Matteo SIMONE
Si inizia a praticare sport per provare, sperimentare, divertirsi e poi si può scoprire di riuscire a fare cose straordinarie, l’impossibile diventa possibile, si può andare anche oltre.
Di
seguito Alina racconta del suo fantastico mondo dello sport rispondendo ad alcune
mie domande alcuni anni fa.
Ti
puoi definire ultramaratoneta? “Direi di sì,
anche se passo periodi dell’anno lontano dalle Ultra per permettere al fisico e
alla testa di staccare la spina e riposare.”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La continua e esasperata ricerca di questo Oltre e voglia di spostare
quella benedetta asticella.”
Il recupero è importante sempre, nello sport, nella vita, sempre con l’attenzione rivolta a se stessi per ripartire alla grande.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Essere Ultramaratoneta non la ritengo solo una questione di km oltre il numero 42, ma testa, spostare quel limite e cercare dentro di me nuovi stimoli soprattutto quando dopo tante ore che sei a spasso senti dentro quella vocina diabolica che ti chiede di fermarti. Un viaggio si ma lungo e che fa sognare, fa nascere e morire un milione di volte ma ti porta al traguardo.”
Le emozioni sono importanti da memorizzare sul
fisico e nella mente e tenere sempre con se per tirarle fuori nei momenti un
po’ bui. Ultra non solo per km e fatica
ma anche per ricerca interiore, per conoscenza approfondita di sé stessi, dell’ambiente
circostante e degli altri.
Qual
è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Se penso a quanta strada ho fatto negli ultimi anni
ne sono molto fiera. In realtà il mio fisico è più portato per stare su una
bici in un velodromo e cercare l’adrenalina che la velocità può dare ma da una
scommessa con me stessa ho iniziato ad appassionarmi alle Ultra. Ho avuto un
passato da giovane ciclista. Sono stata operata 2 volte al ginocchio dx di
riallineamento rotuleo e entrambe le volte ho avuto un lunghissimo periodo di
riabilitazione (8/12 MESI), la seconda volta (2008) l’ortopedico mi aveva dato
poche possibilità di tornare a far sport ma durante il periodo riabilitativo ho
messo tutto il mio impegno per rafforzare la zona del quadricipite e tornare a
far sport.
Ho iniziato con una stagione leggera di triathlon, a novembre 2009
senza nessuna preparazione decido d’affrontare la prima maratona contro il
parare dell’ortopedico e mi porto a casa un tempo che adesso faccio da pacer
delle volte 4h45. Ricordo ancora l’emozione, poi un paio di maratone nel 2010 e
dal 2011 ho iniziato le Ultra anche qui con allenamenti fai da me e scarsi
risultati e alla fine nel 2013 mi sono affidata a mani esperte e raccolgo i
frutti del suo sapere e di una buona intesa.”
Gli ultrarunner
a volte sono considerati ricercatori di conoscenza, di scoperte, dell’ignoto;
sempre avanti, sempre oltre.
Cosa ti
spinge a spostare sempre in avanti i limiti fisici? “Esplorazione di me stessa, del mio Io.”
Hai mai rischiato per infortuni o altri
problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “No, mi conosco molto bene e mi fermo prima del
disastro. Gli infortuni sono normali e Amici, per quanto si cerca di prevenirli
arrivano sempre. Bisogna curarli per poi ripartire più forti di prima.”
Quale è stata la tua gara più estrema o
più difficile? “Estrema no
ma dura sì. Arrivare al quinto colle della 9 colli running. Un sogno.”
Cosa hai scoperto del
tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? “Nulla che non sia quello della vita di tutti i
giorni, un carattere molto forte e determinato.”
Con l’esperienza si impara a diventare resilienti, a superare imprevisti,
infortuni, crisi, disagi apprendendo sempre di più e avanzando sempre. Essere
sereni senza fretta, senza giudizi, con il proprio coraggio e impegno, aiuta a
persistere nella fatica e nel tempo riuscendo a portare a termine quanto
prefissato.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Determinazione, voglia di
soffrire, serenità psicologica, quest’ultima per me è
fondamentale.”
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “No, mai, neanche quando tutto mi rema contro.” Che significa per te partecipare ad una
gara estrema? “Estremo per
me non esiste, a ogni gara ci devo arrivare con la giusta preparazione
altrimenti non parto. (Forse) Estreme possono essere le condizioni meteo ma non
una gara.”
Tutto si può fare con la testa che aiuta il fisico
ad andare avanti e una forte passione, importante conoscersi bene e utilizzare
tutti gli accorgimenti utili dettati dall’esperienza.
Ai fini del certificato per attività
agonistica, fai indagini più accurate? Quali? “Solitamente oltre alle provo sotto sforzo aggiungo
il controllo dei valori ematici ma nient’altro.”
E’ successo che ti abbiano consigliato
di ridurre la tua attività sportiva? “Per fortuna non c’è bisogno che me lo dicano,
ascolto quello che il fisico vuole e anche nel periodo d’anemia non mi è stato
difficile capire che non potevo più correre 15/20km al giorno come minimo.”
E’ importante saper scegliere gli obiettivi che fanno per noi, il più
possibile sfidanti e accattivanti e che ci devono fare attivare per prepararci,
allenarci e raggiungerli al meglio della forma.
Hai un sogno nel cassetto? “Nel cassetto non lascio nulla, cerco di avere sogni
alla mia altezza per poterli afferrare e se al prima tentativo non ci riesco io
non demordo, primo poi il sogno lo faccio mio.”
Un’intervista ad Alina è riportata nel libro "Triathlon e ironman. La psicologia del triatleta", 23 settembre 2019, Prospettiva Editrice.
Alina è menzionata nei libri:
“Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, 13 giugno 2019, Edizioni Psiconline
"Correre con la mente, Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni", 25 marzo 2022, Progetto cultura
https://www.amazon.it/iniziare-avversit%C3%A0-raggiungere-obiettivi-realizzare/dp/8833563308
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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