martedì 2 maggio 2017

Cecilia Polci: Il trail non è solo corsa è prima di tutto passione e condivisione

Matteo Simone
3804337230- 21163@tiscali.it

Si fa parte della famiglia del trail, la natura diventa casa aperta per tutti, uno spazio dove si sperimenta libertà, si fatica felicemente salendo e scendendo, saltando radici e sassi, sporcandosi, percependo sensazioni ed emozioni, sudore, vento, fame, sete, colori intensi, albe e tramonti.

Tempo fa proposi un mio questionario a una cara amante di trail Cecilia Polci e di seguito possiamo approfondire la sua conoscenza.
Ti puoi definire ultramaratoneta?Uhm vediamo…diciamo che più che ultramaratoneta potrei definirmi trailer al momento della domenica, scherzi a parte adoro questo sport."
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Ultramaratoneta è colui che aspetta tutta la settimana per godersi quella giornata, che sia sabato o domenica, immerso nella natura, circondato da persone che condividono la sua stessa passione, con cui trascorrerà attimi preziosi, momenti che ti consentono di ricaricare le batterie e affrontare al meglio la settimana che ti aspetta.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?Il mio approccio al trail è nato per puro caso. Mi trovavo in vacanza quando un’amica, Maria Chiara Parigi, con la quale avevo condiviso qualche corsetta mattutina, mi invita ad andare con lei al Trail dei Poeti; 23 km mi dice, che vuoi che siano. Beh, per me che correvo da maggio e al massimo ne avevo fatti 15 in allenamento e mai più di 10 in gara, mi sembravano un’enormità. Non so cosa però, ma una vocina dentro di me mi fece dire sì…ed eccomi qua. Da allora non ho più smesso.”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?Sicuramente le emozioni che questo sport mi regala ogni volta. L’amore per la natura e la voglia di conoscere posti nuovi e incontrare nuove amicizie, perché il trail non è solo corsa è prima di tutto passione e condivisione.”
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?A dire la verità ho avuto alcuni momenti difficili in cui sembrava che già portare a termine una gara fosse una grande conquista, ma proprio di smetter del tutto no fortunatamente.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta?
Fosse stato per me mai, in realtà il troppo allenamento e le continue gare hanno fatto crollare la Ferritina e il ferro a livelli davvero critici ma per fortuna sono riuscita a trovare un giusto compromesso; una bella cura di ferro e allenamenti più brevi ma mirati.”

Come dico ultimamente, soprattutto per lo sport di endurance, è importante l’autoprotezione e le coccole oltre all’allenamento fisico, mentale e nutrizionale. 
Si può portare il fisico in condizioni estreme in allenamento e in gara, si può alzare sempre più l’asticella, si può fare sport per ore e ore in condizioni di meteo non ottimale, in condizioni di deprivazione. Importante diventa poi prendersi cura di sé, del proprio corpo, dedicando cure e attenzioni appropriate, attraverso analisi cliniche e mediche, attraverso massaggi e fisioterapia, attraverso riposi e recuperi. 
Ci dovrebbe essere un ciclo, attivazione, fatica, recupero, integrazione, allenamento e così a seguire.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? In primis la curiosità, come dicevo, non solo di esplorare posti nuovi ma anche di conoscere nuovi amici folli che come me condividono l’amore per questo sport. 
Ah! Dimenticavo, non essendo molti ancora, posso dire di essere fiera di essere entrata a far parte della famiglia del trail, ecco sì è proprio questo che mi spinge, la voglia ogni volta di sentirmi di nuovo a casa.”
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?Una gara rimarrà dentro di me per un bel po’ credo: Oasi Zegna. Partiamo la mattina alle 7, un mega temporale ci assale dopo pochi metri. Fino al 20° km tutto bene, avevo già sbagliato una volta il percorso, passo per il ristoro dove il mio fidanzato mi rassicura e mi dice che farà con me l’ultima parte del percorso. Eh dico tra me e me mancano solo 18 km poi gli ultimi sono con Simo e anche questa è andata e invece. La stanchezza di una settimana di dichiarazioni dei redditi, perché si, sono commercialista e per noi questo è davvero un periodo di fuoco, e il temporale fanno da padroni. Mi ritrovo nella cresta di Bielmonte in preda ad una crisi di panico. Non riesco a capire dove mettere i piedi, come arrampicarmi, si inizia a spengere la luce, eppure mi dico di cibo ne hai, acqua pure e allora? 
Allora non so, so solo che dopo aver fatto pochi metri con una guida alpina mi ritrovo svenuta a terra con un gentilissimo signore che cerca di farmi rinvenire, il tutto in attesa dell’elicottero, pronto a portarmi al primo ospedale. Ecco quello credo sia stato il mio limite, non tanto fisico, quanto mentale, perché come dico sempre, i trail non sono gare di gambe ma di cuore e, soprattutto, di testa e quando quella ti abbandona, addio.”

Con il trail non si scherza, bisogna essere presenti momento per momento, passo per passo, capire dove si sta andando, osservare in basso dove si mettono i piedi, osservare davanti per capire cosa bisogna evitare, e la direzione da seguire, ascoltare corpo e mente, per capire messaggi di stanchezza per correre al più presto ai ripari, rallentandosi, coprendosi, svestendosi, spiluccando qualcosa da mangiare, bere ogni tanto liquidi. Insomma avere il controllo della situazione, immaginando di chiudere in un barattolo tutte le distrazioni.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme?Sicuramente ciò che ci spinge in queste gare è la voglia di conoscersi fino in fondo, di capire come saremmo in grado di reagire in situazioni di difficoltà, perché ciò che conta nei trail è sapersi gestire, saper capire di cosa il tuo corpo ha bisogno, ancor prima che te lo chieda.”

Con i trail si diventa manager di se stessi, bisogna sapersi gestire energie, cibo, percorso, abbigliamento tecnico.
La tua gara più estrema o più difficile?Ad onor del vero di gare estreme ancora non ne ho affrontate, sicuramente la più dura che abbia concluso è stata il trail di Portofino; complice la pioggia incessante, i numerosi punti esposti e il fatto di essere scivolosissima, nonché, soprattutto, una lunga discesa ripida di 2 km sulla carta, ma per me di 2000, ecco sì, quelli sono stati 24 km davvero infiniti.

L’intervista risale a qualche tempo fa, nel frattempo Cecilia sicuramente si è sperimentata in imprese più ardue e anche in ultratrail, credo di averla incontrata un paio di anni fa all’ultratrail dei Monti Simbruini con la sua amica Parigi che vinse la gara.
Una gara estrema che ritieni non poter mai riuscire a portare a termine?Non penso ci siano gare impossibili, credo iniziando piano piano e affrontandole con lo spirito giusto ogni gara possa essere conclusa, ora come ora comunque sarà bene che eviti quelle con discese troppo complicate; perché, detto tra noi, in discesa soprattutto ho moltissimo da imparare.”
Una gara estrema che non faresti mai?Come ho già detto non ci sono gare estreme che non farei mai; quelle in cui la roccia fa da padrone e le discese sono davvero complicate, ma tutto solo per evitare che l’inesperienza possa far nascere in me paure inutili.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?La voglia di conoscermi fino in fondo, si credo sia proprio quella che mi spinge ogni volta ad oltrepassare i miei limiti, certo non sempre si può spostare in alto l’asticella, soprattutto lo spostamento non deve essere mai brusco solo così, secondo me, riesci ad apprezzare e a gustarti ogni conquista.”
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?Mio padre lo adora, lo troverete infatti spesso ai ristori con cellulare alla mano, pronto a fare mille foto, coca cola e cibarie varie. È si lui è l’uomo dei ristori, mi sentisse che lo chiamo così mi farebbe una bella linguaccia, appassionato di sport e matematico per natura si diverte a venire con me e la Chiara alle gare, si occupa di beverage e fotografie ma soprattutto di statistiche. Credo che nel cellulare abbia segnato i nostri tempi ristoro per ristoro. Abbiamo tentato più volte di fargli capire che nel trail non ci sono medie da rispettare, di sicuro il suo amorevole interessamento rende ancor più speciale questo sport. I miei amici e molte delle persone che incontro mi vedono come un’extraterrestre, alcune ti guardano con ammirazione, per loro è come se tu fossi wonderwoman, sicuramente ciò che accomuna tutti è la curiosità, il fatto di condividere le nostre emozioni attraverso i social spinge molti a far domande, quasi volenterosi anche loro, prima o poi d’iniziare questo sport.

Racconti di gare particolari, estreme e bizzarre coinvolgono e stimolano gli ascoltatori che diventano curiosi di provare anche se un po’ diffidenti.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema?Ogni gara è come una nuova avventura, un viaggio dentro e fuori di noi. Un’esperienza unica e sicuramente indimenticabile.” 
Ti va di raccontare un aneddoto?Uno? Ce ne sarebbero mille, a dire la verità un momento mi è rimasto più degli altri nel cuore. Il trail dei poeti, Lerici, la mia prima gara, perché come si dice, il primo amore non si scorda mai. Non avevo mai corso su sentieri disconnessi e trovarmi ad affrontare una mini (adesso, allora mi sembrava maxi) discesa rocciosa mi pareva davvero un’impresa incredibile; e mentre ero lì che cercavo di capire dove mettere i piedi mi sento una voce da dietro che mi dice: vuoi un mano? Ed io: volentieri, sai sono un disastro in discesa e questa è la mia prima gara. Beh non ci crederete non solo mi ha guidato ma mi ha preso in mano anzi quasi in braccio e così sono arrivata in fondo alla discesa. Incredibile no? Ancor più bello è stato finire la gara mano nella mano con lui.”

Un Angelo disposto ad aiutarti lo trovi sempre soprattutto nei trail, anche mia sorella ieri ha corso il suo primo trail di 21km e un Angelo l’ha scortata dall’inizio alla fine.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Pensare che fino a poco tempo fa neppure mi sedevo sull’erba per paura di sporcarmi e adesso mi immergo nelle fontane lungo i percorsi, mangio con le mani terrose, bevo dalle borracce di persone mai viste, ma soprattutto cado, rimbalzo e mi rialzo, beh credo di aver fatto notevoli cambiamenti. Questa nuova Cecilia non solo mi piace ma talvolta mi fa dubitare che quella di una volta fossi davvero io. Una ragazzina noiosa e che non mi vergogno affatto di definire incapace di stare al mondo!

Lo sport ti rimette al mondo in modo diverso, ti fa sperimentare resilienza, cadi e ti rialzi sempre, lo spiego nel mio libro Sviluppare la Resilienza.
Come è cambiata la vita familiare, lavorativa?
Fortunatamente lavorando nell’attività di famiglia, qualche fuga nel weekend, quando lo studio in realtà è aperto al pubblico, mi viene concessa. Beh rinunciare ai pranzi della domenica o alle uscite del sabato sera con gli amici, o alzarsi presto la mattina per allenarsi e rimanere fino a tardi in ufficio per recuperare; in realtà però non posso definirli realmente sacrifici, quanto piuttosto scelte. Sì la vita ci pone continuamente di fronte a delle scelte, ma quando c’è l’amore e la passione anche le cose meno piacevoli non risultano tali. E poi sentire mio nonno di 90 anni che fa il tifo per me non ha prezzo
.”

Insomma se sei motivato, se c’è passione, si può fare tutto, il tempo si trova sempre per allenarsi.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?Se potessi tornare indietro rifarei tutto anche gli errori che mi hanno stancato e indebolito fisicamente, le numerose gare, gli allenamenti talvolta troppo estenuanti, gli errori in gara, perché in fondo sbagliando s’impara e se forse non avessi sbagliato oggi non sarei qui, e non avrei raccolto qualche piccola soddisfazione personale.

L’esperienza paga sempre, uscire fuori dalla zona di confort e mettersi in gioco fa imparare a crescere, a fare meglio, a essere al mondo.
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?A livello di integratori, anche su consiglio del medico, talvolta utilizzo a cicli gli aminoacidi e in gara i sali minerali, quindi a parte il ferro, che vista la mia anemia sono costretta a prendere, direi di no.”
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? Quali?So bene che questo sport può portare il nostro fisico a condizioni di sofferenza ecco perché cerco di farmi spesso analisi del sangue e vari controlli, più per scrupolo che altro!
Ti hanno mai consigliato di ridurre la tua attività sportiva?Come dicevo a febbraio visto i miei livelli di ferro bassissimi mi hanno consigliato di ridurre, fortunatamente adesso le cose sembrano andar meglio e incrociando le dita, speriamo di non dover rinunciare mai alla corsa!”
Hai un sogno nel cassetto?Mi piacerebbe fare il Tor de Géants, ma se devo dire veramente quale sia il mio sogno, sarebbe indossare la maglia della nazionale con lei, Maria Chiara Parigi, non è solo un’amica, direi più una sorella del trail, è lei che mi ha insegnato tutto, che mi ha fatto tornare la voglia di correre nei momenti bui, compagna di mille avventure ma soprattutto disavventure. La sua telefonata di quel famoso venerdì rimarrà nel mio cuore sempre, così come la gara della Maddalena in cui lei mi ha regalato una gara fianco a fianco e un podio assieme. Credo che vestire i colori dell’Italia sia il sogno di tutti, ecco io vorrei poterla indossare fianco a fianco a lei e magari arrivare anche lì mano nella mano. Sono esagerata eh? Ma in fondo un sogno è un sogno e mi piace viverlo così, sulla scia dei momenti magici che questo sport in sua compagnia mi regala!”

Un’intervista a Cecilia è 
riportata nel libro 
“Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti” (8 ottobre 2018) di Matteo Simone (Autore).

 Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
Libri: http://www.unilibro.it/libri/f/autore/simone_matteo

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