Non è ancora il momento per Enrico Bonati vincere una bella gara di ultratrail, ci è andato vicino, forse ci ha creduto, forse si è illuso, ma quando competi con atleti di livello nazionale diventa difficile sperare e contare sulla fortuna.
Comunque
per Enrico una brillante prestazione, sempre con i il sorriso e con una
grandissima passione e voglia di mettersi in gioco, un bel risultato, di
seguito le sue parole espresse sui social: “5h e 59 min secondo assoluto. Oggi
ci ho creduto fino in fondo...vincere una ultra trail sembrava un sogno
irrealizzabile e oggi per un soffio ci stavo riuscendo! Fatto il primo petalo
(28km) in testa senza mai essere raggiunto...poi Filippo Canetta se ne va e
comincia un testa a testa strepitoso che lo vede andarsene ma con me sempre
alle calcagna...al 42emo km sulla pista da sci di Zum Zeri attacco e vado
via...il sogno è lì...sta diventando realtà...spingo spingo e so che mancano 18
km interminabili in cui si scende e basta...al 55emo km Filippo arriva a doppia
velocità e mi lascia lì...le mie gambe oggi hanno dato il massimo …vittoria
meritata per lui e io contentissimo di essermi confrontato con lui e di aver
dato tutto! Oggi
secondo...ma un domani....sogno!”
Importante
rimanere felici e tornare a casa con una bella esperienza e belle speranze per
il futuro, speranze di avvicinamenti a vittorie e sogni da rendere reali, si può
fare con grande impegno, grande voglia di mettersi sempre in gioco, un corpo
allenato e coccolato e una testa che guida.
Di
seguito approfondiamo la conoscenza del vincitore Filippo Canetta attraverso
delle risposte a un mio questionario di un paio di anni fa.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Cercare di fare qualcosa che al
momento presente sembra impossibile, impegnarsi, farlo e poi accorgersi che non
era impossibile.”
Qual è stato il tuo percorso per
diventare un ultramaratoneta? “Fare il primo passo, il più difficile.”
Il
segreto sta proprio nel primo passo, nel partire, nell’iniziare, nell’avere deciso una meta, un obiettivo e poi iniziare il viaggio, il percorso che ti
porta dove tu vuoi, non sarà niente impossibile se hai fatto una buona
pianificazione e programmazione di quello che devi fare in base a quello che
puoi fare considerato capacità, risorse, qualità personali e anche considerando
i propri limiti.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Inseguire i sogni, esplorare il mondo.”
Vero
i sogni non per forza restano tali, se vuoi ti puoi impegnare e fare di tutto
per renderli reali e più vicini a te, puoi attivare proprie risorse e capacità,
puoi attivare una rete di persone che ti sostengo o ti aiutano a portare a
compimento i tuoi obiettivi partendo proprio da questo momento.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere
ultramaratoneta? “No, anzi, ho imparato a gestire i problemi,
riducendo i carichi per dare modo al mio corpo di ripararsi, ma senza fermarmi
mai.”
Molti
considerano gli ultrarunner, masochisti o pazzi, o con un ego troppo
sviluppato, ma approfondendo questo mondo e facendo esperienza diretta di gare
di endurance a volte considerate estreme si scopre che l’ultrarunner diventa
manager di se stesso, riesce a trovare il giusto equilibrio tra quello che vuol
fare e quello che può fare, tra la parte fisica e mentale giungendo a
compromessi e alleanze per decidere come e quando andare avanti e come e quando
fermarsi per ripartire. Si impara a non strafare ma a osare con attenzione, si
impara a mettere in tensione il proprio corpo e la propria mente ma anche a
come rilassarla, si diventa padroni del proprio corpo e della propria mente,
soprattutto se si introducono tecniche e metodi di rilassamento, di
visualizzazione,di respiro, meditazione o ci si fa aiutare da esperti della
psicologia.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? “C’è sempre qualcosa da imparare.”
Si
impara da tutto e si utilizza tutto quello che succede in ogni momento, portando con se e dentro di se gli insegnamenti che serviranno ora e anche poi
nelle situazioni più difficili da affrontare, gestire, superare, si impara anche
dalle sconfitte, dagli insuccessi, dagli infortuni, dai fallimenti. Bisogna
sempre spacchettare l’esperienza e prendere i frutti buoni di quello che c’è.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare
estreme?
“Concentrazione sugli obiettivi, qualsiasi essi siano.”
L’obiettivo
va sempre tenuto in considerazione, è come avere un filo che ti lega
all’obiettivo, ogni cosa che si fa c’è una domanda implicita è appropriata per
l’obiettivo che voglio raggiungere o rema contro? E di conseguenza ci si assume
la responsabilità delle scelte che facciamo, consapevoli.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? “Quella in cui ho avuto (mi capita
spesso) problemi di stomaco.”
I
problemi da una parte bisogna accoglierli, accettarli e studiarli, da una parte
bisogna comprenderli, bisogna capire qual è il loro messaggio, cosa ci vogliono
raccontare, e poi attraverso prove ed errori, attraverso l’esperienza,
attraverso consulenze con esperti nutrizionisti, allenatori, psicologi, si cerca
di risolverli totalmente o in parte o di conviverci.
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a
portarla a termine?
“Non saprei. Credo che si possa fare molto, tutto dipende dalla preparazione.”
Ogni
cosa va desiderata, studiata e preparata, più è difficile più aumenta
l’accuratezza nello studio e nella preparazione, più ci deve essere la passione
e la motivazione per portarla a compimento.
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Una gara in posti tropicali, molto
bagnati e umidi, forse.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Il gusto di superarli.”
Questo
è il gusto della vita, il percorso che ognuno facciamo, si superano esami,
concorsi, incontri, problemi, si alza sempre più l’asticella, si diventa più
sicuri e autoefficaci, si diventa sempre più in grado di superare crisi,
difficoltà e problemi, si diventa più resilienti, l’ultracorsa diventa la
palestra della vita.
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare
estreme?
“Le gare che faccio sono sempre difficili da spiegare a qualcuno che non le ha
fatte, quindi tendo a minimizzare. Spero solo, in un certo modo, di essere
d’esempio ai miei figli e insegnargli che con l’impegno si possono superare le
difficoltà.”
Vero,
quando c’è una difficoltà, non bisogna avere fretta di superarla, si può
partire dal ricordare precedenti esperienze superate che ti danno la spinta
positiva e occorrente per trovare la giusta via.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? “E’ solo un viaggio, nulla di estremo.
L’estremo dipende dalla preparazione.”
Estremo
può essere fare 5km di camminata per uno che sta sempre seduto a vedere la TV.
Ti va di raccontare un aneddoto? “6 anni fa ho concluso a fatica una
gara di 35 Km, all’arrivo mi sono commosso nel vedere l’arrivo degli atleti
della corrispondente gara lunga (70 Km). Pensavo fosse qualcosa di impossibile
e la mia ammirazione per loro era immensa. Ora, dopo 6 anni e tanti Km, le gare
di 70 Km sono per me gare di avvicinamento ad obiettivi più grandi.”
L’essere
umano ha tante capacità e possibilità inesplorate, bisognerebbe anteporre
sempre la parola ORA davanti a qualsiasi cosa che diciamo o facciamo, ora ho
voglia di impegnarmi per questa cosa e voglio fare questa cosa, poi tutto passa,
tutto cambia e ci accorgiamo che l’asticella la possiamo alzare momento per
momento, giorno per giorno sempre più alta impegnandoci e credendoci.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Resistenza e caparbietà. Correndo in natura:
dei posti meravigliosi!”
L’ultracorsa,
soprattutto in sentieri naturali e di montagna ti permette di scoprire mondi
tuo iinterni e anche il mondo che ti ìcirconda fatto di sassi, radici, luci,
ombre, vette, valli, precipizi, colori.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? “Decisamente in meglio. Passo molto più
tempo all’aria aperta invece che in un ufficio. Prima di fare sport, facevo
fatica a fare le scale. Ora prima di fare fatica ci vuole un po’ più di tempo.”
L’estremo
può essere fare 6 piani di scale a piedi se si è sempre preso l’ascensore,
oppure può essere stare seduto in ufficio per 8 ore per chi è abituato a
correre in natura per ore e ore non sentendo la fatica nemica. Tutto diventa
relativo, dipende da quali occhi e da quali menti si vedono le cose.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “E’ un gioco, rifarei tutto.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “No, nessuno. Voglio correre libero da
qualsiasi dipendenza e condizionamento. E poi non credo nella medicina chimica.
Le ultra insegnano a convivere e a controllare il dolore.”
Le
ultra sviluppano capacità autocurative e di sopportazione, si impara ad
autoipnotizzarsi, a mandare flussi positivi e lenitivi presso propri dolori e
sensazioni di sofferenza.
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più
accurate? “No,
anche se non mi sarebbe dispiaciuto fare un test sulle mie capacità atletiche.
Ma oramai sono troppo vecchio.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività
sportiva?
“Dopo gli infortuni. In generale ho talmente poco tempo libero che dovrei e
vorrei correre di più.”
Hai un sogno nel cassetto? “Ne ho tantissimi, non uno solo!”
Un'intervista
a Filippo è riportata nel libro
"Il piacere di correre oltre" (Il piacere di correre oltre dal punto
di vista di uno psicologo dello sport).
Sport
& benessere 15 | ed. novembre 2022.
In
linea di massima, la passione della corsa permette alle persone di mettersi
alla prova, di condurre un sano stile di vita, di salire su un treno fatto di
fatica e gioie, di relazioni, di mete e obiettivi da costruire, di situazioni
da sperimentare. Bisogna sviluppare consapevolezza delle proprie risorse e
capacità, ma anche dei propri limiti: è necessario consolidare questi concetti
per mantenere un buon equilibrio. Nel nuovo libro di Matteo Simone Il piacere
di correre oltre, l’autore riprende la sua consuetudine di parlarci di sport
soprattutto attraverso il dialogo con gli atleti.
Leggere
il testo di Matteo Simone ci permette di conoscere alcune dinamiche
psicologiche che forse ignoriamo o per lo meno di cui non siamo consapevoli.
L’autore nota che ciascuno di noi, se lo vuole, può riuscire a raggiungere i
propri obiettivi nello sport come nella vita, e così diventano più
addomesticabili e gestibili, la fatica e la paura; al contempo si rafforza la
mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza.
http://www.unilibro.it/libri/f/autore/simone_matteo
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