L’insieme degli ingredienti fa di una persona il campione, non è solo il talento, ma anche tanto duro lavoro senza trascurare nessuno aspetto e nessuno dettaglio.
Fattori importanti sono l’allenamento fisico, l’aspetto mentale, la
preparazione nutrizionale e tanta autoprotezione e coccole che consistono nei
recuperi, massaggi, fisioterapia e l’affetto di persone care che fanno il tifo
per te in ogni caso senza pretese, senza pressioni.
Approfondiamo
la conoscenza di Paolo Bravi attraverso alcune sue risposte a mie domande.
Che significa per te indossare la maglia azzurra e rappresentare
l'Italia?
“Credo sia il sogno di ogni ragazzino che ami lo sport e la propria nazione, nonostante
i 42 anni mi piace ed è bello sognare!”
Cosa racconti alla tua famiglia ed ai tuoi amici? “Racconto tutto e sanno tutto, mi
seguono mi stanno vicino mi aiutano mi sopportano, sia nei momenti migliori sia
in quelli meno che a volte capita di avere.”
Come ti possono aiutare, famiglia, amici, fan? “Il loro affetto, la loro presenza
anche nelle piccole cose possono darti tanta tranquillità che è fondamentale
avere.”
In
gare internazionali dove rappresenti l’Italia ci può essere tanta tensione,
tanta pressione; gli atleti si sentono nell’obbligo, nel dovere di dover far
bene a tutti i costi ed è importante un sostegno, avere una figura vicina che
ti rassicuri, che ti dica: comunque fai, fai bene, hai fatto tanta strada per
arrivare qui, ora è il tuo momento senza dover dimostrare niente a nessuno.
Cos'è più importante per te tra allenamento fisico, mentale,
nutrizione, recuperi, clima, abbigliamento? “La persona che mi ha trasmesso molto
in questo sport e con il quale sono cresciuto, Graziano Morelli mi ha sempre
detto: Paolo come in tutte le cose della vita è la somma che fa il totale!”
Sogni realizzati e da realizzare? “Ancora programmo e guardo avanti …con
il cassetto ancora con un po’ di cose da fare …credo di essermi prefissato
degli obbiettivi che sono riuscito a raggiungere con passione. …mi è sempre
piaciuto quello che ho fatto quindi qualche rinuncia fa parte del gioco e non
mi è pesata.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Significa appunto dedicarsi a gare la
cui distanza è superiore ai fatidici 42km 195 mt, significa avere amore e
passione per la corsa e avere la voglia ogni volta di affrontare un lungo
viaggio.”
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a
portarla a termine?
“Ritengo che portare a termine un ironman per me sarebbe difficile visto i
problemi o il poco allenamento che potrei avere con bici e nuoto ma la cosa mi
affascina chissà, ma anche qui non credo sia estrema e non parto sicuramente con
l’idea di non riuscire! Magari soffrire tanto si!”
C’è una gara estremi che non faresti mai? “Sono affascinato dal TOR, ma la
montagna come il mare se sbagli non perdona……quello sì che lo ritengo estremo
per me!”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “La voglia di fare sempre meglio…e non
accontentarsi.”
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare
estreme?
“Chissà devo chiedere! Ma chi mi conosce sa che sono appassionato per la
corsa…e sa che senza non ci so stare!”
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? “Fare qualche cosa al limite delle
proprie possibilità e del proprio controllo.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Nel 2014 al mio secondo Passatore...
subito dopo lo sparo, dopo i primi metri di corsa, mi sono accorto che nella
scarpa sinistra avevo un piccolo sassolino. Alla prima salita verso Fiesole
guadagnavo posizioni, mi sono detto mi fermo più avanti. Quando mi sono trovato
al dunque stavo recuperando sui primi tanto che in cima alla salita sono
transitato in 5^ posizione e non era il caso di fermarsi. A Faenza c’era mio
figlio Edoardo di 3 anni che mi aspettava, ed in quel periodo mi diceva sempre
‘babbo voglio giocare con i sassi’, bene superato il Passo della Colla pochi
chilometri dopo la posizione era diventata la 4^. A quel punto mi sono detto ‘Edo
babbo ti porta un sasso oggi! E così quel sassolino mi ha tenuto compagnia per
100km!”
In
gare lunghissime si impara a gestire tutto, stanchezza, dolori, clima, ed anche
i sassolini nelle scarpe, l’esperienza serve poi per riderci su, per fare di
una gara faticosa, un racconto piacevole.
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Non ho visto cambiamenti, ho sempre
corso durante la mia vita. Ho cercato sempre di conciliare la mia vita di
sportivo con la famiglia, lo studio prima ed il lavoro ora. Con un po' di
organizzazione, un po' di sacrifici e tanta pazienza da parte di chi ti sta
vicino si riesce a fare tutto.”
Se
vuoi puoi, basta organizzarsi.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Se potessi tornare indietro forse mi
cimenterei prima nelle ultramaratone …negli anni 2003-2008 quando correvo le
maratone sotto le 2h30’ e se potessi tornare negli anni 98/99 correrei più
maratone e farei meno km in allenamento. Ma i se e i ma non hanno mai fatto la
storia!”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Farmaci, quelli strettamente necessari
quando si sta male, integratori spesso sì quando mi rendo conto che con
l’alimentazione soltanto non riesco a ristabilire i giusti equilibri alimentari
ed energetici di cui il fisico ha bisogno.”
Ai fini del certificato di idoneità per attività agonistica, fai
indagini più accurate?
“I controlli previsti per legge e qualche volta ho fatto indagini più
approfondite ‘Progetto Gemona’ con l’Università di Udine ed Ecografia al Cuore
ogni 2/3 anni.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività
sportiva?
“No, però la mamma quando esco mi dice sempre ‘…stai attento non sudare’.”
L’esperienza
di gare impegnative, considerate quasi estreme ti mettono allo scoperto, lì
devi mostrare a te stesso di saperci fare, di saper affrontare e gestire la
situazione per apprendere e trarre insegnamento dall’esperienza per far meglio
una prossima volta nello sport o nella vita.
Paolo Bravi è menzionato nel libro “Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, Edizioni Psiconline.
Psicologo, Psicoterapeuta
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