sabato 17 marzo 2018

Matteo Grassi, ultrarunner: Il Tor è una bestia strana

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta

A volte lo sport ti prende e ti fa impegnare negli allenamenti e nelle gare, diventa un investimento di tempo, di denaro, di pensieri, e a volte ci sono delle svolte da fare, delle decisioni importanti, sono tante le domande nella testa dell’atleta, per esempio:

Continuo con questo sport? Dove mi porta? Mi fa star bene? Dove posso arrivare? Ne vale la pena? Non è meglio che mi dedico a qualcos’altro? Trascuro altro nella mia vita? Famiglia o lavoro per esempio? Insomma tanta roba nella testa dell’atleta. 
Una volta che si decide che si vuol fare qualcosa fatta bene per un periodo di tempo specifico che ci porta al raggiungimento di un obiettivo importante ci impegniamo e cerchiamo di individuare tutto ciò che ci può servire, dall’attrezzatura all’allenatore, ai luoghi di allenamento, forse anche di un motivatore, mental coach, psicologo dello sport, a volte un nutrizionista.
Se volte se vogliamo sfondare dobbiamo fare di tutto per attingere dalle risorse personali e di rete per costruire obiettivi importanti e sfidanti.
A volte si pensa anche di mettersi in aspettativa dal lavoro, o prendersi dei peridi di tempo da dedicarsi allo sport, per esempio in altura come a Iten, in Kenya, a 2.400 metri di altitudine dove alcuni atleti che trascorrono anche periodi di 2-3 mesi. Insomma scelte importanti che a volte si fanno a un età giovane quando devi decidere sport professionismo, lavoro, studio e tutto ciò diventa difficile da gestire da parte dell’atleta che comunque si può affidare ad amici, allenatori famiglia e altri più esperti.
Di seguito, Matteo Grassi del Trail Running Magazine “Spirito Trail” http://www.spiritotrail.it racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande un po’ di tempo fa.
Praticare lo sport cosa significa per te?Ho iniziato da ragazzo: sci, alpinismo, bicicletta… e corsa. La corsa da allora fa parte della mia vita, in cui ha semplicemente trovato un suo posto come il lavoro e la famiglia.
Come decidi obiettivi? Con l’esperienza e l'avanzare dell’età è cambiato il tuo modo di allenarti?Corro da trent'anni e ogni anno è diverso dal precedente. Ci sono periodi in cui mi piace fare gare, altri in cui preferisco correre per conto mio. Periodi in cui mi pongo degli obiettivi e mi alleno con un minimo di criterio, altri in cui faccio tutto come viene. Naturalmente avere un obiettivo è fondamentale per arrivare ad allenarsi con costanza e dedizione, perché è anche vero il contrario che senza allenamento costante e basato su alcuni criteri difficilmente si raggiungono gli obiettivi. Negli ultimi 5 anni ho aumentato il tempo che dedico alla corsa e al trail. Mi alleno mediamente 6 giorni su 7, arrivando però anche a periodi di 12-14 giorni consecutivi. Questo perché ho allungato le distanze spostandomi su gare di 80/100/170 e oltre km. Do comunque importanza anche al riposo che il corpo ogni tanto mi richiede, e io lo ascolto.

Davvero interessante questa risposta e utile per spunti di riflessione per psicologi, atleti e allenatori.
Curi la preparazione mentale? In che modo? Coccole e autoprotezione hanno posto nella tua preparazione o nel post gara?No non la curo. Credo di essere abbastanza avvantaggiato per quanto riguarda la determinazione, la concentrazione e la resilienza. E lo dico senza paura di sembrare presuntuoso. L'esperienza nelle tante gare che ho fatto e nelle difficili prove che ho affrontato me ne ha dato consapevolezza. Anche se all'attivo ho uno strano ritiro, a pochi chilometri dal traguardo del Tor des Géants 2016, ma il problema lì è stato che non ero più in me e la cosa mi ha spaventato e tremendamente stressato tanto da portarmi irrazionalmente a gettare la spugna, piuttosto che a fermarmi e recuperare e ripartire. Ma il Tor è una bestia strana, non va misurata come una gara o una prova di resistenza qualsiasi. E comunque questo ritiro mi è rimasto dentro più di un podio. Mi ha profondamente motivato per tutta la scorsa stagione.”

Tanta roba, concordo, è vero che gli ultrarunner soprattutto gli ultratrailer sviluppano alta autoefficacia e e resilienza nell’attraversare percorsi di bosco, innevati, di montagne, al buio, con temperature estreme di caldo e freddo, piogge e neve, attraversano tutto ciò a volte facendosi del male, cascando e rialzandosi, insomma si va sempre avanti, ma è vero anche che a volte è resiliente chi si ferma chi riesce a conoscersi più che bene, sa distinguere se il limite chi ci bussa è mentale o è davvero fisico e allora diventa più che opportuno fermarsi, direi necessario per far meglio la prossima volta. Niente è di estrema importanza più della nostra salute e di quello che sperimentano i nostri cari nel pensarci in situazioni disastrose, pertanto a volte i ritiri ben vengano si apprende tanto anche da quelli.
Qual è una tua esperienza che ti dà la convinzione che ce la puoi fare?  Ogni prova che affronto mi dà conferma per quella successiva. E se il feedback non è all'altezza dell'aspettativa mi metto a lavorare sulle carenze. Molto banalmente se non sono soddisfatto al 100% vuol dire che ho sbagliato qualcosa o che qualcosa è ancora indietro nella preparazione. Non cerco mai scuse o attenuanti. Mi basta poco per capire la chiave. Finora ha sempre funzionato.
Quali sono le sensazioni sperimentate in precedenti esperienze di successo?
Considero un successo quando so di aver dato e fatto il massimo che potevo dare, e magari anche un pizzico in più. Non capita spesso, ma una/due volte all'anno sì. Poi chiaro, il successo è proporzionato all'entità dell'obiettivo. Aver fatto il massimo in una gara di Ultra Trail World Tour può gratificare più di una vittoria alla gara di paese.”
Hai un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno?No. Ma ovviamente ci sono personaggi che mi piacciono o atleti che conosco da cui traggo insegnamenti, o spunti. Ultimamente sono un po' innamorato di quel pazzo di Zach Miller, è stato un colpo di fulmine lo scorso anno seguendo la sua gara per il LiveUtmb che abbiamo curato per il nostro magazine (Spirito Trail). Tra gli atleti di casa invece come riferimenti/confronti c'è in primis l'amica Lisa Borzani, anche se devo sempre rapportare quello che fa lei a quello che posso/voglio fare io che sono su due scale un po' distanti.”

Non conosco Zach Miller ma conosco Lisa Borzani di persona e so quello che è stata capace di fare, come vincere il Tor des Geants un paio di volte ed ho scritto tanto di lei sia articoli che menzionandola in alcuni miei libri e se tutto va bene forse la vedrò ad Aosta il 16 aprile.
C’è una parola o una frase detta da qualcuno che ti aiuta a crederci ed impegnarti?
Per 'crederci' no, ci credo e basta senza bisogno di motivazioni esterne. Per quanto riguarda l'allenamento, e l'impegno invece, sì tengo spesso a mente l'esempio di Lisa e le frasi che è solita dire quando corriamo assieme e parliamo, ovviamente del Tor des Géants: 'ricordati che tutto fa', 'bisogna macinare chilometri e dislivello', 'bisogna adeguare la struttura'.”

Un'intervista a Matteo Grassi è riportata nel libro “Il piacere di correre oltre”. 
Sport & benessere 15 | ed. novembre 2022. 

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