Matteo Simone
Da soli le persone con disabilità hanno difficoltà a fare sport o sono quasi impossibilitate, ed allora perché non offrire un po’ del nostro tempo per dedicarci a questa attività?
Insieme si ottengono risultati importanti, un
miglioramento della prestazione sportiva e diventa anche una messa alla prova
per le guide, per sperimentarsi accanto agli altri, provare a guidare un’altra
persona, stargli accanto, sintonizzarsi sui suoi ritmi, il benessere oltre che
individuale diventa duale e poi di gruppo.
Di seguito, Federica racconta la sua
esperienza di atleta rispondendo a un mio questionario.
In che modo lo sport ha contribuito al tuo benessere? “In passato mi ha aiutato a superare momenti difficili, a credere di nuovo in me stessa e nelle mie capacità quando, in particolare nell’equitazione e nel volteggio (due discipline del cavallo) ho raggiunto risultati importanti.
In generale lo sport, anche attualmente, mi fa bene al fisico e alla mente, ne beneficio molto, ad esempio, dopo otto ore di lavoro dietro la scrivania. Se una cosa ti fa stare bene la fai con piacere e tendi (anche inconsapevolmente) a migliorare.”
Lo sport rimette al mondo in modo diverso, si riparte sempre con quello che c’è nel momento presente per nuove mete e obiettivi, per cavalcare l’onda del cambiamento.
I benefici sono enormi a livello fisico e mentale, con lo sport c’è la possibilità di vivere la quotidianità, di sperimentarsi con il fisico e con la mente, di provare, mettersi in gioco, cercare di apprendere e riuscire. Lo sport è anche un veicolo di aggregazione, di incontro con persone, culture e mondi.
Come hai scelto il tuo sport? “Nel corso della mia vita ho praticato molti sport e discipline: il cavallo (equitazione e volteggio) è quello che ho fatto per più anni (undici), ho fatto nuoto da piccola (l’ho ripreso ora), ginnastica, danza moderna, pilates, baseball per non vedenti, judo e spero di non averne dimenticato nessuno.
La motivazione che mi ha spinto ad iniziarli è stata spesso la curiosità di provare una cosa nuova. Lo sport al quale sono affezionata di più è il cavallo, che ho smesso per gli impegni della vita in quanto i maneggi spesso sono fuori città e ci vuole tempo (ed una macchina che io non ho) per raggiungerli. Attualmente gli sport che pratico sono il nuoto e la corsa. Il nuoto l’ho incominciato perché è uno sport completo e poi volevo vedere se era realmente noioso com’ero convinta, ma anche e soprattutto perché volevo vincere una sfida contro me stessa: nuoto è uno sport che io già praticai prima di avere il tumore (prima dei cinque anni), una volta guarita, ho avuto il rifiuto di nuotare e soprattutto di andare nell’acqua dove non toccavo.
La sfida l’ho vinta perché ora nuoto e vado anche nell’acqua alta, inoltre ho constatato che il nuoto non è uno sport noioso. La corsa invece l’ho incominciata perché prima di conoscere 'Achilles International’ non pensavo che chi avesse problemi di vista potesse correre; quindi, anche questa seconda è stata una ‘sfida’ per vedere se riuscivo a correre".
Nuove sfide per sperimentarsi e mettersi in gioco, per dimostrare a se stessi e agli altri che i limiti sono solo mentali, si può provare tutto e decidere se si tratta di qualcosa di stimolante.
Cosa ti fa continuare a fare sport? “La voglia di fare sempre di più, di migliorare, senza eccedere, però.”
Quali persone hanno contribuito al tuo benessere nello sport, alla riuscita della gara? “Gare vere e proprie ne ho fatte solo con l’equitazione ed il volteggio, ne ho fatte diverse, regionali e nazionali, raggiungendo sempre ottimi risultati.
Sicuramente il merito è stato delle mie istruttrici che hanno creduto in me e hanno saputo prepararmi al meglio. In particolare, ricordo la mia prima istruttrice, Miriam, che sapeva insegnarmi con leggerezza ed insieme, quando ci voleva, con un po’ di severità, questo credo grazie anche alla sua giovane età (aveva soltanto una decina d’anni in più di me).
Tra gli altri, ricordo l’ottima preparazione per il saggio di fine anno di judo per il quale avevamo addirittura affittato un teatro. A judo andavo tre volte a settimana e il maestro credeva molto in me, ero l’unica sua judoca con problemi di vista, l’ho lasciato perché, avendo una derivazione in testa, non posso fare sport di contatto.”
Importante avere fiducia in se stessi, credere di poter fare, credere di essere capaci di fare, altrettanto importante è la fiducia da parte di persone di riferimento come familiari o istruttori, se gli altri credono in te, aumenta l’autoefficacia, aumentando l’autoefficacia aumenta anche l’impegno.
La gara della tua vita dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Ogni gara o saggio mi ha dato emozioni e soddisfazioni diverse. Ogni volta ho talmente tanta emozione che ho paura di sbagliare ma in realtà tutta l’emozione sparisce al momento dell’esibizione.”
Come descrivi gli atleti, accompagnatori, allenatori, genitori? “Gli atleti di solito si impegnano al massimo per migliorare sempre più ed avere determinati risultati, ma non bisogna dimenticare che l’attività sportiva è anche divertimento; quindi, credo non sia buono entrare troppo in competizione con gli altri.
Gli allenatori e gli accompagnatori sono persone preparate che hanno molta pazienza nell’insegnare e nel supportare gli atleti, pazienza che sfoggiano in particolare con gli atleti disabili. Senza gli accompagnatori determinate attività sportive non si potrebbero praticare, perciò sono di fondamentale importanza.
I genitori sono solitamente coloro che supportano l’atleta, hanno un ruolo molto importante nell’incoraggiarlo a fare sempre meglio, a non perdersi d’animo".
Un’intervista a Federica è riportata nel libro Correre Con La Mente Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Nessun commento:
Posta un commento