Matteo Simone
La passione per lo sport unisce persone, culture e mondi.
E tutto passa
con il sorriso e con un passo alla volta, quando non si è più competitivi si
può continuare a fare sport divertendosi e in allegria. Enrico è stato un
Campione come atleta e come coordinatore della Nazionale Ultratrail.
Enrico si
diverte correndo, più corre e più si diverte, più passano gli anni e più diventa
un gioco correre per Enrico e giocando e divertendosi mette in tasca gare
lunghissime ed impegnative come la mitica Passatore della lunghezza di 100km,
ma come dico io “togheter is better”, in compagnia è meglio ed Enrico sa stare
e sa correre in compagnia.
Di seguito racconta un po' della sua vita dedita allo sport con passione e
tanta emozione.
Cosa significa per te essere
ultramaratoneta? “Niente di particolare perché
tutto naturale in quando già da bambino volevo scoprire i miei limiti e………credo
di esserci in parte riuscito.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare
ultramaratoneta? “La mia prima gara, a 12 anni,
fù di 21km perché in quei tempi (1976) non sapevo che bisognava farne di meno
per essere competitivi. Poi l’ho capito e ho cominciato a correre le gare corte
e idonee per la mia età. Dopo aver raggiunto i limiti d’età, ho voluto provare
a correre la maratona e dopo 5 anni mi sono spinto più in là con
l’ultramaratona.”
Da piccolo Enrico non gli bastavo le distanze corte,
voleva esagerare, ed ha dovuto aspettare la maggior età per esordire in
maratona e fare successivamente l’ingresso nel mondo delle ultra.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La voglia di scoprire e scoprirmi.”
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Fin ora no, di sicuro non mi
alleno più come una volta ma la voglia di far fatica è ancora dentro il mio
corpo.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri
problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Ho avuto dei problemi fisici una decina di anni fa che non mi hanno più
permesso di allenarmi come una volta, ora corro di meno ma corro lo stesso
perché mi diverto e mi piace l’ambiente.”
E’ vero, Enrico si trova dove c’è una gara
lunghissima o durissima, è presente come coordinatore di atleti nazionali, come
organizzatore di gara, come sponsor, come assistenza, è una presenza.
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “Mi piace l’ambiente e non c’è lo
stress delle gare corte dove si deve correre sempre con il fiato corto e
guardare il cronometro.”
Hai sperimentato il limite nelle tue
gare? “Non so se posso dire di aver
trovato il mio limite, ma una volta, durante la Spartathlon (246km da Atene a
Sparta), al 156°km ero transitato in 18 ore e me ne mancavano 18 per finire la
gara, ho pensato di avercela fatta perché mio suocero che correva solo la
Domenica, la 100km del Passatore la chiudeva in meno di 18 ore. Purtroppo da li
a poco ho avuto una crisi di sonno e non riuscivo ad andare avanti,
ritirandomi. Forse era il mio limite?”
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “La consapevolezza che se non è giornata, o
non vado, rallento o mi ritiro senza nessun problema o giustificazioni. Credo
che sia stata una saggia legge che mi ha portato a correre per 40 anni.”
Quale è stata la tua gara più estrema o
più difficile? “La mia gara più estrema credo
sia stata la 50km dentro le grotte di Stiffe (AQ) dove l’umidità era al 100% e
ho dovuto affrontare 17.000 scalini. Mentre la gara più dura è stata il Cammino
Inca in Perù dove abbiamo superato 2 passi sopra i 4000mt slm e non avevo fiato
per respirare.”
Una gara estrema che ritieni non
poter riuscire a portare a termine? “Conoscendo i miei limiti, tutte quelle gare superiori ai 200km con
cancelli orari stretti.”
C’è una gara estremi che non faresti
mai? “Mai dire mai ma mi spaventano
le gare estreme dove si rischia la vita, come potrebbe essere la Iditaroid in
Alaska dove devi percorrere centinaia di km in mezzo alla neve, con temperature
gelide e ristori lontani fra di loro. No, credo proprio che non sono le mie
gare.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i
limiti fisici? “Oramai non sposto più i miei limiti ma un
tempo, quando lo facevo, mi spingeva la voglia di conoscere appunto i miei
limiti fisici.”
Cosa pensano familiari e amici
della tua partecipazione a gare estreme? “Senza i miei genitori non starei qui a raccontare la mia storia, mi
hanno sempre aiutato. Poi ho trovato una moglie con una famiglia di
ultramaratoneti e quindi il gioco è fatto e per noi è tutto naturale.”
Che significa per te partecipare a una
gara estrema? “Prepararmi psicologicamente e
fisicamente, documentarmi sul tracciato, sulle condizioni ambientali e sul
paesaggio che dovrò affrontare di li a poco. Anche questo è cultura generale
che i libri di scuola non potranno mai insegnarti.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Se non correvo non potevo conoscere il Mondo e non potevo conoscere
questi personaggi. Ammetto che mi ha dato molto ma molto di più la corsa che i
libri di storia perché un conto è studiare controvoglia (come la maggior parte
degli studenti) e un discorso è vedere con i propri occhi alcuni posti del
mondo. Sono stato dentro le piramidi egizie, sono stato a visitare Machu
Picchu, ho visitato le più grandi capitali Europee e alcune del Nord America,
ho attraversato il Salar de Uyuni in Bolivia. Tutte queste cose le avevo
studiate a scuola ma vederle dal vivo è tutta un’altra storia.”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel
diventare ultramaratoneta? “Sembrerà strano ma ho scoperto
di essere molto socievole e stare bene in mezzo alla gente, cosa che da piccolo
non mi riusciva bene.”
Come è cambiata la tua vita familiare, e lavorativa? “Vivo in una famiglia di
ultramaratoneti, anzi mia moglie (più mio suocero e mio cognato) l’ho
conosciuta in occasione di un’ultramaratona in Francia. Poi anche il lavoro è
collegato al mondo dell’ultramaratona in quanto lavoro con un’azienda francese
(Raidlight) specializzata in produzione di abbigliamento e accessori per i
podisti, specialmente ultramaratoneti.”
Usi farmaci, integratori? Per quale
motivo? “Non uso farmaci ma integratori
salini o gel durante la gara per avere un po’ più di energia sotto sforzo.”
Ai fini del certificato per attività
agonistica, fai indagini più accurate? “Sinceramente no anche se con l’avanzare dell’età, sarebbe il caso di
farsi qualche controllo più mirato.”
E’ successo che ti abbiano consigliato
di ridurre la tua attività sportiva? “Certo che si, nel 2004 il mio medico mi ha detto che avevo le ginocchia
logorate e che dovevo smettere di fare gare lunghe. Ho risolto il problema non
andando più da quel medico hihihihi. A parte la battuta, con delle scarpe
protettive e con alcuni km in meno d’allenamento, ho continuato a correre lo
stesso gare lunghe, anche se pian pianino faccio sempre più fatica perché gli
allenamenti non sono più come quelli di una volta. Ma non avevo alternativa se
volevo continuare a correre ultramaratone.”
Hai un sogno nel cassetto? “I sogni sportivi nel cassetto credo di averli raggiunti in quanto ho
vestito 8 volte la Maglia della Nazionale nella specialità della 100km su
strada. Il sogno nel cassetto attuale sarebbe quello di poter scrivere un libro
sulle gare fatte intorno al mondo ma bisogna avere del tempo e, anche se avevo
cominciato, non riesco mai a concentrarmi per finirlo.”
Enrico
dal 2008 al 2015 è stato Coordinatore Nazionale del
settore Ultratrail e dal 2016 collabora con la IUTA nel settore 24 ore di corsa
su strada .
Enrico, nel frattempo, ha scritto un suo libro dal titolo: Oltre l’arrivo, 20 anni di gare ultra in Italia, raccolta dati e analisi.
Enrico è menzionato nei libri:
“Maratoneti e ultrarunner.Aspetti psicologici di una sfida”, Edizioni Psiconline.
“Correre con la mente. Perché correre? Come iniziare? Superare le
avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni”. Progetto Cultura, 2022.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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