sabato 6 maggio 2017

La sconfitta fa male ma serve per portare a casa grandi insegnamenti


                                                                                    “Ciò che non mi uccide mi rende più forte”                                                                                                                           Friedrich Nietzsche


Nello sport così come nella vita si sperimentano sconfitte ma la cosa importante è quello che ci si fa con la sconfitta, perché serve tutto, serve vincere per aumentare fiducia in sé ma serve anche perdere per conoscerti meglio e apprendere sia dai propri errori che dalla bravura dell’avversario, di seguito l’esperienza di Sara Errani dopo la sconfitta nei quarti agli Us Open di settembre 2014, quand’era n.14 del mondo:: “E’ stata più forte di me soprattutto fisicamente, questa è stata la differenza più grande. Lei è una giocatrice intelligente, solida, ordinata, spinge sempre la palla e non fa mai errori. Se gioca così penso possa vincere il torneo. Ho cercato di cambiare qualcosa nel secondo set, ho provato ad essere più aggressiva a cercare più la rete ma non ci sono riuscita. Sapevo che era molto in forma, ma non così tanto… speravo sbagliasse qualcosina invece oggi non ha fatto neanche un errore. Io ho sbagliato all’inizio a giocarle troppo sul rovescio, ho provato a cambiare ma ero già un po’ cotta. C’era tanto vento, ma c’era per tutte e due. Lei non ha problemi con il vento, è intelligente e sa gestirlo. E’ stata brava anche sotto quell’aspetto. E’ stato un buon torneo, ho fatto belle partite, ho avuto buone sensazioni. Fa male perdere, ma lei è stata superiore. Spero comunque di continuare con queste sensazioni ci sono ancora tanti tornei in stagione. Ora andrò a Tokyo, Wuhan e Pechino”.

Fa male perdere ma importante è rimettersi al lavoro, non perdersi d’animo, pianificare e programmare nuove mete e obiettivi da raggiungere con più consapevolezza ed essendo resilienti.
La resilienza, il cui significato è: “mi piego ma non mi spezzo”, sta a significare che il vero campione esce fuori dalle sconfitte con più voglia di riscattarsi, di far meglio, di migliorare gli aspetti, le aree in cui ha mostrato carenza. Chi è resiliente, infatti, non si lascia abbattere da una sconfitta ma ne esce rafforzato, analizza i suoi errori e trova le giuste soluzioni per tornare a vincere. È grazie a questa dote del carattere che si diventa campioni: alcuni ci nascono altrimenti la si può allenare.

Essere resilienti implica il percepire al tempo stesso il dolore e il coraggio, affrontando le difficoltà grazie alle proprie risorse personali e relazionali.

La resilienza permette la ripresa dopo un evento traumatico, dopo un infortunio, dopo una sconfitta. La persona resiliente possiede propensione a ricercare strategie creative di fronte alle difficoltà. Essere resilienti significa essere duttili e flessibili, accettando di sbagliare, sapendo di poter rivedere e correggere le proprie azioni.
Tra i fattori individuali che promuovono la resilienza vi sono: avere relazioni sociali intime, flessibilità/adattabilità (essere cooperativi, amabili e tolleranti e inclini al cambiamento), essere assertivi e saper chiedere aiuto, sensibilità interpersonale, autoefficacia, locus of control interno, capacità di porsi degli obiettivi e di trovare strategie adeguate per conseguirli, progettualità futura, ottimismo, senso dell’umorismo, rete sociale di supporto informale.

Tutte queste caratteristiche possono essere incrementate con un lavoro di mental training che permette al campione di eccellere partendo da un lavoro di autoconsapevolezza per individuare e cercare le proprie risorse personali e proseguendo con un lavoro sul goal setting e sviluppo di autoefficacia personale.
 Si lavora per un obiettivo futuro partendo dal “Qui e Ora”. Utilizzando il modello O.R.A. si definisce chiaramente l’obiettivo temporale e le risorse per raggiungerlo. E’ importante riuscire a vedersi con l’obiettivo raggiunto, indossare i panni dell’obiettivo raggiunto.

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