Matteo SIMONE
Lo strano e bizzarro mondo degli ultrarunner, incontri e condivisioni.
Qualche hanno fa ho chiesto a Roberto di rispondere a
un mio questionario poi ci incontravamo a qualche gara, lui correva con la
società I Grilli Runners e io con l’Atletica La Sbarra, per un anno abbiamo corso per la stessa società La
Sbarra & I Grilli Runners.
Approfondiamo la conoscenza di Roberto attraverso le risposte al mio
questionario.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Alla fine del prossimo mese avrò partecipato a due ultramaratone di 100
km ed eseguito due allenamenti che superano la distanza classica della
maratona: non so se questo basti per definirmi un ultramaratoneta, ho preso
parte a dieci maratone, ma non sono un habitué delle ultramaratone, non ancora.”
Cosa significa per te essere
ultramaratoneta? “Significa avere la possibilità
di effettuare un meraviglioso viaggio dentro noi stessi dove mente e fisico, in
sinergia, cercano di portarti oltre lo stremo.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare
un ultramaratoneta? “Dal punto di vista fisiologico
nessuno in particolare: i miei problemi ortopedici, tra i quali una coxartrosi
bilaterale, non mi consentono di effettuare allenamenti sufficientemente lunghi
per preparare la distanza.”
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Lo sforzo
organico prolungato nel tempo e il dover in qualche modo farvi fronte anche per
mezzo della mente, rappresentano un’ottima scuola di vita per affrontare
positivamente e costruttivamente gli imprevisti che ci capitano davanti nella
vita di tutti i giorni: le mie motivazioni sono quindi anche indipendenti
dall’aspetto sportivo.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri
problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho avuto un periodo molto buio tre anni fa per via di alcuni infortuni,
ma non avevo ancora partecipato a ultramaratone, anzi, devo dire che dopo la
partecipazione dell’anno scorso, sono progressivamente migliorato sia nei
risultati sportivi in genere, sia come capacità di recupero: ritengo che
l’ultramaratona metta a dura prova il fisico e porti a molti problemi organici,
ma allo stesso tempo contribuisce a costruire il fisico che sopporta meglio gli
sforzi, specie se prolungati.”
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “Ritengo che sia importante per
me continuare a progredire dal punto di vista umano, l’ultramaratona non è
certamente l’unico mezzo di questo percorso, ma uno dei possibili, visto che
amo correre.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite
nelle tue gare? “No, mi sono sempre accontentato
di raggiungere i miei obiettivi gradualmente tenendomi un margine, le uniche
due volte in cui sono stato sopraffatto da una crisi, sono avvenute
indipendentemente dalla mia volontà.”
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Devo fare appello a una buona dose di
coraggio e pensare a quanto sia bello e commovente tagliare il traguardo.”
Un mondo coraggioso quello degli ultrarunner, ma
si sa che alla fine della fiera, al termine delle dure fatiche, degli enormi
sforzi quello che ci aspetta sono forti emozioni e tanta commozione,
Quale è stata la tua gara più estrema o più
difficile? “La 100km del Passatore dello
scorso anno, senza dubbio.”
Quale è una gara estrema che ritieni non
poterci mai riuscire a portarla a termine? “Sicuramente ultramaratone che superino i 100 km di distanza, oppure
Skyraces in genere e ultramaratone anche di distanze inferiori ai 100 km ma
svolte in condizioni ambientali molto difficili.”
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Non una in particolare, ma tutte quelle che rientrano nella categoria
sopra espressa: purtroppo sono per me impreparabili visti i miei problemi
ortopedici, non posso quindi consolidare gli adattamenti fisiologici necessari
e sviluppare un’adeguata potenza lipidica per affrontare gare ancora più estreme di quelle che faccio.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Più che
cercare di allungare la distanza, cerco di migliorarmi a livello cronometrico
qualora ci siano le condizioni: penso che l’uomo debba e possa migliorare
costantemente sia dal punto di vista umano che sportivo. Il cronometro non deve
essere una trappola, ma a volte testimonia il tuo impegno e il tuo amore per lo
sport che ami.”
Cosa pensano familiari e amici
della tua partecipazione a gare estreme? “In genere trovo diffidenza da parte di coloro che non praticano la
corsa. Ho la fortuna tuttavia, di avere una moglie che ha praticato running e
molti amici con i quali condivido questa passione: li sento molto vicini in
prossimità di questo tipo di gare.”
Per affrontare questo tipo di gare particolarmente
impegnative dal punto di vista fisico e mentale diventa importante presentarsi
alla partenza con una buona dose di serenità, diventa importante avere figure
vicine di riferimento che ti sono vicini, ti sostengono, importante avere un
gruppo di amici o una squadra che ti supporta.
Che significa per te partecipare ad una
gara estrema? “Significa attraversare la “terra
di nessuno”, una dimensione spazio-temporale di difficile spiegazione, laddove
devi far appello solo a te stesso, cavartela da solo: una sofferenza enorme, ma
anche uno stimolo enorme.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Una crisi di sonno, di freddo, una stanchezza mai provata al limite del
collasso, pallore e vomito, impossibilità anche nel camminare piano e in linea
retta, completamente al buio, i muscoli bloccati… c’era da impazzire… tutto
questo dopo 70 km di gara e con altri 30 davanti… ho creduto in me e,
nonostante la scarsa lucidità, ho usato la testa e l’ho finita… correndo!”
Succede, è un ‘esperienza che altri riportano quella
delle crisi, di blocchi, indecisioni, dubbi, la voglia di fermarsi, per alcuni
è una buona decisione continuare e portare a termine l’impresa, per altri
diventa importante fermarsi, bisogna conoscersi sempre di più e comprendere
quello che ci sta accadendo per capire se si tratta di una mancanza di fiducia,
insicurezza che vuol sabotare la nostra prestazione o un vero rifiuto o vera
richiesta di aiuto da parte del nostro organismo.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
diventare ultramaratoneta? “Ho scoperto che riesco a trasformare
gli aspetti negativi in positivi, o al limite, a ragionare costruttivamente per
la risoluzione di un problema. Quando hai un filo di forza e ti devi ingegnare
per arrivare al traguardo, puoi tranquillamente avere la resilienza necessaria
per affrontare altre problematiche quando sei in condizioni di relativo
equilibrio psicologico e fisico.”
In condizioni estreme avviene una sorta di autoregolazione organismica,
sembri di essere all’estremo senza soluzioni, in una condizione di quasi
arresa, ma poi arriva sempre un momento di lucidità riparativa che ti porta in
salvo e ti toglie dalla situazione di crisi, e tutto ciò poi ti serve e ti
aiuta nella vita quotidiana, lo sai che si risolve tutto se vuoi e ti impegni e
se sei fiducioso. Questo è il vantaggio della resilienza, trasformare tutto,
raccogliere sempre dalle esperienze il buono che c’è.
Come è cambiata la tua vita famigliare,
lavorativa? “Non è cambiata: non ho figli e
mia moglie asseconda volentieri la mia passione. In generale riesco a trovare agevolmente
il tempo per allenarmi.”
Tutto sta a sapersi organizzare, se hai una passione
da coltivare, si tratta di dribblare gli impegni lavorativi e familiari e
trovare condizioni, tempo e modalità per allenarsi, si diventa resilienti anche
in questo, sempre a disposizione un paio di scarpe in macchina, al lavoro.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Non ho particolari rimpianti,
in un senso o nell’altro.”
Usi farmaci, integratori? Per quale
motivo? “Non uso farmaci specifici, come
integrazione prendo occasionalmente del ferro quando me ne ricordo: 2-3
pastiglie al mese soprattutto d’estate in quanto sono vegetariano e potrei
andare sporadicamente in deficit di ferro anche se non ci sono evidenze dalle
analisi. Durante l'attività, a seconda delle
condizioni, cerco di reintegrare i sali con bevande ipotoniche quali Polase e, per distanze superiori ai 35 km, cerco di
reintegrare qualche stilla di glicogeno assumendo i classici gel ai
carboidrati.”
Ai fini del certificato per attività agonistica,
fai indagini più accurate? Quali? “Durante le visite medico sportive non mi hanno mai richiesto un
supplemento di indagine, ho solo fatto fare di mia iniziativa, un
ecocardiogramma di controllo e un ecocolordoppler ai tronchi sovraortici in
quanto ho un tasso di omocisteina nel sangue relativamente alto.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di
ridurre la tua attività sportiva? “Ultimamente no, ma corro contro il parere contrario di un ortopedico
che mi visitò nel 2009 e mi consigliò di fare solo nuoto. Certamente non potrò
mai essere un campione, ma posso sicuramente correre, non senza problemi in
assoluto, ma la bilancia benefici-fastidi pende sicuramente in direzione dei
benefici dalla pratica della corsa.”
E’ una questione di equilibrio, di responsabilità, di scelte e rinunce,
di comprendere come nutrire il nostro benessere fisico, mentale ed emotivo, noi
lo sappiamo e decidiamo, gli altri ci indirizzano.
Hai un sogno nel cassetto? “Certamente: gli animali corrono fino all’ultimo, figurarsi se intendo
smettere io. (Marco Olmo).”
Un'intervista a Roberto è riportata nel
libro ""Il piacere di correre oltre". Sport & benessere
15 | ed. novembre 2022.
In linea di massima, la passione della
corsa permette alle persone di mettersi alla prova, di condurre un sano stile
di vita, di salire su un treno fatto di fatica e gioie, di relazioni, di mete e
obiettivi da costruire, di situazioni da sperimentare. Bisogna sviluppare
consapevolezza delle proprie risorse e capacità, ma anche dei propri limiti: è
necessario consolidare questi concetti per mantenere un buon equilibrio. Nel
nuovo libro di Matteo Simone Il piacere di correre oltre, l’autore riprende la
sua consuetudine di parlarci di sport soprattutto attraverso il dialogo con gli
atleti.
Leggere il testo di Matteo Simone ci
permette di conoscere alcune dinamiche psicologiche che forse ignoriamo o per
lo meno di cui non siamo consapevoli. L’autore nota che ciascuno di noi, se lo
vuole, può riuscire a raggiungere i propri obiettivi nello sport come nella
vita, e così diventano più addomesticabili e gestibili, la fatica e la paura;
al contempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si
sviluppa la resilienza.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Nessun commento:
Posta un commento