Matteo Simone
Simona Morbelli è la vincitrice assoluta del Tor des Chateaux, una gara ultratrail di 100km, arrivando prima di chiunque, uomini e donne, come è successo in altre gare di lunga distanza dove a prevalere è stata una donna.
Tutto ciò nel giorno
della festa della mamma, il 14 maggio 2017, mamma fortissima e tantissimo
resiliente.
Il
suo prossimo importante obiettivo del 2017 è la 100 miles Leadville Race Series
e il suo percorso di avvicinamento raccoglie due vittorie preziose, la Tuscany
Crossing e il Tor des Chateaux.
Cosa ti motiva a essere ultramaratoneta? “Ognuno di noi, in modi differenti
dovrebbe cercare di migliorarsi. Sono sempre stata attratta da ogni cosa che
potesse portarmi a superare i miei limiti. Ho iniziato correndo un circuito di
3.3 km nella riserva di caccia di casa mia in campagna, adesso reputo corta una
gara da 50 km ed ho imparato a gestirmi in maniera tale da migliorarmi nella
prestazione dopo il 50 km.”
Simona
apprende a far bene gradualmente con esperienza di superamento graduale delle
difficoltà ed ostacoli, aumenta gradualmente l’asticella ed allunga i percorsi
di gara un po' per volta accorgendosi sempre di più di essere portata per questo
tipo di competizione.
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta?
“Nasco alpinista (parolone) e scalatrice, ho iniziato a correre
casualmente per aumentare la capacità polmonare.”
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “La corsa per me è un gesto naturale,
lo amo, e se un giorno dovessi mettermi a fare delle regate oppure motocross la
corsa in natura farà sempre parte della mia quotidianità.”
Come
tanti altri scopre la corsa per caso e se ne innamora. E’ un amante del nuovo,
si adatta alle circostanze ed ai cambiamenti ma la corsa è un amore che non
abbandonerà mai.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
“Supero il limite ogni volta che decido di prepararmi per un tipo di
gara completamente differente nel percorso dal mio conosciuto. Il lavoro
mentale è fondamentale.”
Sempre
alla ricerca di nuove e sfidanti competizioni, scopre che è importante la
preparazione fisica e l’approccio mentale per questo tipo di gare di endurance
con forte difficoltà di sentieri e dislivelli.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare
estreme? “La motivazione credo sia la componente
principale. Fare qualcosa che ti piace e farlo con degli obiettivi porta ognuno
di noi a migliorarsi e non mollare. Forza, determinazione, costanza,
resilienza, nel momento stesso in cui sei realmente motivato il tuo corpo
aiutato dalla tua mente ti può portare ovunque.”
E’
consapevole che il motore del suo successo è la motivazione, finché è motivata
c’è voglia di migliorarsi e di far bene, con la motivazione si è più
resilienti, si è più disposti ad affrontare fatica e sofferenza, se manca la
motivazione tutto diventa più difficile e si è più disposti a mollare.
Che significa per te partecipare a una gara estrema? “L'estremo è soggettivo e dipende anche
dalla preparazione personale. Potrei veder scalare un 9A+ con elasticità e
grazia stupendomi, senza rendermi conto che per l'atleta che sta compiendo quel
gesto si tratta di un qualcosa di conosciuto e di fattibile dal momento che lo
sta facendo. Il mio estremo potrebbe dunque essere quello di portare a termine
con una buona prestazione una gara per nulla affine alle mie caratteristiche
atletiche senza per questo cercare il pericolo, parola amata molto da chi ci
vorrebbe tutti insani di mente per giustificare la propria inadeguatezza.”
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Annecy 2015. Partecipare ai campionati
del mondo con la maglia azzurra ha avuto per me un valore enorme, oserei dire
inaspettato per quanto forte. Mi sono preparata al meglio, sono partita volendo
onorare me stessa, la maglia e la gara per poi scoprire dopo pochi km che non
avrei potuto farlo a causa di un ernia (diagnosticata quattro giorni dopo), che
mi ha bloccato il gesto. Ho continuato la gara finché ho potuto nonostante
fossi l'ombra di me stessa.”
Quando
ce la metti tutta per far bene, per onorare una maglia indossata della
nazionale italiana ma scopri che il fisico si arrende e ti si rivolge contro
allora c’è un momento di disperazione, di fallimento, di sconfitta, di
riflessione, ti mette davanti al limite, alla difficoltà, alla resa, in quel
momento bisogna farsene una ragione e saper pazientare in attesa di un recupero
per poter lavorare meglio con costanza e ritornare a far bene.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività
sportiva?
“A questa domanda sorrido. Sono davvero gestita al meglio. Ho una
programmazione accurata che tiene conto delle mie gare e del mio benessere
psicofisico. Faccio una gara al mese, questo sia perché non trovo logico e
proficuo né per la forma fisica tantomeno per la performance fare gare ogni
fine settimana, inoltre oltre a ritenerlo poco professionale ho per fortuna
altri interessi che mi impegnano i week end senza per forza evitare gli
allenamenti. Quelli non si evitano mai, ma si possono fare ovunque.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Ho la fortuna di essere seguita da
Fulvio Massa, mio preparatore, fisioterapista e massaggiatore sportivo. Sono
seguita anche da uno staff di professionisti che mi aiutano nell'integrazione e
cure mediche. Mi sottopongo a sforzi enormi durante il periodo di carico e la
conseguente gara, mi sembra logico prendermi cura di me stessa. Faccio esami di
controllo ogni sei mesi e in base a eventuali carenze gestisco il recupero: vitamine, ferro, potassio, antiossidanti, omega3.”
Per
essere a certi livelli e per competere in gare che richiedono ore e ore di duro lavoro è importante affidarsi a esperti e non trascurare nessun
aspetto.
Un'intervista a Simona è riportata nel libro "Ultramaratoneti e gare estreme", Prospettiva Editrice. Collana: Sport & Benessere, 2016.
Inoltre, Simona è menzionata nei seguenti libri: "Sport, benessere e performance", "Maratoneti e ultrarunner", "Correre con la mente".
Matteo
SIMONE
http://www.unilibro.it/libri/f/autore/simone_matteo
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