Matteo Simone
Si respira un’aria particolare di festa in occasione delle ultramaratone e in particolare in occasione del Passatore.
Un lungo treno di corridori che si portano da Firenze a Faenza, alcuni scortati da bici, moto, auto, e altri da soli a gruppetti avanzano verso i 1.200 metri del Passo della Colla per poi lanciarsi in picchiata in discesa proseguendo verso Faenza e incontrando passanti e spettatori fino a che tramonta il sole e ai ristori puoi trovare un po’ di alimenti e bevande per integrarsi e continuare il lungo viaggio di 100 km fino all’arrivo.
Di seguito Giuseppe, uno dei
partecipanti, racconta la sua esperienza e le sue impressioni rispondendo al
alcune mie domande, ho avuto modo di conoscerlo in occasione della 50km in
Abruzzo.
Gara di 100 km del Passatore, cosa significa per te? “Per me il Passatore ha un significato particolare: è stata la
mia prima ultramaratona a cui ne sono seguite moltissime altre. Quest’anno ho
corso il mio ottavo Passatore, anche se il mio personale (8 h 50min) risale al 2015.
Il Passatore ha un sapore unico come percorso in linea (si parte nel primo
pomeriggio nel cuore di Firenze e, dopo aver scollinato il Passo della Colla a
circa 1200 mt di altitudine, ci si lancia in discesa per poi, quando ormai la
luce del sole ha lasciato spazio a quelle delle automobili, percorrere gli
ultimi trenta km in pianura per raggiungere Faenza nel pieno della notte) e
come pubblico che acclama i concorrenti ad uno ad uno lungo tutto il percorso
improvvisando dei piccoli gruppi intorno ai fuochi (dove non mancano le braciole
e i calici di Lambrusco offerti anche a noi corridori!!). Davvero un’atmosfera
unica.”
Hai avuto particolari problemi, difficoltà, momenti critici? “Certamente, tra noi corridori circola il detto che in una 100 km
così severa la crisi non è una sola ma se ne contano almeno tre/quattro.
Personalmente ho sempre patito il primo tratto che porta da Firenze centro a
Fiesole, sempre in costante salita e in genere sempre sotto un sole cocente. I
primi anni andavo in crisi nella super salita del passo della Colla questo a
causa di scarsa preparazione specifica nell'affrontare dislivelli impegnativi.
Con il tempo ho maturato esperienza e quando posso in allenamento inserisco
sedute con salite, cosa non del tutto agevole per uno che abita a Buccinasco
dove la salita più dura è il cavalcavia che oltrepassa la Tangenziale Ovest da
una parte all’altra; quante volte l’ho ripetuta.”
Tutto sta a conoscerli i
problemi, una volta che scopri di che si tratta cerchi di ovviare preparandoti
bene per affrontarli, gestirli, aggirarli, superarli. Ci si allena a tutto.
Come decidi obiettivi e strategie di
gara? Team, famiglia, amici, figure professionali? “Nell'ambiente ho veramente
tantissimi conoscenti, molti dei quali sono veri amici; e mi riferisco a tutto
il gruppo dell’Happy Runner di Milano, mia attuale società di appartenenza, e
al gruppo della Podistica San Giovanni a Piro, mio club di origine, dove
conosco tutti e dove con moltissimi abbiamo vissuto i migliori anni
dell’infanzia. Ho un profilo social e qui i contatti sono innumerevoli. La mia
famiglia (mia moglie Caterina e le mie due figlie Martina e Federica) mi è
sempre stata vicina appoggiando in ogni modo i progetti e non facendomi pesare
niente. Non posso che ringraziarli ancora una volta per la pazienza e affetto.
Gli obiettivi li gestisco generalmente in modo autonomo, nel senso che fisso
3-4 appuntamenti chiave (che possono essere il Passatore, Nove Colli o la
Spartathlon, o un campionato nazionale di 6, 12 o 24 ore, e una maratona estera
di prestigio) e poi tutte le altre competizioni hanno come finalità la
preparazione di questi appuntamenti. Figure professionali di grandissima
importanza sono alcuni medici/fisiatri/fisioterapisti, dell’Ospedale San Paolo
(dove lavoro) che sono sempre disponibile in caso di problemi. Li ringrazio
moltissimo per la loro elevata formazione e professionalità; il loro contributo
è sempre stato di fondamentale importanza. Grazie veramente!”
Con l’esperienza è cambiato il tuo modo di allenarti? “Per allenarsi non serve molta esperienza ma solo voglia di
soffrire, di sacrificarsi e di fare una scaletta delle priorità giorno dopo
giorno. Con l’esperienza ho imparato, o sto perlomeno cercando di farlo, ad
ascoltare gli stimoli che il corpo ci trasmette ogni qualvolta si fa uno sforzo
fisico più o meno intenso e prolungato. Uno dei miei limiti è sempre stato quello di voler strafare, di non mettere da
parte un appuntamento anche se in condizioni fisiche non al top. Adesso, anche
se ancora a fatica, ho capito quando è il momento di fermarsi. Nel tempo ho
imparato che spesso il riposo, o il riposo attivo, è più utile a lungo termine
di un allenamento massacrante. L’esperienza insegna ad ascoltare il proprio
corpo e a seguire i suoi dettami.”
E’ vero a volte è importante
fermarsi, per recuperare, per aspettare di recuperare bene per ripartire alla
grande con più consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti.
Curi la preparazione mentale? Coccole e
autoprotezione hanno posto nella tua preparazione o nel post gara? “Mentalmente
non seguo nessun protocollo, sono istintivo, non mi faccio problemi che non
esistono; devo fare un lunghissimo di 6 ore? Lo affronto con tranquillità e
senza ansie. Vivo alla giornata cercando di trovare lo spazio per la mia grande
passione molte volte mi faccio in quattro pur di passare un oretta con le
scarpette.”
Si è capito che le coccole
per Giuseppe così per molti ultrarunner sono proprio le ore passate facendo
sport, mettersi le scarpette ai piedi e uscire per una corsetta di un’ora o 6
ore diventa una grande coccola, un tempo per sé, qualcosa che ti fa
sperimentare grande benessere psicofisico.
Quali sensazioni sperimenti prima, durante e dopo la
gara? “Per un corridore di endurance le
sensazioni che si provano dopo una corsa di svariate ore sono uniche e
indescrivibili. Sei stanco morto, disidratato, affamato, assetato, con i
muscoli di pietra, ma nel circolo sanguigno ci sono tassi di endorfine che
provocano un senso di calma, di appagamento e di benessere totale. Durante le
gare, a differenza di molti colleghi che usano le cuffiette con musica per
distrarsi, sono concentrato sulla competizione, teso ad ascoltare le reazioni
del mio corpo e a controllare la cadenza tenuta. Nel pre gara, soprattutto se
si tratta di gare di un certo livello agonistico, non nascondo di essere un po’
nervoso; ma basta la battuta dell’amico di turno per smorzare i toni e
ingannare l’attesa del colpo di pistola.”
Chiamateli pure masochisti
ma dietro e dopo una gara di endurance c’è un mondo, ci sono sensazioni vere,
c’è la vera vita, bisogna provarlo per crederlo e apprezzarlo. Altro che pazzia,
a volte la cura diventa l’ultramaratona, sempre con cautela e attenzione.
Hai un tuo idolo, modello di riferimento? Ti ispiri a qualcuno? “Sono juventino nel midollo e potrei citare la formazione che tra
poche ore si giocherà la Champions. Mi piace il calcio, lo segue sempre con
grande interesse e passione smodata. All'inizio della mia carriera seguivo
molto l’amico Gerry Di Napoli ma sinceramente se devo fare il nome di uno
sportivo-modello la scelta cade obbligatoriamente su Giorgio Calcaterra che ha
di gran lunga annichilito i record della Juve; se la memoria non mi tradisce il
taxista volante ha conquistato la dodicesima vittoria consecutiva al Passatore
sempre contro avversari (molto spesso più giovani) molto tosti e con
prestazioni cronometriche di grande spessore. Un personaggio vero, atleta
esemplare, un ragazzo che saluta sempre per primo, che è disponibile per un
consiglio o una battuta. Un ragazzo che non si è montato la testa e che è in
grado di correre i 100 km del Passatore a meno di quattro minuti al km. E non
una volta nella vita, ma tutti gli anni da più di un decennio. Ho poi una
grande stima nei confronti del caro amico Marco Bonfiglio, bravissima persona,
disponibile, di grande compagnia di fronte a un buon gelato… pronta a dare
consigli e a mettersi in gioco in tutte le situazioni.”
Bella storia, Calcaterra
meriterebbe il Nobel della 100 km, nominato da tutti, fotografato con tutti,
nella storia Italiana della 100 km, Mister 100 km.
Una parola o una frase che ti aiuta a
crederci e impegnarti? “Non sono
scaramantico, non ripeto le stesse parole o frasi; però spostare il pensiero
verso immagini felici della mia famiglia mi aiuta tantissimo. Anche i ragazzi
di via Salieri (la via dove io abito) mi aiutano: un gruppo vero dove si
aggrega Amicizia e Sport TripRunner.”
Un’intervista a Giuseppe è riportata nel libro La 100km del
Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.
La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza: Cosa
significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad
allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza? La 100km del Passatore è una
classica e famosa gara di corsa a piedi da Firenze a Faenza. Lo stesso autore
ha partecipato a questa gara sperimentandosi e comprendendo cosa significa fare
sport per tante ore, andando incontro a crisi da superare, mettendo in atto
strategie per andare avanti e portare a termine la competizione.
È un libro che
racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che
hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste
aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da
avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione. Sono trattati aspetti della
psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità
e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli
obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro
dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
21163@tiscali.it +393804337230
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