Matteo SIMONE
Luis Alberto Hernando vince per la seconda volta consecutiva il titolo mondiale di Trail Running, 49 km con circa 3000 m di dislivello positivo, l’argento va all’altro spagnolo Cristofer Clemente, bronzo al francese Cedric Fluereton.
Degli italiani Christian Pizzatti arriva 12°, Stefano Fantuz 16°, Luca Carrara
24° e Massimo Mei 32°. Delle squadre maschili oro Spagna, argento Francia e
bronzo Usa l’Italia giù dal podio per soli 5’.
Delle donne, oro e argento va alle
francesi Adeline Roche e Amandine Ferrato, bronzo Silvia Rampazzo, bene le
altre azzurre 12^ Gloria GIudici, 15^. Delle squadre femminile oro Francia,
argento Italia, bronzo Spagna.
Di seguito approfondiamo la conoscenza
di Stefano attraverso risposte ad alcune mie domande.
Un'intervista a Stefano è riportata nel libro
"Il piacere di correre oltre".
Ciao,
com'è andata? Soddisfatto? “Ciao Matteo, è andata molto bene!
Alla vigilia del mondiale vedendo la lista partenti non credevo di poter stare
nei primi 20 ed invece ho chiuso in 16^ posizione.
Dispiace solo un po’ perché
a 10 km dal traguardo ero in 10^ posizione e sarebbe stato un sogno mantenerla
fino al traguardo. Un pochino di amarezza anche per il bronzo di squadra
sfiorato per soli 5 minuti su una somma dei tempi di oltre 14 ore, un soffio in
pratica!”
Il mondiale è un’occasione e
un’opportunità a volte unica, è un treno su cui si è invitati e si cerca di
fare il massimo per se stessi, per la squadra, per la propria nazione, bisogna
arrivare preparati, concentrati, disposti a dare il massimo e mettercela tutta
per ben figurare ma anche per sperimentare benessere individuale e di squadra e
performance.
Direi che Stefano ci ha provato ad arrivare sul podio a squadra, e
tutto sommato è andata bene così, si porta a casa una bella esperienza e la
voglia di far meglio per il futuro cercando sempre di salire sui treni della
squadra Italia con la maglia azzurra.
Avuto
problemi, difficoltà? “Qualche problema l’ho avuto ma
fortunatamente negli ultimi 10 km. Dal 35° ho iniziato a sentire che la gamba non
girava più come nei km precedenti e dal 40° ho accusato dei forti crampi che mi
hanno costretto a rallentare di molto sul finale. Ma non ho rimpianti, una gara
così importante si affronta al massimo sin dall’inizio e bisogna saper
rischiare, ed è quello che ho fatto!”
Sensazioni,
emozioni? “L’esperienza azzurra è stata un susseguirsi di
emozioni fortissime, iniziate già dal ritiro quattro settimane prima del
mondiale. E’ la mia prima esperienza in nazionale ed il potermi confrontare con
atleti di altissimo livello e tecnici preparati mi ha permesso di crescere sia
come sportivo che come persona. La parte più bella è stata l’arrivo, oltre il
quale mi aspettavano la mia famiglia ed i miei migliori amici che avevano
deciso di farmi una sorpresa.”
Bello lo sport con condivisione, con
amici atleti, con amici maglia azzurra con tensioni e pressioni di far bene, ma
sereni e sicuri di fare il proprio meglio, condivisione con amici e famiglia
pronti a sostenere ad accogliere il proprio eroe nazionale all’arrivo.
Prossimi
obiettivi, sogni realizzati o da realizzare? “Ho ancora due
importanti obbiettivi stagionali: la Sierre‐Zinal
in Svizzera ad agosto e il Grand Trail
Des Templiers in Francia a ottobre. Due gare completamente diverse ma che
hanno in comune la valenza storica e l’alto livello dei partecipanti. La prima
di 30 km è abbastanza corta per i miei standard e molto veloce, la seconda
invece sarà la gara più lunga di quest’anno, 76 km con quasi 3500 m di
dislivello positivo. Il sogno è di allungare nei prossimi anni per arrivare a
competere in qualche trail
internazionale su distanze tra gli 80 e i 120km.”
Dopo l’evento mondiale, si va avanti
verso nuove mete e nuovi obiettivi, con la consapevolezza delle proprie
potenzialità alzando gradualmente l’asticella delle difficoltà e del
chilometraggio, mettendosi in gioco e sperimentandosi sempre di più.
Hai
scoperto qualcosa di stesso? “Praticando questo
sport ho avuto la conferma che i limiti sono fatti per essere superati e che con
impegno e determinazione non ci sono traguardi che non possano essere
raggiunti.”
Gara
di trail cosa significa per te? “Significa
sfidare me stesso e i miei limiti, per cercare di smentirli e superarli di
volta in volta.“
Come
decidi obiettivi e strategie di gara, team, famiglia, amici, figure
professionali? “Decido le gare già da inizio anno e
difficilmente mi sposto da quelle che ho già inserito in programma. Questo perché con gli obbiettivi già fissati
posso pianificare assieme al mio coach gli allenamenti e i giusti periodi di carico
e scarico in modo da arrivare pronto nei periodi chiave della stagione
agonistica.
Ovviamente in tutto questo sono supportato da molti amici, dalla
mia famiglia e la mia ragazza che mi seguono spesso, oltre a un piccolo gruppo
di compagni di avventure ‐
il “Team Peggiori” ‐
che gareggiano con me da quando ho iniziato a praticare questo sport e con i
quali mi consulto spesso per le strategia da adottare in gara.”
Bella storia, dietro ogni atleta ci sono
le sue sensazioni, aspettative, ambizioni ma anche un mondo di persone, sia
amici di squadra, sia amici di vita e familiari, così come professionisti dello
sport pronti ognuno a dare il proprio apporto e supporto sia professionale che
affettivo.
Con
l'esperienza è cambiato il tuo modo di allenarti?
“Certamente, all’inizio affrontavo preparazione e gare quasi a caso,
privilegiando la quantità a scapito della qualità. Facevo troppe gare e non le
affrontavo nel modo giusto sbagliando ritmi ed alimentazione e trovandomi ad
essere molto stanco e poco competitivo già a metà stagione. Con il tempo e
l’esperienza ho imparato ad ascoltare il mio corpo e le sensazioni che esso mi
trasmette e di conseguenza a modificare gli allenamenti. Così facendo ho avuto
dei notevoli miglioramenti.”
Curi
la preparazione mentale? In che modo? “Cerco di fare in modo
che la mia mente sia leggera, di non avere pensieri o preoccupazioni che
potrebbero compromettere le mie prestazioni in gara. Nel trail la 'testa' gioca un ruolo fondamentale, al pari dell’allenamento
fisico, e se non è libera e serena è praticamente impossibile esprimersi al
100%.”
Vero nel trail, soprattutto nelle distanze più lunghe bisogna avere
attenzione e focalizzazione per quello che si fa per essere in contatto
profondamente con se stessi, per riconoscere qualsiasi segnale interiore e il
suo significato per seguire la strada con le sue variazioni.
Nella
tua preparazione o nel post gara c'è posto per le coccole? In che modo? “La
corsa è un ottimo metodo per scaricare le tensioni della vita quotidiana, ma la
corsa ad alti livelli genera a sua volta uno stress che solitamente sfogo
concedendomi qualche “coccola”; quindi sia prima che dopo le gare cerco di
concentrarmi sulle persone e sulle cose che mi fanno star bene fisicamente e
psicologicamente.”
Bella testimonianza, il corpo viene
molto stressato durante la preparazione e le gare, e ci si può sentire
stressati anche psicologicamente, è difficile estraniarsi da tutto e tutti e
focalizzarsi alla gara impegnativa che diventa la conclusione di un lungo periodo
di preparazione, attese, aspettative, importante diventa alternare periodo
intensi di allenamento, gare, preparazione a momenti di presenza nei confronti
di se stesso e degli altri.
Hai
un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno? “Il
mio idolo è da sempre Anton Krupicka, un ultra‐runner
statunitense che mi ha colpito per il suo modo di affrontare la corsa, con un
approccio minimalista che si riflette anche nella sua vita quotidiana. La
semplicità è un valore che mi appartiene e che “Tony” rispecchia alla
perfezione.”
C'è
una parola o una frase detta da qualcuno che ti aiuta a crederci ed impegnarti?
“Chi
più in alto sale, più lontano vede. Chi più lontano vede, più a lungo sogna.
Una frase dell’alpinista Walter Bonatti che mi aiuta a crederci quando
la salita si fa più ripida!”
In linea di massima, la passione della corsa
permette alle persone di mettersi alla prova, di condurre un sano stile di
vita, di salire su un treno fatto di fatica e gioie, di relazioni, di mete e
obiettivi da costruire, di situazioni da sperimentare. Bisogna sviluppare
consapevolezza delle proprie risorse e capacità, ma anche dei propri limiti: è
necessario consolidare questi concetti per mantenere un buon equilibrio. Nel
nuovo libro di Matteo Simone Il piacere di correre oltre, l’autore riprende la
sua consuetudine di parlarci di sport soprattutto attraverso il dialogo con gli
atleti.
Leggere il testo di Matteo Simone ci permette
di conoscere alcune dinamiche psicologiche che forse ignoriamo o per lo meno di
cui non siamo consapevoli. L’autore nota che ciascuno di noi, se lo vuole, può
riuscire a raggiungere i propri obiettivi nello sport come nella vita, e così
diventano più addomesticabili e gestibili, la fatica e la paura; al contempo si
rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la
resilienza.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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