Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
Simona non sa stare ferma, la sua zona di confort è l’attività sportiva a contatto con la natura, quindi corsa, bici, sci, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, nuove avventure, nuove direzioni da prendere per raggiungere mete e obiettivi.
Il
prossimo importante obiettivo del 2017 è la 100 miles Leadville Race Series e
il suo percorso di avvicinamento prevedeva la Tuscany Crossing 103km che ha
vinto per la terza volta.
In
compagnia della sua ombra e della sua fatica, con il sorriso alimentato da una
forte passione e da sensazioni ed emozioni forti, inconsuete e ricercate, conquista
la vittoria in una gara di quelle considerare estreme e non per tutti, la
Tuscany Crossing 103km.
Ora
si tratta di tenere stretta la vittoria, di accogliere e assimilare quello che
c'è, riempire serbatoi emozionali di gioia e soddisfazione e recuperare per
prepararsi a prendere la direzione per nuove mete e obiettivi sfidanti ma
sempre raggiungibili come la 100 miles Leadville Race Series.
Ecco
la sua dichiarazione a fine corsa: “Toscana = Casa, Tuscany
Crossing. Quando ti danno il numero 11 perché l'hai già vinta due volte e
"Simo, sta meglio due volte 1 che un 2". Quando ti accolgono ai
ristori chiamandoti tutti per nome e i bimbi con le biciclette ti scortano
gridando viva la nostra Simona beh, tutto questo non puoi che chiamarlo casa. Oggi
per la terza volta ho vinto la 103 km della Tuscany Crossing, il che non era
affatto scontato dato che sono partita con 45 km nelle gambe e la preparazione
focalizzata per max 60 km di gara, ma tutto questo calore valeva il prezzo
della sofferenza.
Sono felice perché questa gara è la prima delle tre che mi
"scorteranno" fino in Colorado per realizzare qualcosa di buono nella
100 miglia Leadville. Non sarà facile così come non è stato facile oggi, ma c è
qualcosa di veramente prezioso che sia anche facile da conquistare?”
Simona
è un amante della corsa al naturale, per sentieri, per montagne. L’ho
conosciuta in occasione di un raduno premondiale della nazionale italiana
ultratrail, simpatica, sempre solare, di corsa facile e veloce in piano, salita
e discesa.
Con
l’esperienza si impara a mettere in conto gli infortuni e a saperli gestire con
attività alternative e con un’adatta riabilitazione per ritornare più motivati
e con voglia di fare meglio.
Simona
Morbelli, simpatica ed ultra generosa con tanta voglia di condividere
esperienze, ci racconta di sè, delle sue passioni, delle sue esperienze in
gara, motivazioni, passioni, sogni, attraverso risposte ad alcune mie domande
di un po’ di tempo fa.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Essere un ultratrailer significa non
solo amare la corsa in natura ma, nel mio caso, l'essere attratta dalle
incognite che quest'ultima riserva, dal meteo alle difficoltà del percorso,
alla capacità che ha il proprio corpo ad adattarsi all'imprevisto.”
E’
attratta dal difficile, dalle difficoltà, a lei piace affrontare percorsi e
condizioni ostili ed estreme per vedere ogni volta come se la cava e come ne
esce fuori.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Mi definisco un ultratrailer anche se ho scoperto di trovarmi a mio
agio anche in altre tipi di gare, i City Trail ad esempio mi divertono e
motivano.”
A Simona piace divertirsi faticando, valida e competitiva atleta in grado di dare
filo da torcere alle più agguerrite avversarie.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “Ognuno di noi, in modi differenti
dovrebbe cercare di migliorarsi. Sono sempre stata attratta da ogni cosa che
potesse portarmi a superare i miei limiti. Ho iniziato correndo un circuito di
3.3 km nella riserva di caccia di casa mia in campagna, adesso reputo corta una
gara da 50 km ed ho imparato a gestirmi in maniera tale da migliorarmi nella
prestazione dopo il 50 km.”
Simona
apprende a far bene gradualmente con esperienza di superamento graduale delle
difficoltà ed ostacoli, aumenta gradualmente l’asticella ed allunga i percorsi
di gara un po' per volta accorgendosi sempre di più di essere portata per
questo tipo di competizione che gli da tanta soddisfazione.
Qual è stato il tuo percorso per
diventare un ultramaratoneta? “Nasco alpinista (parolone) e scalatrice, ho iniziato a correre
casualmente per aumentare la capacità polmonare.”
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “La corsa per me è un gesto naturale,
lo amo, e se un giorno dovessi mettermi a fare delle regate oppure motocross la
corsa in natura farà sempre parte della mia quotidianità.”
E’
un amante del nuovo, si adatta alle circostanze ed ai cambiamenti ma la corsa è
un amore che non abbandonerà mai, sarà per lei propedeutico per qualsiasi
attività.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
“Supero il limite ogni volta che decido di prepararmi per un tipo di
gara completamente differente nel percorso dal mio conosciuto. Il lavoro
mentale è fondamentale.”
Sempre
alla ricerca di nuove e sfidanti competizioni, scopre che è importante la
preparazione fisica e l’approccio mentale per questo tipo di gare di endurance
con forte difficoltà di sentieri e dislivelli.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare
estreme? “La motivazione credo sia la componente
principale. Fare qualcosa che ti piace e farlo con degli obiettivi porta ognuno
di noi a migliorarsi e non mollare. Forza, determinazione, costanza,
resilienza, nel momento stesso in cui sei realmente motivato il tuo corpo
aiutato dalla tua mente ti può portare ovunque.”
E’
consapevole che il motore del suo successo è la motivazione, finché è motivata
c’è voglia di migliorarsi e di far bene, con la motivazione si è più
resilienti, si è più disposti ad affrontare fatica e sofferenza, se manca la
motivazione tutto diventa più difficile e si è più disposti a mollare.
Che significa per te partecipare a una gara estrema? “L'estremo è soggettivo e dipende anche
dalla preparazione personale. Potrei veder scalare un 9A+ con elasticità e
grazia stupendomi, senza rendermi conto che per l'atleta che sta compiendo quel
gesto si tratta di un qualcosa di conosciuto e di fattibile dal momento che lo
sta facendo. Il mio estremo potrebbe dunque essere quello di portare a termine
con una buona prestazione una gara per nulla affine alle mie caratteristiche
atletiche senza per questo cercare il pericolo, parola amata molto da chi ci
vorrebbe tutti insani di mente per giustificare la propria inadeguatezza.”
La tua gara più estrema o più difficile? “Annecy 2015. Partecipare ai campionati
del mondo con la maglia azzurra ha avuto per me un valore enorme, oserei dire
inaspettato per quanto forte. Mi sono preparata al meglio, sono partita volendo
onorare me stessa, la maglia e la gara per poi scoprire dopo pochi km che non
avrei potuto farlo a causa di un ernia (diagnosticata quattro giorni dopo), che
mi ha bloccato il gesto. Ho continuato la gara
finché ho potuto nonostante fossi l'ombra di me stessa. Solo dopo due
giorni, tornata nella quotidianità mi
sono lasciata andare in un pianto ininterrotto.”
Quando
ce la metti tutta per far bene, per onorare una maglia indossata della
nazionale italiana ma scopri che il fisico si arrende e ti si rivolge contro
allora c’è un momento di disperazione, di fallimento, di sconfitta, di
riflessione, ti mette davanti al limite, alla difficoltà, alla resa, in quel
momento bisogna farsene una ragione e saper pazientare in attesa di un recupero
per poter lavorare meglio con costanza e ritornare a far bene.
Quale gara estrema ritieni non poter mai riuscire a
portare a termine?
“Credo che determinando gli obiettivi, che non devono essere per forza sempre e
solo quelli della vittoria o podio a tutti i costi, potrei anche portare a
termine una gara a 50 gradi costanti di migliaia di km dove non si corre quasi
mai se non in discesa. Premetto che odio il caldo, non amo particolarmente le
gare a tappe ed amo le gare veloci perché performo bene nella corsa.
L'abitudine alle cose consente alla mente di fregarci. Cambiare equivale a evolversi.”
Sempre
pronta Simona, non disdegna nuove sfide che una volta definito l’obiettivo e la
scadenza temporale è disposta a prepararsi senza trascurare nessun dettaglio
per far bene.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere
ultramaratoneta?
“Gli infortuni capitano, a volte si sta fermi solo qualche giorno, a volte
qualche mese. Esistono però lavori alternativi molto efficaci come la bici o il
nuoto. Ti aiutano a rimanere in forma con il fiato ed a fare un ottimo lavoro
di forza. In questo modo si può ritornare più forti di prima essendoti anche
‘depurato’ dai carichi di lavoro quotidiani della corsa.”
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare
estreme?
“Nessuno si stupisce più di quello che faccio come lo faccio e perché lo faccio
dal tempo delle scuole medie.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Più che scoperto, ho modificato il mio
stile di vita spostando i valori su altre direzioni. Adesso vivo in maniera
sana, sono più libera con me stessa e la mia anima è più leggera. Sulla tenace
testona testarda agonista erano già tutti d'accordo da quando, nemmeno
undicenne, costringevo i miei genitori a seguirmi segretamente durante le mie
competizioni atletiche. Non volevo nessuno perché non volevo mi vedessero nel
caso non fossi salita a podio. Delirio.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Non sempre è facile fare tutto, sono
spesso via per motivi famigliari e spesso per la corsa o eventi legati ad essa.
Non ho mai avuto una quotidianità fatta dalle stesse cose, ho sempre viaggiato
molto ed ho diversi interessi e passioni oltre alla corsa. Diciamo che per
allenarmi a volte costringo la mia famiglia a fare a meno di me oppure a
modificare alcune programmazioni.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Rifarei tutto cercando di migliorare
ogni cosa, anche gli errori, li aggiusterei quel tanto da rifarli con meno
leggerezza. La cosa importante degli errori fatti, sta nel saper migliorare se
stessi dopo averli compiuti. Posso dire di esserci riuscita per metà, l’altra
metà non ha ancora imparato nulla. Evviva.”
A
volte si apprende dagli errori, altre volte c’è una sorta di coazione a
ripetere, ma può andar bene anche così.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività
sportiva?
“A questa domanda sorrido. Sono davvero gestita al meglio. Ho una
programmazione accurata che tiene conto delle mie gare e del mio benessere
psicofisico. Faccio una gara al mese, questo sia perché non trovo logico e
proficuo ne per la forma fisica tantomeno per la performance fare gare ogni
fine settimana, inoltre oltre a ritenerlo poco professionale ho per fortuna
altri interessi che mi impegnano i we senza per forza evitare gli allenamenti.
Quelli non si evitano mai, ma si possono fare ovunque.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Ho la fortuna di essere seguita da
Fulvio Massa, mio preparatore, fisioterapista e massaggiatore sportivo. Sono
seguita anche da uno staff di professionisti che mi aiutano nell'integrazione e
cure mediche. Mi sottopongo a sforzi enormi durante il periodo di carico e la
conseguente gara, mi sembra logico
prendermi cura di me stessa. Faccio esami di controllo ogni sei mesi ed in base
ad eventuali carenze gestisco il recupero. Vitamine, ferro, potassio antiossidanti, omega3.”
Per
essere a certi livelli e per competere in competizioni che richiedono ore ed
ore di duro lavoro è importante affidarsi ad esperti e non trascurare nessun
aspetto.
Hai un sogno nel cassetto? “Vincere il giro del mondo a vela senza
strumentazioni, solo a carteggio. Una regata ovviamente molto dura sospesa con l'arrivo della strumentazione a
bordo. La ripristineranno a breve dopo diversi anni.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “I limiti non sono solo fisici ma
soprattutto mentali. Molto dipende dal nostro background ed io non ho mai avuto
questi problemi. Non potrei vivere più di un certo periodo di tempo una stessa
tipologia di quotidianità. Alzo sempre l'asticella sia nello sport che nella
vita al di fuori di esso.”
E’
sorprendente Simona, è una che punta in alto nello sport e nella vita, è una
scalatrice, quello che fa lo fa al massimo e con la passione vera.
Un'intervista a Simona è riportata a pag. 141-148 del libro "Ultramaratoneti e gare estreme", Prospettiva Editrice
È dedicata a Simona la copertina del Notiziario "IDEA SPORT" di Novembre 2015, edito da Confsport Italia e all'interno del Notiziario "L'angolo del Campione" ospita un'intervista a Simona
Inoltre, Simona è menzionata nei seguenti libri:
"Sport, benessere e performance", Prospettiva Editrice
"Correre con la mente. Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni" di Matteo Simone edito da Progetto Cultura, 2022.
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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