Il tempo della preparazione e tutta l’attesa è sicuramente il momento
più bello
Matteo SIMONE
Vito Intini a Reggio Emilia ottiene il record del mondo delle 24 ore di corsa sul tapis roulant con 253,83km.
Il precedente era di 248,12 km detenuto dall'australiano Luca
Turrini.
Vito deteneva quello italiano di 234,2 km, alla 22^ ora ha superato il
suo record italiano.
Nel 2019, stabilisce il record mondiale di tapis roulant di 24 ore, correndo 265,20km.
Non
c’è un età per iniziare a fare sport o per essere competitivi, così come non
c’è un’età per smettere di fare sport o di smettere di essere competitivi, Vito
Intini ha quasi 50 anni, continua a essere motivato nella pratica della sua
disciplina che è l’ultramaratona, continua a mettersi in gioco e a ottenere
risultati di rilievo come quest’ultimo record.
Di
seguito approfondiamo la sua impresa attraverso risposte ad alcune mie domande.
Che cosa ti ha lasciato questa 24 ore di corsa sul tapis roulant? “La prima immagine è quella di un
piccolo vuoto; il tempo della preparazione e tutta l’attesa è sicuramente il
momento più bello; gli allenamenti, la fatica, mettersi alla prova è una
sensazione molto soddisfacente. Poi la prova di per sé alla fine è un attimo,
vola via, si finisce, tutto è passato, non c’è gloria, non c’è coppa, medaglia
o diploma che possa realmente soddisfare quello che invece riesce la
quotidianità, gli allenamenti quotidiani.”
Tutto
passa, tutto finisce, rimangono le sensazioni percepite, le immagine e più di
ogni altra cosa il processo per arrivare a quel momento immenso, tutta la
preparazione necessaria e utile.
Avuto problemi, criticità? “Sono ormai talmente tanti anni che mi
alleno sul tappeto che in realtà problemi con il mezzo meccanico non ne ho,
durante queste 24 ore anche la notte l’ho passata molto bene, meglio di quanto
pensassi. Crisi vanno e vengono nell’ultramaratona, ma non a tal punto di
pensare di fermarmi, questo no. Forse la prima vera crisi pesante era intorno alla
9^ ora ma devo ammettere che ero partito molto forte per poter affrontare la
notte, poi le energie sono venute a mancare, ho rallentato un po’ per una
mezz’oretta stando molto attento all’integrazione.”
Nello
sport prolungato per 24 ore si mettono in conto eventuali crisi, da una parte
bisogna focalizzarsi sul momento presente, continuare l’attività fisica momento
per momento non pensando alla fine che potrebbe portare preoccupazioni e
insicurezze; dall’altra parte bisogna sapere organizzarsi e capire come
distribuire energie nel corso della lunga giornata di sport. Le crisi si
mettono in conto e si sa che in qualche modo si superano quindi o si sta ad
aspettarle ad accoglierle e poi a mandarle vie o si cerca di prevenirle con
accortezze apprese nel corso dell’esperienza diretta oppure documentandosi con
ricerche o confronti con altri atleti e tecnici più esperti.
C'è un alimento particolare che hai assunto in gara? “Effettivamente ho sempre usato negli
anni passati un’alimentazione molto curata, usavo molto il vitargo, è uno
zucchero, un amido, era principalmente il vitargo, con un po’ il glucosio, il dria; questa volta invece no,
questa volta ho voluto affrontarla come se fosse una giornata normale, quotidiana, dunque con alimenti quasi
normali, le prime 6-7 ore ho assunto solo succhi di frutta e soft drink,
intendo fanta, sprite, chinotto e via dicendo;
nessun gel, nessun alimento specifico che di solito si usa e aggiungevo
anche sale da cucina, poi nella parte dopo 10-12 ore ho iniziato a inserire
alimenti quali cocco, barrette di cocco, panforte, anacardi, MCT, acidi grassi
a catena media, molto buoni, digeribili.
Ho usato un’alimentazione non dico
normale, certo non ho mangiato pasta e pizza, ma mangiavo, sempre pezzetti
piccolissimi, non che avessi un senso di sazietà, proprio per non far partire
effettivamente la digestione vera e propria, comunque erano sempre pochi
pezzi.”
Nello
sport di endurance saltano le normali teorie quotidiane sull’alimentazione
dello sportivo, si fanno cose impensabili, si mangia l’impensabile e si beve
anche qualcosa considerato non opportuno per uno stile di vita sano, ma il
corpo e la mente chiedono e pretendono nutrimenti particolari che servono
proprio in quella particolare circostanze e ognuno in base alla sua esperienza
sa cosa è meglio per il proprio organismo, sa quello che il proprio organismo
accetta o rifiuta, sa osa ii propri muscoli vogliono nutrirsi e necessitano,
l’integrazione alimentare diventa un aspetto e un allenamento importantissimo
per lo sport di endurance.
Quale è stata la sosta maggiore nelle 24 ore? “La sosta maggiore è stata quando mi
sono fatto fare dei massaggi; dopo la prima crisi ho rallentato, ho integrato,
era già andato via il massaggiatore, stavano chiudendo anche l’expo e in quel
momento i medici del CRT di Reggio Emilia, guidati dal dott. Roberto Citarella,
che hanno contribuito in modo fondamentale alla riuscita del record, mi avevano
chiesto se avessi bisogno di qualche massaggio perché avevo dei forti
indurimenti sui quadricipiti dovuto alle scarpe; al che ho detto di sì, l’hanno
chiamato a casa, è venuto e lì poi mi sono fermato un attimo, sono sceso dal
tappeto continuando a mangiare e mi ha fatto dei massaggi sportivi abbastanza
veloci e intensi e mi ha applicato il
Kinesio Taping e sono ripartito con nuove energie. Questa è una sosta che è
durata 5’ minuti, può sembrare poco ma è stato, nell’arco delle 24 ore, lo stop
più lungo.”
Come ti prendi cura di te dopo una gara di 24 ore di corsa? “Tendenzialmente vado a mangiare molto
bene nei giorni che seguono, mangio non dico come se fossero dei pranzi
natalizi ogni giorno però nell’arco della settimana che segue capitano 2-3 o
anche 4 di quelle mangiate dove parto con l’antipasto e finisco con dolce e
frutta non tralasciando nulla. Io credo che dopo tanta fatica il corpo richiede
disponibilità energetica, altrimenti c’è un rallentamento del metabolismo, c’è
un cambio del metabolismo quando affronti gare così lunghe. E’ un tema non
molto affrontato, in Italia per niente, all’estero se ne parla molto di più, le
ricerche cercano di capire ma tendenzialmente gli ultramaratoneti che
affrontano gare di più giorni hanno con gli anni un cambiamento metabolico che
può poi essere anche dannoso.
Si discute, si dibatte di questa cosa, ma
parliamo ovviamente di uno sport non certo salutare, qua è inutile giraci
intorno, finché si parla di una maratona, 50 km, magari anche una 100km si può
ancora parlare di un’attività fisica nel normale, fare 6-8 ore di attività ci
sta, questo anche nell’Ironman o altra attività sportiva, ma parlare di 24 ore
o più giorni non è più un’attività normale.”
Cosa hai raccontato a casa, al lavoro, agli amici dopo la gara di 24
ore?
“Non racconto nulla della gara. Al lavoro non parlo mai della mia attività
sportiva, se il discorso capita o qualcuno lo viene a sapere, però tendo
tendenzialmente di non affrontarlo, a non proporlo l’argomento, di non
parlarne. A in casa con i miei genitori e i miei fratelli mi capita di
parlarne, con mia moglie e i miei figli proprio non ne parlo perché già il
fatto che sono assente tanto tempo facendo gli allenamenti e le gare e non mi
sembra giusto che nei momenti in cui stiamo insieme continuo poi a parlare di
queste cose, sarebbe poco rispettoso verso di loro.”
In quali circostanze hai dimostrato l’importanza del potere della
mente?
“L’importanza della mente non è una circostanza particolare dove lo dimostri ma
è proprio tutto l’approccio della gara dove continuamente è una rapporto tra
mente e corpo. Io lavoro molto su questo, non solo sulle visualizzazioni, su
come affrontare la gara, ci sono diverse tecniche che uso, quella anche di
essere preparatissimo agli eventi di grandissima difficoltà. Mi immagino anche
già prima di fare la gara quanto siano difficili i momenti di crisi, come
affrontare, come reagire, è chiaro che non ti puoi preparare su tutto quello
che può capitare.
La mente è molto brava a trovarsi delle scuse, però queste
attività e la durata negli anni possono essere gestiti solo se tu lavori anche
con la mente, ti alleni con la mente, non solo fisicamente a fare tanti km,
abbiamo tanti atleti in Italia che vanno forti in Italia ma sono pochissimi gli
atleti che durano a lungo, non è una questione di vecchiaia sicuramente.”
Cosa metti nel tuo bagaglio di importante da portare nel prossimo anno? “La cosa che sicuramente mi soddisfa di
più è che tutti questi anni di lettura, di studio, di continuo confronto con
altri atleti mi hanno dato ragione di come sto affrontando le distanze delle
ultramaratone e questa è una delle soddisfazioni che personalmente ritengo più
grande dell’impresa in sé: l’apprendimento.”
Quali sono i benefici nel praticare lo sport di lunghe distanze? “In realtà a livello fisico non ce ne
sono benefici, inutile girarci intorno e costruire degli alibi per cui è giusto
fare queste distanze. Personalmente sono d'accordo con le teorie dei vari
Pizzolato, Albanesi e altri che definiscono una distanza critica per ogni
soggetto che sicuramente per la maggior parte degli esseri umani non raggiunge
neanche la maratona, sono d’accordo con loro, dunque non c’è niente che possa
dirci che sia salutare.
Poi invece per quanto riguarda in generale i benefici
nella vita quotidiana affrontare difficoltà di questo spessore mi ha fatto
capire la debolezza o le debolezze che ho, spesso uno è convinto per indole o
per educazione di essere superiore questo spessore ti rendi conto che puoi
diventare un piccolo bambino che piagnucola e non è in più grado di ragionare
come adulto.”
Quali risorse hai scoperto di avere praticando sport? “In realtà non è che scopro le risorse,
si scopre piuttosto ciò che non si è in grado, ciò che non si possiede, e che
spesso si crede di possedere, questo senso di onnipotenza che ognuno di noi
porta dentro di sé, credendo di essere il centro dell’universo, questo sport ti
fa capire che non è così, che tu sei semplicemente un frammento nell’universo e
tutto l’effort, tutta la forza e l’impegno che poi ci puoi mettere, in realtà è
talmente piccolo e in ogni momento può essere distrutto da una piccola
debolezza della mente, insomma ti toglie un po’ l’importanza che si crea nel
mondo dell’ultramaratona, come se fossero delle persone migliori o più forti,
in realtà non è così, è un gioco e ci sono giochi sicuramente anche giochi più
divertenti che correre le ultramaratone e più salutari.”
Cosa hai scoperto quest’anno di te, degli altri, dello sport? “Di me non c’è niente da scoprire, sono
trasparente con me stesso, dialogo spesso con me stesso, come se fossi di
fronte a me e mi interrogo. Invece degli altri ho scoperto che anche se tu hai
delle nozioni che vuoi trasferire a loro come faccio io come CT della nazionale
IUTA maschile che ho provato sia nel Mondiale che nell’Europeo precedente, ho notato
che puoi trasferire i tipi di allenamento, come allenarsi però lì dove fai il
gap dove fai i salto di qualità è quello mentale. In Italia è quasi impensabile
la psicologia viene vista come una malattia, solo se hai problemi ti confronti
con uno psicologo mentre questo negli altri paesi avviene frequentemente,
probabilmente anche qui la chiave di lettura dei risultati che all’estero sono
sempre più distanti di quelli che otteniamo noi nella 24 ore. Poi capiterà di
nuovo in Italia l’atleta campione alla nascita come è stato Ivan Cudin che già
di per sé non ha bisogno di studiare la psicologia dell’atleta o dello sport ma
tutto il resto degli atleti saranno sempre forti in Italia ma all’estero non
granché.
Sembra una delusione la mia, ma faccio un’immensa fatica a raccontare
agli atleti, a spiegare; non ti ascoltano o lo fanno magari per timore; di
fronte alla figura di responsabile CT dicono sì sì ma poi lo applicano poco. Se
uno vuole migliorare magari dovrebbe capire perché sono anni che non c’è più miglioramento
eppure mi alleno ancora meglio con più enfasi, con più forza, con più dedizione
e non arrivano più risultati, probabilmente non accetti che la mente tua sia
una chiave di lettura per migliorare. Essendo nato e cresciuto in Germania e
avendo i genitori Italiani, io ho questo dualismo di culture, la
interculturalità che mi porto dalla nascita mi ha facilitato sempre il
confrontare la mente con il corpo.”
Approfondendo
il mondo degli ultrarunner, si scopre che è un mondo bizzarro, divertente, affascinante,
un mondo per pochi privilegiati.
Un’intervista a vito è riportate nel libro Correre con la mente. Perché correre? Come iniziare? Superare le avversità, raggiungere obiettivi, realizzare sogni", pubblicato da Progetto Cultura.
Vito è menzionato nei seguenti libri:
“Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, Edizioni Psiconline.
“Il piacere di correre oltre”, Prospettiva Editrice.
https://www.libreriauniversitaria.it/piacere-correre-oltre-piacere-correre/libro/9791259610171
Inoltre
Vito è menzionato nel mio libro “Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici
di una sfida”, Edizioni Psiconline.
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
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