Matteo SIMONE 21163@tiscali.it
Le esperienze sportive lasciano sensazioni ed emozioni indelebili, soprattutto quando si sperimenta performance, quando si riesce ad ottenere risultati di prestigio ed è importante la presenza di persone che fa il tifo, che supporta, applaude.
Di seguito
Alessandro racconta la sua esperienza di atleta rispondendo ad alcune mie domande.
La gara della tua vita dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Allora,
ne ricordo più di una. La prima sicuramente come emozione è stata la corsa campestre che
vinsi con la scuola media (tra l'altro mio padre era lì a vedermi senza
che io lo sapessi, e sono stato felice e sorpreso quando ho sentito la sua voce
che mi incitava verso la fine della gara).
Un'altra bella è stata un Campionato
Italiano UISP di cross che vinsi in rimonta dopo una partenza lentissima ma con
una gestione della gara fantastica che mi ha riportato sul gruppo di testa
nell'ultimo giro per vincere la gara in una volata bellissima! La terza è stato
il personale sul 5000, 14'30" dove penso di aver sperimentato quello
che chiamano lo stato di grazia! Ero concentrato a tal punto che sentivo
solo il mio corpo, il ritmo, ed era come correre in un tunnel!”
Il flow corrisponde a uno stato psicofisico ottimale: uno “stato di grazia” che rappresenta un elemento predisponente importante per il verificarsi delle cosiddette “peak performances” (prestazioni eccellenti).
Chi è nel flow è assolutamente focalizzato sul presente; avverte un senso di “serenità”; ha la sensazione di muoversi in armonia con l’attività intrapresa, come dentro una corrente, un flusso.
Ti sei sentito campione nello sport? “Forse quando vinsi la mia prima gara di corsa campestre ai giochi della gioventù con la mia scuola media, ma non era proprio un sentirsi campione, era di più un sentirsi bravo nel fare qualcosa che mi riusciva naturalmente bene.”
In che modo lo sport ha contribuito al tuo benessere? “Lo sport nel tempo mi ha insegnato a conoscere e rispettare il mio corpo e quindi tenere uno stile di vita sano, era quello che serviva per raggiungere ottimi risultati agonistici. Tuttora continuo a fare sport, non agonismo necessariamente, e ad avere cura di me stesso. Con i miei compagni, tutti fortissimi, mi sono sempre divertito e ci siamo divertiti tanto, era anche fatica ma ricordo tutto con molta allegria.”
Lo sport non è solo fatica e performance
ma anche incontri e condivisione, benessere oltre alla performance, stile di
vita e buone prassi.
Come hai scelto il tuo sport? “L'atletica
leggera l'ho scelta perché a calcio ero una schiappa! Mio padre diceva che non
ero portato, correvo molto ma con poca tecnica e quindi non avrei mai giocato.
Ho provato con il tennis un anno, mi piaceva tantissimo, ma dopo un
6-0/6-0 in un torneo interno di fine anno rifilato da un mio amico con cui
giocavo spesso anche sotto casa nel suo campo da tennis, ho lasciato anche il
tennis ed ho continuato a correre. Forse è stato mio
padre inconsapevolmente a farmi cominciare, perché da più piccolo, quando
lui usciva a correre per allenarsi (ha fatto l'arbitro di calcio fino
all'attuale c2), io volevo che mi portasse con lui e da lì ha visto che avevo
già questa predisposizione. Un giorno poi c'erano le gare delle scuole e
io volevo correrle ma il professore non mi aveva convocato. Non volevo andare a
scuola, volevo correre e così, convinsi mia madre a portarmi al pullman per
chiedere al prof se potevo andare con loro. Il prof ha capito la
situazione, mi fece salire. Vinsi la gara, e, battei un mio carissimo amico più
forte di me fino a quel momento, con cui mi ci allenavo nei pomeriggi
a scuola.”
Di solito i bambini si lamentano perché
vogliono giocattoli o merende, ma Alessandro da piccolo si lamentava perché
voleva correre, sapeva fin da piccolo il fatto suo, correre e gareggiare.
Quali condizioni ti hanno indotto
a fare una prestazione non ottimale? “Per
gran parte delle volte per problemi di sovraccarico!! Si lavorava
tantissimo e fisicamente ho accusato molto questa cosa! Il mio allenatore
diceva che ero cagionevole di salute, ma ora posso dire che non credo fosse
quella la vera ragione! Altri motivi per cui la prestazione ne risentiva era anche
l'aspetto emotivo che per vari motivi mi toglieva energie per concentrarmi
e focalizzare al meglio cosa avrei dovuto fare in gara. Questo
credo sia un compito che l'allenatore dovrebbe avere per mettere un suo
atleta nelle migliori condizioni per competere, e a me come a tanti
del mio gruppo è mancato molto questo. Ognuno di noi faceva il
suo massimo ma, era veramente il massimo?”
Cosa e quali persone hanno contribuito al tuo
benessere e performance? “La
mia famiglia, e la mia ex ragazza con cui ero insieme nel periodo in cui ho
raggiunto i miei migliori personali.”
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti
abbiano aiutano nello sport? “Meccanismi che usavo per
favorirmi negli allenamenti ed anche in gara erano che spesso dividevo le
fatiche in diversi segmenti. Un periodo mi ricordo stavo molto bene e magari
non avrei dovuto esagerare, ma capitava che finivo il lungo in pista e
come gioco facevo gli ultimi dieci giri più o meno partendo da 1'30" scendendo
1" a giro avendo la sensazione di totale controllo del ritmo, e quello mi
faceva stare bene e mi divertiva!”
Un episodio curioso o
divertente della tua attività sportiva? “Uno
potrei dirlo ma il mio ex allenatore non lo sa che un giorno di inverno eravamo
ai Pratoni del Vivaro per il solito allenamento di corto veloce quando nel
momento di partire scende un nebbione che non ci si vedeva a venti metri.
Partiamo
ma dopo 500mt dal punto di partenza i più grandi del gruppo si fermano, si
girano, arriviamo noi distaccati che ci fermiamo, e siccome il prof
non poteva vederci da quanto era fitta la nebbia si decide di tagliare il
corto veloce. Il giro da 1000 diventa da 500 e tutti riuscivamo a passare nei
tempi previsti e con i distacchi dovuti, è stato uno spasso!”
Cosa hai scoperto di te stesso nel praticare
attività fisica? “Che malgrado
varie vicissitudini e infortuni che mi hanno impedito di esprimermi al
massimo sono sempre riuscito a trovare il modo positivo per ripartire.”
Quali sensazioni hai sperimentato nello
sport (allenamento, pre-gara, gara, post-gara? “Vabbè, nello sport si provano tutte le emozioni: fatica negli allenamenti, tensione, paura di non poter fare il tempo che ci si è prefissati, adrenalina pre-gara, fatica e adrenalina durante la gara, scoraggiamento post gara se non è andata come si voleva, nello sport si vivono emozioni a 360°.”
Quale è stata la tua gara più difficile? “Molte
sono state grandi fatiche e sono andate meno bene di quello che
mi aspettassi, ricordo una di quando ero junior. Andavo forte, ed
avrei corso tra i primi della regione sul cross malgrado ero un anno più
piccolo, però mi ero infortunato alla caviglia ma siccome serviva alla squadra
la mia presenza l'allenatore mi convocò ugualmente.
A malapena
appoggiavo il piede, ma mi vollero far correre con una rudimentale
cavigliera che mi stringeva la caviglia con delle stecche laterali
che non mi facevano fare i movimenti laterali. Partii ma dopo un po’ di buche e
il salto di un fossato il dolore era così forte che mi uscivano le lacrime, così
mi ritirai. Venni rimproverato a male parole dall'allenatore perché non avevo
finito la gara! Ecco forse quella è stata la gara più difficile che non ho
neanche concluso!”
Hai dovuto scegliere di prendere o lasciare
uno sport a causa di studi o carriera lavorativa? “No. Diciamo
che appena finita la scuola superiore avrei voluto fare il militare e
giocarmi la possibilità di farlo nel gruppo sportivo dell'Aeronautica. Al
tempo altri miei compagni erano stati chiamati dopo il car a fare l'atleta
per il gruppo sportivo. Ho cominciato a lavorare nell'attività di
famiglia. Noi abbiamo una macelleria. Sono andato a lavorare con i miei perché
serviva un aiuto e avevo comunque la possibilità di allenarmi nel
pomeriggio durante la pausa prima di tornare al lavoro. Non è stato facile
relazionarsi con il pubblico da dietro un banco specialmente se ci sommi le
fatiche dell'allenamento. Ce l'ho messa tutta perché volevo arrivare a correre
forte e così a 22 anni ho fatto tutti i miei personali. Poi però forse ho
chiesto troppo al mio fisico e ad un certo punto mi sono dovuto fermare
per una brutta broncopolmonite. Due mesi di stop, stagione finita e per di più quando
ho ricominciato faticavo per correre a 5' al km, ed avevo corso i 5000 in
14'30" solo pochi mesi prima. Quando ho riprovato a rientrare tutto
era difficile e sinceramente avevo perso quella grinta e motivazione che mi
aveva portato fino a quel livello. Non ho dovuto scegliere di
lasciare lo sport per lavoro, ma mi sarei dovuto organizzare meglio per gestire
le due cose nel migliore dei modi.”
Hai rischiato di incorrere nel doping nella
tua carriera sportiva? “No, ho
sempre fatto attività e ottenuto risultati con le mie forze. Molti,
già a suo tempo prendevano gli aminoacidi ramificati per recuperare meglio, ed
io neanche quelli. Non sono dopanti ma secondo me è il modo di
approcciarsi all'uso di questi che predispone l'atleta a trovare
qualcosa che lo aiuti a fare la prestazione.”
Un messaggio per
sconsigliare il doping? “Ai
ragazzi voglio dire che tutto quello che serve per migliorare la prestazione ce
lo abbiamo già in natura. La natura ci dà la possibilità di fare cose
straordinarie, il nostro corpo ci può far fare cose straordinarie, ma
dobbiamo metterlo nelle condizioni giuste. Possiamo lavorare duro, ma
dobbiamo anche dare il tempo al corpo di recuperare bene mangiando e
riposando bene, per poter anabolizzare la muscolatura naturalmente. Ecco,
questa fase credo che molti allenatori non la tengono in
considerazione sostenendo solo la teoria che più allenamento = risultato. Se
così fosse i record sarebbero battuti tutti i giorni continuamente! Ma è
evidente che non è così ed è nell'ignoranza e nell'incapacità di
aspettare, e programmare senza schemi troppo rigidi, che il doping poi fa la
sua comparsa!”
Come hai gestito eventuali crisi, sconfitte,
infortuni? “Crisi, sconfitte, infortuni, delusioni, ce ne sono
ma dopo un primo momento di apparente panico ho sempre richiamato la calma e
riorganizzato il tutto, per ripartire e guardare avanti.”
Potrebbe essere utile lo psicologo
dello sport? In che modo e in quali fasi? “Dopo tutto quello che ho
detto mi pare chiaro che la figura dello psicologo nello sport ha sì una sua
importanza! L'atleta ha bisogno di essere secondo me guidato e seguito durante
la fase di crescita sia caratteriale che motivazionale. Alcuni vanno da soli e
sembra che non ne possano aver bisogno, ma a volte credo che si siano
persi per strada tanti talenti proprio per una mancanza di questo tipo di
figura! Quante volte sui campi si sente dire dagli allenatori di turno ai
ragazzi di non avere gli attributi per una gara andata storta?
Mi trovavo a
vedere una giornata di gare e finita una batteria di 1000 mt mi trovavo vicino
a un amico che ora allena dei ragazzi insieme alla moglie (ex atleta
nazionale). Un loro ragazzo era appena arrivato 4° nella batteria più forte ma
a detta di loro allenatori l'avrebbe dovuta vincere. Gli stavano facendo una
lavata di capo che non finiva più, sottolineando che non ci aveva messo gli attributi,
etc., etc. come se questo povero ragazzo volesse proprio perderla apposta la
gara!
La figura dello psicologo potrebbe servire prima agli
allenatori che riversano delle proprie voglie di rivincita e frustrazioni sugli
atleti! Ma comunque anche agli atleti per aiutarli a trovare la capacità di
focalizzare l'attenzione su quello che andranno a fare lasciando fuori ansie ed
altre cose che possono solo togliergli energie preziose ai fini della
prestazione!”.
Quale messaggio vuoi rivolgere ai ragazzi per
farli avvicinare allo sport? “Beh posso solo dire: fate
sport, a qualsiasi livello, ma fatelo! E’ la miglior palestra di vita! E un
giorno potremmo sperare di vivere in una società migliore!”
L’intervista di Alessandro è riportata nel
testo “Sport, benessere e performance. Aspetti psicologici che influiscono sul
benessere e performance dell’atleta.”
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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