Dott. Matteo Simone
E' un equilibrio tra pazzia e sanità, è la cosa giusta per loro in quel
particolare momento e in quel particolare periodo della loro vita, una pazzia
contagiosa, che fa sentire più vivi, più coraggiosi, più performanti, che dà un
senso alla vita in quel preciso periodo, condividendo il tutto con altri.
Di
seguito Giuseppe racconta la sua esperienza della 100km da Firenze a Faenza,
rispondendo ad alcune mie domande.
Gara di 100km del Passatore, cosa significa per te? “La 100 km del Passatore per me è stata
sempre un obiettivo, da novembre 2014 precisamente all'arrivo della prima
maratona fatta, ne sentii parlare da amici, poi da Domenico (Martino), pensavo
fossero pazzi, poi piano piano la pulce si insinuò nel mio cervello. Fino ad
arrivare a Faenza.”
Hai avuto particolari problemi, difficoltà, momenti critici? “Nella gara a dire il vero ho avuto due
soli momenti di difficoltà, un momento nel quale ci sono stati degli stressor a
cui sono riuscito ad ovviare è stato all'inizio della salita del Passo della Colla
(circa il 38/40° km) quando si è manifestato un forte male di testa che
aumentava passo dopo passo curato al 50° km con un antinfiammatorio
dall'assistenza della Croce Rossa, e il secondo momento al 75° km con una crisi
di sonno durante la quale spesso mi è balenato il pensiero di fermarmi per
riposare, poi tra una parola e un caffè sono riuscita a superarla e arrivare
alla fine.”
Ecco,
tra una parola e un caffè si supera tutto basta distrarsi un pochetto, sì perché
nelle gare di endurance da una parte devi essere concentrato e attento sul
percorso sulle sensazioni corporee, sulla tua performance, ma dall’altra parte
devi un po’ distrarti per avanzare, per fare un salto in avanti, per accorgerti
di quanto tempo è passato senza faticare, senza sentire il solito fastidio, senza
sentire dolori e sofferenze.
Come decidi obiettivi e strategie di gara? Team, famiglia, amici,
figure professionali?
“Io in verità dal momento che ho deciso di correre ho sempre pensato di
affidarmi ad un professionista: il mio
coach e grande amico Antonio Di Gioia che mi ha portato prima a Firenze in
ottime condizioni, e grazie al quale arrivare a Faenza è stata la naturale
evoluzione del nostro lavoro. A lui mi affido per programmare il lavoro da
fare, le gare etc.”
Con l’esperienza è cambiato il
tuo modo di allenarti?
“Si perché dobbiamo considerare che non siamo macchine, oltre che non
professionisti. E' normale regolare gli allenamenti anche in base all'obiettivo
da raggiungere.”
Curi la preparazione mentale? “Secondo me la preparazione mentale è
un aspetto molto sottovalutato, ma in verità è una delle differenze principali
tra gli ultramaratoneti e gli altri. Io alleno molto la mente, leggo libri,
studio, e spesso mi capita in allenamento di immaginare nella mia mente quelle
condizioni negative che si possono verificare in gara per far sì che alle
situazioni di stress la mia mente sia preparata.”
Coccole e autoprotezione hanno posto nella tua preparazione o nel post-gara?
“Questo è un aspetto che vorrei migliorare, l'unica coccola che mi aiuta è la
figura immaginaria durante lo sforzo di me all'arrivo accompagnato sempre da
mia figlia Rebecca (e presto anche dal secondo Davide) laddove è concesso.”
Belle
parole quelle di Giuseppe, importante avere a disposizione delle figure immaginarie
che ti sostengono e supportano soprattutto quando stai per attraversare la linea
di un traguardo molto voluto e combattuto.
Le sensazioni sperimentate prima, durante e dopo la gara? “A dire il vero prima della gara erano
tutti molto tesi: mia moglie, il mio coach, mia madre. D'altronde erano sempre
100km, io anche per via del lavoro non ci ho pensato più di tanto fino alla
sera prima al momento del ritiro del pettorale a Faenza, poi di lì fino al
momento dello start solo adrenalina, tanta, mista ad un po' di paura poi
scomparsa subito. Durante la corsa la cosa più bella è stata proprio la gara
stessa, godersela km dopo km, e all'arrivo quella sensazione di leggerezza, le
gambe senza dolori particolari, certo stanchezza ma gestibile, però la
consapevolezza di dire: 'Io c'erp'.”
Certo
che tutti si preoccupano per un impresa che comporta una fatica enorme in condizioni
climatiche quasi estreme, con tanto caldo il pomeriggio, invece gli atleti per affrontare
e gestire queste imprese da una parte devono essere un po’ incoscienti per non farsi
bloccare dall’ansia dall’altra devono prepararsi a puntino relativamente all’abbigliamento
tecnico, e all’integrazione nutrizionale e gestire passo passo le proprie energie
fisiche e mentali.
Hai un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno? “Non ho un idolo vero e proprio come
può avere magari un calciatore, ma prendo spunto da tanti, in primis Calcaterra
un Grandissimo, il migliore per me, Bruno Brunod il suo libro è bellissimo e il
suo erede Killian Jornet. Ma spesso parlare con amici ultra ti insegna tanto,
Michele de Benedictis, Domenico Martino, Matteo Nocera, Vincenzo Santillo, il
grande Claudio Guidotti, da tutti loro ho carpito qualcosa, bisogna essere
sempre come il cervello dei bambini. Assorbire sempre qualcosa.”
Vero
si ascoltano tutti, e da ognuno si prende quello che può servire, una buona strategia,
benvenuto nello straordinario, bizzarro, fantastico mondo degli ultrarunner.
C’è una parola o una frase detta da qualcuno che ti aiuta a crederci e impegnarti?
“Il must che ho presente in ogni allenamento, in ogni gara è sempre una frase
non scritta: 'Se qualcuno lo ha fatto, lo posso fare anch'io' .
Niente è impossibile.”
Bella
testimonianza, utile a me stesso ma anche a tanti runner, ultrarunner, allenatori
e familiari per capire il mondo degli ultrarunner, per capire cosa gli gira nella
testa, per capire come potrebbero essere ascoltati, aiutati, compresi. Nei miei
articoli e i miei libri c’è posto per tutti, campioni mondiali e olimpionici ma anche
ultimi arrivati, tutti contribuiscono a diffondere buone prassi, si apprende da
tutti.
Un’intervista a Giuseppe è riportata nel libro La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.
La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza: Cosa significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza? La 100km del Passatore è una classica e famosa gara di corsa a piedi da Firenze a Faenza.
È un libro che racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione. Sono trattati aspetti della psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso.
Dott. Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR







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