sabato 3 giugno 2017

Giuseppe Di Gioia, 100km del Passatore: Godersela km dopo km

Dott. Matteo Simone 

Un mondo di pazzi questi ultramaratoneti, ma sembra essere una pazzia curativa.
E' un equilibrio tra pazzia e sanità, è la cosa giusta per loro in quel particolare momento e in quel particolare periodo della loro vita, una pazzia contagiosa, che fa sentire più vivi, più coraggiosi, più performanti, che dà un senso alla vita in quel preciso periodo, condividendo il tutto con altri.
Di seguito Giuseppe racconta la sua esperienza della 100km da Firenze a Faenza, rispondendo ad alcune mie domande.
Gara di 100km del Passatore, cosa significa per te?La 100 km del Passatore per me è stata sempre un obiettivo, da novembre 2014 precisamente all'arrivo della prima maratona fatta, ne sentii parlare da amici, poi da Domenico (Martino), pensavo fossero pazzi, poi piano piano la pulce si insinuò nel mio cervello. Fino ad arrivare a Faenza.”
Hai avuto particolari problemi, difficoltà, momenti critici?Nella gara a dire il vero ho avuto due soli momenti di difficoltà, un momento nel quale ci sono stati degli stressor a cui sono riuscito ad ovviare è stato all'inizio della salita del Passo della Colla (circa il 38/40° km) quando si è manifestato un forte male di testa che aumentava passo dopo passo curato al 50° km con un antinfiammatorio dall'assistenza della Croce Rossa, e il secondo momento al 75° km con una crisi di sonno durante la quale spesso mi è balenato il pensiero di fermarmi per riposare, poi tra una parola e un caffè sono riuscita a superarla e arrivare alla fine.

Ecco, tra una parola e un caffè si supera tutto basta distrarsi un pochetto, sì perché nelle gare di endurance da una parte devi essere concentrato e attento sul percorso sulle sensazioni corporee, sulla tua performance, ma dall’altra parte devi un po’ distrarti per avanzare, per fare un salto in avanti, per accorgerti di quanto tempo è passato senza faticare, senza sentire il solito fastidio, senza sentire dolori e sofferenze.
Come decidi obiettivi e strategie di gara? Team, famiglia, amici, figure professionali?Io in verità dal momento che ho deciso di correre ho sempre pensato di affidarmi ad un  professionista: il mio coach e grande amico Antonio Di Gioia che mi ha portato prima a Firenze in ottime condizioni, e grazie al quale arrivare a Faenza è stata la naturale evoluzione del nostro lavoro. A lui mi affido per programmare il lavoro da fare, le gare etc.”
Con l’esperienza è cambiato  il tuo modo di allenarti?
Si perché dobbiamo considerare che non siamo macchine, oltre che non professionisti. E' normale regolare gli allenamenti anche in base all'obiettivo da raggiungere.
Curi la preparazione mentale?Secondo me la preparazione mentale è un aspetto molto sottovalutato, ma in verità è una delle differenze principali tra gli ultramaratoneti e gli altri. Io alleno molto la mente, leggo libri, studio, e spesso mi capita in allenamento di immaginare nella mia mente quelle condizioni negative che si possono verificare in gara per far sì che alle situazioni di stress la mia mente sia preparata.
Coccole e autoprotezione hanno posto nella tua preparazione o nel post-gara?Questo è un aspetto che vorrei migliorare, l'unica coccola che mi aiuta è la figura immaginaria durante lo sforzo di me all'arrivo accompagnato sempre da mia figlia Rebecca (e presto anche dal secondo Davide) laddove è concesso.

Belle parole quelle di Giuseppe, importante avere a disposizione delle figure immaginarie che ti sostengono e supportano soprattutto quando stai per attraversare la linea di un traguardo molto voluto e combattuto.
Le sensazioni sperimentate prima, durante e dopo la gara?A dire il vero prima della gara erano tutti molto tesi: mia moglie, il mio coach, mia madre. D'altronde erano sempre 100km, io anche per via del lavoro non ci ho pensato più di tanto fino alla sera prima al momento del ritiro del pettorale a Faenza, poi di lì fino al momento dello start solo adrenalina, tanta, mista ad un po' di paura poi scomparsa subito. Durante la corsa la cosa più bella è stata proprio la gara stessa, godersela km dopo km, e all'arrivo quella sensazione di leggerezza, le gambe senza dolori particolari, certo stanchezza ma gestibile, però la consapevolezza di dire: 'Io c'erp'.

Certo che tutti si preoccupano per un impresa che comporta una fatica enorme in condizioni climatiche quasi estreme, con tanto caldo il pomeriggio, invece gli atleti per affrontare e gestire queste imprese da una parte devono essere un po’ incoscienti per non farsi bloccare dall’ansia dall’altra devono prepararsi a puntino relativamente all’abbigliamento tecnico, e all’integrazione nutrizionale e gestire passo passo le proprie energie fisiche e mentali.
Hai un tuo idolo, modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno?Non ho un idolo vero e proprio come può avere magari un calciatore, ma prendo spunto da tanti, in primis Calcaterra un Grandissimo, il migliore per me, Bruno Brunod il suo libro è bellissimo e il suo erede Killian Jornet. Ma spesso parlare con amici ultra ti insegna tanto, Michele de Benedictis, Domenico Martino, Matteo Nocera, Vincenzo Santillo, il grande Claudio Guidotti, da tutti loro ho carpito qualcosa, bisogna essere sempre come il cervello dei bambini. Assorbire sempre qualcosa.

Vero si ascoltano tutti, e da ognuno si prende quello che può servire, una buona strategia, benvenuto nello straordinario, bizzarro, fantastico mondo degli ultrarunner.
C’è una parola o una frase detta da qualcuno che ti aiuta a crederci e impegnarti?Il must che ho presente in ogni allenamento, in ogni gara è sempre una frase non scritta: 'Se qualcuno lo ha fatto, lo posso fare anch'io' . Niente è impossibile.

Bella testimonianza, utile a me stesso ma anche a tanti runner, ultrarunner, allenatori e familiari per capire il mondo degli ultrarunner, per capire cosa gli gira nella testa, per capire come potrebbero essere ascoltati, aiutati, compresi. Nei miei articoli e i miei libri c’è posto per tutti, campioni mondiali e olimpionici ma anche ultimi arrivati, tutti contribuiscono a diffondere buone prassi, si apprende da tutti.

Un’intervista a Giuseppe è riportata nel libro La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.  
La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza: Cosa significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza? La 100km del Passatore è una classica e famosa gara di corsa a piedi da Firenze a Faenza. 
 
È un libro che racconta di atleti di livello nazionale e internazionale ma anche di atleti che hanno la passione della corsa di lunga distanza e la lettura delle interviste aiuta a vedere con occhi diversi questa pratica sportiva, una pratica da avvicinarsi con cautela, attenzione, preparazione. Sono trattati aspetti della psicologia dello sport quali lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità e limiti; il grande e importante lavoro della definizione oculata degli obiettivi chiari, difficili, sfidanti ma raggiungibili; il lavoro dell'autoefficacia, il graduale fare affidamento su se stesso. 

Dott. Matteo Simone 
380-4337230 - 21163@tiscali.it 
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 

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