lunedì 11 giugno 2018

Vito Intini ottiene il record del mondo delle 24 ore di corsa sul tapis roulant 2017

Il tempo della preparazione e tutta l’attesa è sicuramente il momento più bello
Matteo SIMONE

Vito Intini a Reggio Emilia ottiene il record del mondo delle 24 ore di corsa sul tapis roulant con 253,83km.

Il precedente era di 248,12 km detenuto dall'australiano Luca Turrini. 
Vito deteneva quello italiano di 234,2 km, alla 22^ ora ha superato il suo record italiano.
Nel 2019, stabilisce il record mondiale di tapis roulant di 24 ore, correndo 265,20km.
Non c’è un età per iniziare a fare sport o per essere competitivi, così come non c’è un’età per smettere di fare sport o di smettere di essere competitivi, Vito Intini ha quasi 50 anni, continua a essere motivato nella pratica della sua disciplina che è l’ultramaratona, continua a mettersi in gioco e a ottenere risultati di rilievo come quest’ultimo record.
Di seguito approfondiamo la sua impresa attraverso risposte ad alcune mie domande.

Che cosa ti ha lasciato questa 24 ore di corsa sul tapis roulant?La prima immagine è quella di un piccolo vuoto; il tempo della preparazione e tutta l’attesa è sicuramente il momento più bello; gli allenamenti, la fatica, mettersi alla prova è una sensazione molto soddisfacente. Poi la prova di per sé alla fine è un attimo, vola via, si finisce, tutto è passato, non c’è gloria, non c’è coppa, medaglia o diploma che possa realmente soddisfare quello che invece riesce la quotidianità, gli allenamenti quotidiani.

Tutto passa, tutto finisce, rimangono le sensazioni percepite, le immagine e più di ogni altra cosa il processo per arrivare a quel momento immenso, tutta la preparazione necessaria e utile.
Avuto problemi, criticità?Sono ormai talmente tanti anni che mi alleno sul tappeto che in realtà problemi con il mezzo meccanico non ne ho, durante queste 24 ore anche la notte l’ho passata molto bene, meglio di quanto pensassi. Crisi vanno e vengono nell’ultramaratona, ma non a tal punto di pensare di fermarmi, questo no. Forse la prima vera crisi pesante era intorno alla 9^ ora ma devo ammettere che ero partito molto forte per poter affrontare la notte, poi le energie sono venute a mancare, ho rallentato un po’ per una mezz’oretta stando molto attento all’integrazione.

Nello sport prolungato per 24 ore si mettono in conto eventuali crisi, da una parte bisogna focalizzarsi sul momento presente, continuare l’attività fisica momento per momento non pensando alla fine che potrebbe portare preoccupazioni e insicurezze; dall’altra parte bisogna sapere organizzarsi e capire come distribuire energie nel corso della lunga giornata di sport. Le crisi si mettono in conto e si sa che in qualche modo si superano quindi o si sta ad aspettarle ad accoglierle e poi a mandarle vie o si cerca di prevenirle con accortezze apprese nel corso dell’esperienza diretta oppure documentandosi con ricerche o confronti con altri atleti e tecnici più esperti.
C'è un alimento particolare che hai assunto in gara?Effettivamente ho sempre usato negli anni passati un’alimentazione molto curata, usavo molto il vitargo, è uno zucchero, un amido, era principalmente il vitargo, con un po’ il  glucosio, il dria; questa volta invece no, questa volta ho voluto affrontarla come se fosse una giornata normale,  quotidiana, dunque con alimenti quasi normali, le prime 6-7 ore ho assunto solo succhi di frutta e soft drink, intendo fanta, sprite, chinotto e via dicendo;  nessun gel, nessun alimento specifico che di solito si usa e aggiungevo anche sale da cucina, poi nella parte dopo 10-12 ore ho iniziato a inserire alimenti quali cocco, barrette di cocco, panforte, anacardi, MCT, acidi grassi a catena media, molto buoni, digeribili.
Ho usato un’alimentazione non dico normale, certo non ho mangiato pasta e pizza, ma mangiavo, sempre pezzetti piccolissimi, non che avessi un senso di sazietà, proprio per non far partire effettivamente la digestione vera e propria, comunque erano sempre pochi pezzi.”

Nello sport di endurance saltano le normali teorie quotidiane sull’alimentazione dello sportivo, si fanno cose impensabili, si mangia l’impensabile e si beve anche qualcosa considerato non opportuno per uno stile di vita sano, ma il corpo e la mente chiedono e pretendono nutrimenti particolari che servono proprio in quella particolare circostanze e ognuno in base alla sua esperienza sa cosa è meglio per il proprio organismo, sa quello che il proprio organismo accetta o rifiuta, sa osa ii propri muscoli vogliono nutrirsi e necessitano, l’integrazione alimentare diventa un aspetto e un allenamento importantissimo per lo sport di endurance.
Quale è stata la sosta maggiore nelle 24 ore?La sosta maggiore è stata quando mi sono fatto fare dei massaggi; dopo la prima crisi ho rallentato, ho integrato, era già andato via il massaggiatore, stavano chiudendo anche l’expo e in quel momento i medici del CRT di Reggio Emilia, guidati dal dott. Roberto Citarella, che hanno contribuito in modo fondamentale alla riuscita del record, mi avevano chiesto se avessi bisogno di qualche massaggio perché avevo dei forti indurimenti sui quadricipiti dovuto alle scarpe; al che ho detto di sì, l’hanno chiamato a casa, è venuto e lì poi mi sono fermato un attimo, sono sceso dal tappeto continuando a mangiare e mi ha fatto dei massaggi sportivi abbastanza veloci e intensi e  mi ha applicato il Kinesio Taping e sono ripartito con nuove energie. Questa è una sosta che è durata 5’ minuti, può sembrare poco ma è stato, nell’arco delle 24 ore, lo stop più lungo.”
Come ti prendi cura di te dopo una gara di 24 ore di corsa?Tendenzialmente vado a mangiare molto bene nei giorni che seguono, mangio non dico come se fossero dei pranzi natalizi ogni giorno però nell’arco della settimana che segue capitano 2-3 o anche 4 di quelle mangiate dove parto con l’antipasto e finisco con dolce e frutta non tralasciando nulla. Io credo che dopo tanta fatica il corpo richiede disponibilità energetica, altrimenti c’è un rallentamento del metabolismo, c’è un cambio del metabolismo quando affronti gare così lunghe. E’ un tema non molto affrontato, in Italia per niente, all’estero se ne parla molto di più, le ricerche cercano di capire ma tendenzialmente gli ultramaratoneti che affrontano gare di più giorni hanno con gli anni un cambiamento metabolico che può poi essere anche dannoso. 
Si discute, si dibatte di questa cosa, ma parliamo ovviamente di uno sport non certo salutare, qua è inutile giraci intorno, finché si parla di una maratona, 50 km, magari anche una 100km si può ancora parlare di un’attività fisica nel normale, fare 6-8 ore di attività ci sta, questo anche nell’Ironman o altra attività sportiva, ma parlare di 24 ore o più giorni non è più un’attività normale
.”
Cosa hai raccontato a casa, al lavoro, agli amici dopo la gara di 24 ore?Non racconto nulla della gara. Al lavoro non parlo mai della mia attività sportiva, se il discorso capita o qualcuno lo viene a sapere, però tendo tendenzialmente di non affrontarlo, a non proporlo l’argomento, di non parlarne. A in casa con i miei genitori e i miei fratelli mi capita di parlarne, con mia moglie e i miei figli proprio non ne parlo perché già il fatto che sono assente tanto tempo facendo gli allenamenti e le gare e non mi sembra giusto che nei momenti in cui stiamo insieme continuo poi a parlare di queste cose, sarebbe poco rispettoso verso di loro.
In quali circostanze hai dimostrato l’importanza del potere della mente?L’importanza della mente non è una circostanza particolare dove lo dimostri ma è proprio tutto l’approccio della gara dove continuamente è una rapporto tra mente e corpo. Io lavoro molto su questo, non solo sulle visualizzazioni, su come affrontare la gara, ci sono diverse tecniche che uso, quella anche di essere preparatissimo agli eventi di grandissima difficoltà. Mi immagino anche già prima di fare la gara quanto siano difficili i momenti di crisi, come affrontare, come reagire, è chiaro che non ti puoi preparare su tutto quello che può capitare. 
La mente è molto brava a trovarsi delle scuse, però queste attività e la durata negli anni possono essere gestiti solo se tu lavori anche con la mente, ti alleni con la mente, non solo fisicamente a fare tanti km, abbiamo tanti atleti in Italia che vanno forti in Italia ma sono pochissimi gli atleti che durano a lungo, non è una questione di vecchiaia sicuramente.
Cosa metti nel tuo bagaglio di importante da portare nel prossimo anno?La cosa che sicuramente mi soddisfa di più è che tutti questi anni di lettura, di studio, di continuo confronto con altri atleti mi hanno dato ragione di come sto affrontando le distanze delle ultramaratone e questa è una delle soddisfazioni che personalmente ritengo più grande dell’impresa in sé: l’apprendimento.”
Quali sono i benefici nel praticare lo sport di lunghe distanze?In realtà a livello fisico non ce ne sono benefici, inutile girarci intorno e costruire degli alibi per cui è giusto fare queste distanze. Personalmente sono d'accordo con le teorie dei vari Pizzolato, Albanesi e altri che definiscono una distanza critica per ogni soggetto che sicuramente per la maggior parte degli esseri umani non raggiunge neanche la maratona, sono d’accordo con loro, dunque non c’è niente che possa dirci che sia salutare. 
Poi invece per quanto riguarda in generale i benefici nella vita quotidiana affrontare difficoltà di questo spessore mi ha fatto capire la debolezza o le debolezze che ho, spesso uno è convinto per indole o per educazione di essere superiore questo spessore ti rendi conto che puoi diventare un piccolo bambino che piagnucola e non è in più grado di ragionare come adulto.”
Quali risorse hai scoperto di avere praticando sport? “In realtà non è che scopro le risorse, si scopre piuttosto ciò che non si è in grado, ciò che non si possiede, e che spesso si crede di possedere, questo senso di onnipotenza che ognuno di noi porta dentro di sé, credendo di essere il centro dell’universo, questo sport ti fa capire che non è così, che tu sei semplicemente un frammento nell’universo e tutto l’effort, tutta la forza e l’impegno che poi ci puoi mettere, in realtà è talmente piccolo e in ogni momento può essere distrutto da una piccola debolezza della mente, insomma ti toglie un po’ l’importanza che si crea nel mondo dell’ultramaratona, come se fossero delle persone migliori o più forti, in realtà non è così, è un gioco e ci sono giochi sicuramente anche giochi più divertenti che correre le ultramaratone e più salutari.
Cosa hai scoperto quest’anno di te, degli altri, dello sport?Di me non c’è niente da scoprire, sono trasparente con me stesso, dialogo spesso con me stesso, come se fossi di fronte a me e mi interrogo. Invece degli altri ho scoperto che anche se tu hai delle nozioni che vuoi trasferire a loro come faccio io come CT della nazionale IUTA maschile che ho provato sia nel Mondiale che nell’Europeo precedente, ho notato che puoi trasferire i tipi di allenamento, come allenarsi però lì dove fai il gap dove fai i salto di qualità è quello mentale. In Italia è quasi impensabile la psicologia viene vista come una malattia, solo se hai problemi ti confronti con uno psicologo mentre questo negli altri paesi avviene frequentemente, probabilmente anche qui la chiave di lettura dei risultati che all’estero sono sempre più distanti di quelli che otteniamo noi nella 24 ore. Poi capiterà di nuovo in Italia l’atleta campione alla nascita come è stato Ivan Cudin che già di per sé non ha bisogno di studiare la psicologia dell’atleta o dello sport ma tutto il resto degli atleti saranno sempre forti in Italia ma all’estero non granché.
Sembra una delusione la mia, ma faccio un’immensa fatica a raccontare agli atleti, a spiegare; non ti ascoltano o lo fanno magari per timore; di fronte alla figura di responsabile CT dicono sì sì ma poi lo applicano poco. Se uno vuole migliorare magari dovrebbe capire perché sono anni che non c’è più miglioramento eppure mi alleno ancora meglio con più enfasi, con più forza, con più dedizione e non arrivano più risultati, probabilmente non accetti che la mente tua sia una chiave di lettura per migliorare. Essendo nato e cresciuto in Germania e avendo i genitori Italiani, io ho questo dualismo di culture, la interculturalità che mi porto dalla nascita mi ha facilitato sempre il confrontare la mente con il corpo.”

Approfondendo il mondo degli ultrarunner, si scopre che è un mondo bizzarro, divertente, affascinante, un mondo per pochi privilegiati.
Un’intervista a vito è riportate nel libro Correre con la mente. Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni", pubblicato da Progetto Cultura.
Vito è menzionato nei seguenti libri: 
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, Edizioni Psiconline. 
“Il piacere di correre oltre”, Prospettiva Editrice. 

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