
avanzi l’età il corpo comunque risponde sempre bene e la testa anche meglio.”
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici
della tua partecipazione a gare estreme? “I famigliari inizialmente mi osteggiavano, ora quando dico che faccio
una gara di 80 km sostengono che è corta. Gli amici li ho portati sui sentieri
della perdizione, per cui mi capiscono.
Che significa per te partecipare ad una
gara estrema? “Nulla di più che partecipare a
una gara più corta… vivere l’esperienza.”
In gare lunghe l’esperienza diventa forte e intensa,
ci si trova ad affrontare e gestire situazioni di difficoltà di percorso,
attività fisica che perdura nel tempo, a volte si sperimenta deprivazione del
sonno, si impara a gestire ogni cosa dall’abbigliamento all’alimentazione.
Ti va di raccontare un aneddoto? “Sincero non ne ho …mi diverto quando sono stanco molto stanco a
interpretare le allucinazioni.”
Le allucinazioni sono riportate da atleti che fanno
sport di endurance, a volte vedono o sentono quello che vogliono vedere e
sentire, a volte immaginano di parlare al telefono con la propria famiglia, o
hanno miraggi: oasi nel deserto, serpenti, leoni, esperienze al di là
dell’ordinario.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
diventare ultramaratoneta? “Nulla, da sempre mi dicono sono
un testone e questo è basilare per finire certe gare.”
Come è cambiata la tua vita famigliare,
lavorativa? “Lavorativa nulla… nel senso ho
sempre accettato i ritmi del lavoro (ora sono precario). Con la famiglia
qualche screzio iniziale, ora quando possono mi seguono.”
Se potessi tornare indietro cosa
faresti? O non faresti? “Rifarei tutto!”
Usi farmaci, integratori? Per quale
motivo? “Non uso nulla… tranne ferro e
magnesio …questo per un abbassamento dei valori, sono donatore Avis.”
Ai fini del certificato per attività
agonistica, fai indagini più accurate? Quali? “Faccio una visita medica sportiva un po’ più approfondita ma nulla di più.”
E’ successo che ti abbiano consigliato
di ridurre la tua attività sportiva? “Per fortuna no… o meglio per alcuni problemi articolari qualche medico
me l’ha suggerito, ma poi ha desistito.”
Prima o poi lo trovi un medico che ti dice che tropo
sport fa male, che la distanza massima è la maratona, ma sta alla persona
decidere cos’è meglio per lui, cimentarsi in distanze più lunghe si può facendo
sempre attenzione a se stessi, compensando lo sforzo e la fatica con recuperi
adeguati e facendo accertamenti sanitari appropriati.
Hai un sogno nel cassetto? “No. Cerco solo cose realizzabili.”
Roberto è menzionato sul mio
nuovo libro “Sport, benessere e performance” http://www.prospettivaeditrice.it/index.php?id_product=397&controller=product
Psicologo clinico e dello sport, Psicoterapeuta
380-4337230 - 21163@tiscali.it
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html
Nessun commento:
Posta un commento