venerdì 26 maggio 2017

Roberto D’Uffizi, ultrarunner: Mente e fisico cercano di portarti oltre lo stremo


Lo strano e bizzarro mondo degli ultrarunner, incontri e condivisioni. 

Qualche hanno fa ho chiesto a Roberto di rispondere a un mio questionario poi ci incontravamo a qualche gara, lui correva con la società I Grilli Runners e io con l’Atletica La Sbarra, per un anno abbiamo corso per la stessa società La Sbarra & I Grilli Runners.
Approfondiamo la conoscenza di Roberto attraverso le risposte al mio questionario.
Ti puoi definire ultramaratoneta?Alla fine del prossimo mese avrò partecipato a due ultramaratone di 100 km ed eseguito due allenamenti che superano la distanza classica della maratona: non so se questo basti per definirmi un ultramaratoneta, ho preso parte a dieci maratone, ma non sono un habitué delle ultramaratone, non ancora.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Significa avere la possibilità di effettuare un meraviglioso viaggio dentro noi stessi dove mente e fisico, in sinergia, cercano di portarti oltre lo stremo.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?Dal punto di vista fisiologico nessuno in particolare: i miei problemi ortopedici, tra i quali una coxartrosi bilaterale, non mi consentono di effettuare allenamenti sufficientemente lunghi per preparare la distanza.”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?Lo sforzo organico prolungato nel tempo e il dover in qualche modo farvi fronte anche per mezzo della mente, rappresentano un’ottima scuola di vita per affrontare positivamente e costruttivamente gli imprevisti che ci capitano davanti nella vita di tutti i giorni: le mie motivazioni sono quindi anche indipendenti dall’aspetto sportivo.”
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?No, sarà sicuramente una costante, ma per motivi ortopedici non potrò permettermi di partecipare a molte ultramaratone.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta?Ho avuto un periodo molto buio tre anni fa per via di alcuni infortuni, ma non avevo ancora partecipato a ultramaratone, anzi, devo dire che dopo la partecipazione dell’anno scorso, sono progressivamente migliorato sia nei risultati sportivi in genere, sia come capacità di recupero: ritengo che l’ultramaratona metta a dura prova il fisico e porti a molti problemi organici, ma allo stesso tempo contribuisce a costruire il fisico che sopporta meglio gli sforzi, specie se prolungati.”
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta?Ritengo che sia importante per me continuare a progredire dal punto di vista umano, l’ultramaratona non è certamente l’unico mezzo di questo percorso, ma uno dei possibili, visto che amo correre.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?No, mi sono sempre accontentato di raggiungere i miei obiettivi gradualmente tenendomi un margine, le uniche due volte in cui sono stato sopraffatto da una crisi, sono avvenute indipendentemente dalla mia volontà.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?Devo fare appello a una buona dose di coraggio e pensare a quanto sia bello e commovente tagliare il traguardo.”

Un mondo coraggioso quello degli ultrarunner, ma si sa che alla fine della fiera, al termine delle dure fatiche, degli enormi sforzi quello che ci aspetta sono forti emozioni e tanta commozione,
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? La 100km del Passatore dello scorso anno, senza dubbio.
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine?
Sicuramente ultramaratone che superino i 100 km di distanza, oppure Skyraces in genere e ultramaratone anche di distanze inferiori ai 100 km ma svolte in condizioni ambientali molto difficili.
C’è una gara estremi che non faresti mai?Non una in particolare, ma tutte quelle che rientrano nella categoria sopra espressa: purtroppo sono per me impreparabili visti i miei problemi ortopedici, non posso quindi consolidare gli adattamenti fisiologici necessari e sviluppare un’adeguata potenza lipidica per affrontare gare ancora più estreme di quelle che faccio.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?Più che cercare di allungare la distanza, cerco di migliorarmi a livello cronometrico qualora ci siano le condizioni: penso che l’uomo debba e possa migliorare costantemente sia dal punto di vista umano che sportivo. Il cronometro non deve essere una trappola, ma a volte testimonia il tuo impegno e il tuo amore per lo sport che ami.”
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?In genere trovo diffidenza da parte di coloro che non praticano la corsa. Ho la fortuna tuttavia, di avere una moglie che ha praticato running e molti amici con i quali condivido questa passione: li sento molto vicini in prossimità di questo tipo di gare.

Per affrontare questo tipo di gare particolarmente impegnative dal punto di vista fisico e mentale diventa importante presentarsi alla partenza con una buona dose di serenità, diventa importante avere figure vicine di riferimento che ti sono vicini, ti sostengono, importante avere un gruppo di amici o una squadra che ti supporta.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? Significa attraversare la “terra di nessuno”, una dimensione spazio-temporale di difficile spiegazione, laddove devi far appello solo a te stesso, cavartela da solo: una sofferenza enorme, ma anche uno stimolo enorme.”
Ti va di raccontare un aneddoto?Una crisi di sonno, di freddo, una stanchezza mai provata al limite del collasso, pallore e vomito, impossibilità anche nel camminare piano e in linea retta, completamente al buio, i muscoli bloccati c’era da impazzire tutto questo dopo 70 km di gara e con altri 30 davanti ho creduto in me e, nonostante la scarsa lucidità, ho usato la testa e l’ho finita correndo!

Succede, è un ‘esperienza che altri riportano quella delle crisi, di blocchi, indecisioni, dubbi, la voglia di fermarsi, per alcuni è una buona decisione continuare e portare a termine l’impresa, per altri diventa importante fermarsi, bisogna conoscersi sempre di più e comprendere quello che ci sta accadendo per capire se si tratta di una mancanza di fiducia, insicurezza che vuol sabotare la nostra prestazione o un vero rifiuto o vera richiesta di aiuto da parte del nostro organismo.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Ho scoperto che riesco a trasformare gli aspetti negativi in positivi, o al limite, a ragionare costruttivamente per la risoluzione di un problema. Quando hai un filo di forza e ti devi ingegnare per arrivare al traguardo, puoi tranquillamente avere la resilienza necessaria per affrontare altre problematiche quando sei in condizioni di relativo equilibrio psicologico e fisico.” 

In condizioni estreme avviene una sorta di autoregolazione organismica, sembri di essere all’estremo senza soluzioni, in una condizione di quasi arresa, ma poi arriva sempre un momento di lucidità riparativa che ti porta in salvo e ti toglie dalla situazione di crisi, e tutto ciò poi ti serve e ti aiuta nella vita quotidiana, lo sai che si risolve tutto se vuoi e ti impegni e se sei fiducioso. Questo è il vantaggio della resilienza, trasformare tutto, raccogliere sempre dalle esperienze il buono che c’è.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa?Non è cambiata: non ho figli e mia moglie asseconda volentieri la mia passione. In generale riesco a trovare agevolmente il tempo per allenarmi.”

Tutto sta a sapersi organizzare, se hai una passione da coltivare, si tratta di dribblare gli impegni lavorativi e familiari e trovare condizioni, tempo e modalità per allenarsi, si diventa resilienti anche in questo, sempre a disposizione un paio di scarpe in macchina, al lavoro.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?Non ho particolari rimpianti, in un senso o nell’altro.
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?Non uso farmaci specifici, come integrazione prendo occasionalmente del ferro quando me ne ricordo: 2-3 pastiglie al mese soprattutto d’estate in quanto sono vegetariano e potrei andare sporadicamente in deficit di ferro anche se non ci sono evidenze dalle analisi. Durante l'attività, a seconda delle condizioni, cerco di reintegrare i sali con bevande ipotoniche quali Polase e, per distanze superiori ai 35 km, cerco di reintegrare qualche stilla di glicogeno assumendo i classici gel ai carboidrati.”
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? Quali? Durante le visite medico sportive non mi hanno mai richiesto un supplemento di indagine, ho solo fatto fare di mia iniziativa, un ecocardiogramma di controllo e un ecocolordoppler ai tronchi sovraortici in quanto ho un tasso di omocisteina nel sangue relativamente alto.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva?
Ultimamente no, ma corro contro il parere contrario di un ortopedico che mi visitò nel 2009 e mi consigliò di fare solo nuoto. Certamente non potrò mai essere un campione, ma posso sicuramente correre, non senza problemi in assoluto, ma la bilancia benefici-fastidi pende sicuramente in direzione dei benefici dalla pratica della corsa.”

E’ una questione di equilibrio, di responsabilità, di scelte e rinunce, di comprendere come nutrire il nostro benessere fisico, mentale ed emotivo, noi lo sappiamo e decidiamo, gli altri ci indirizzano.
Hai un sogno nel cassetto?Certamente: gli animali corrono fino all’ultimo, figurarsi se intendo smettere io. (Marco Olmo).
Un'intervista a Roberto è riportata nel libro ""Il piacere di correre oltre" (Il piacere di correre oltre dal punto di vista di uno psicologo dello sport). Sport & benessere 15 | ed. novembre 2022.
In linea di massima, la passione della corsa permette alle persone di mettersi alla prova, di condurre un sano stile di vita, di salire su un treno fatto di fatica e gioie, di relazioni, di mete e obiettivi da costruire, di situazioni da sperimentare. Bisogna sviluppare consapevolezza delle proprie risorse e capacità, ma anche dei propri limiti: è necessario consolidare questi concetti per mantenere un buon equilibrio. Nel nuovo libro di Matteo Simone Il piacere di correre oltre, l’autore riprende la sua consuetudine di parlarci di sport soprattutto attraverso il dialogo con gli atleti.
Leggere il testo di Matteo Simone ci permette di conoscere alcune dinamiche psicologiche che forse ignoriamo o per lo meno di cui non siamo consapevoli. L’autore nota che ciascuno di noi, se lo vuole, può riuscire a raggiungere i propri obiettivi nello sport come nella vita, e così diventano più addomesticabili e gestibili, la fatica e la paura; al contempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza. 

Psicologo, Psicoterapeuta

Nessun commento:

Translate